Jesper, il dente di leone
e il ballo coi Pink Floyd

Storie di bici e di uomini dal Rwanda dove si sta correndo il Giro nazionale. Le calze bordate di tricolore di Pasquino e l'orgoglio di Edgar

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Edgar Tavares festeggiato dopo la vittoria

HUYE (Rwanda) Se mi lasciano andare. E’ quello che pensa, e spera, chi va in fuga. Se mi lasciano andare, vado. Se mi lasciano andare, scappo. Se mi lasciano andare, volo. Se mi lasciano andare, scompaio. Se mi lasciano andare, va a finire che vinco. Se mi lasciano andare, ha pensato, e sperato, Edgar Tavares. Venticinque anni, portoghese di Lisbona, da junior in gara con Alberto Contador, poi vincitore di Giro 2008 e Tour 2009, da dilettante nella stessa squadra di Paulinho, poi argento all’Olimpiade 2004 dietro a Paolo Bettini. Proprio nel 2004, Tavares ha parcheggiato la bici in cantina e si è dedicato allo studio: Ingegneria Chimica, prima a Lisbona, poi a Tolosa. Ma è tornato.

come lance — "Tornato come Lance Armstrong, anche se - ammette - a diversi livelli". Una voglia, dalla scorsa primavera. "In marzo, uscendo. Da maggio, allenandomi. Da luglio, correndo con licenza francese. Da ottobre, gareggiando con il Castelsarrasin". E quando gli hanno prospettato il viaggio in Rwanda, "ho ritirato mille euro in banca, 900 per il viaggio, gli altri 100 perché non si sa mai". Tavares è scattato al quinto chilometro, ha sperato che qualcuno volesse spartirsi gloria e coraggio, fede e fatica, "ma forse hanno pensato solo alla fatica", e allora eccolo qui, da solo, un uomo solo al comando, su e giù per colline e piantagioni, villaggi e fiumi, "fino al novantesimo chilometro, quando sono stato preso da due marocchini, e poi al centocinquesimo, quando sono stato assorbito dal gruppo".

Le calze tricolori dell'olandese Flavio

anno sabbatico — Da lì, fino all’arrivo, una cinquantina di chilometri, ancora da solo, ma dietro, lontano, sperduto. Così, davanti, i due marocchini si sono divisi la torta: Abdelaati Saadoune si è preso la metà spettante alla vittoria di tappa, Adil Jelloul l’altra metà riservata alla classifica generale. Come se non bastasse, per il terzo posto un altro marocchino, Tarik Chaoufi, ha liquidato in volata l’idolo nazionale, Adrien Niyonshuti, che abita proprio a Huye. Tavares era molto contento: "I marocchini sono più forti. Ma io me la godo. La fuga, la gente, i paesaggi. Del ciclismo mi piace la passione, la ricerca dei limiti, in allenamento e in corsa, quel cercare di andare di più per metterci di meno. E’ per questo che, in gennaio, dopo aver discusso la tesi, mi prendo un anno sabbatico e lo dedico al ciclismo. Corro, giro, vedo. Vedo dove vado. Poi decido".

concezione masochistica — Macchinetta ai denti, sopra e sotto, carnagione scura, barba non rasata, occhi vispi anche dopo 156 chilometri più o meno in solitaria, da marzo al Rwanda Tavares ha già perso otto chili, uno al mese: "E qui mi sto consumando, perdo la maglietta, sono sceso di una taglia". Per essere competitivo, dovrà sciogliersi ancora un po’. "Nella mia prima vita ciclistica, avrò vinto una decina di corse. Nel 2009 sei. La mia forza è la regolarità. Nel 2001, in tutta la stagione, solo quattro volte sono uscito dai primi 10 degli ordini di arrivo. E al Tour de l’Avenir del Portogallo, nel 2003 sono arrivato diciottesimo assoluto, nel 2004 sono stato il secondo giovane in classifica. Qui voglio tornare l’anno prossimo, magari andando a 2 km in più in salita. Perché io concepisco solo le salite. Una concezione masochistica della bicicletta, ma è lì il bello".

clavicola fracassata — Diario di bordo: ieri all’ugandese bianco Jesper Fiedler, danese di nascita ma di madre siciliana, a 22 km dall’arrivo, in discesa, a tutta, gli sono saltati i freni, lui è finito diritto e si è fracassato la clavicola sinistra, e a nulla è valso il dente di leone che porta al collo (o forse, chissà che cosa gli sarebbe successo se non lo avesse avuto); stamattina, come ogni mattina, il presidente della Federazione del Camerun indossava un abito fresco di sartoria; stamattina l’olandese Dirk Keynemans, con 56 anni il più vecchio del gruppo, ha caricato prima la bici e poi se stesso sull’ammiraglia; oggi Flavio Pasquino, olandese di nascita ma italiano di origini, ha corso con un paio di calze bordate di tricolore; da lunedì, cioè fin dal primo giorno, la carovana è formata da un solo mezzo, un camioncino scoperto, con casse acustiche coperte, due uomini dentro e tre fuori, che trasmette musica a volumi da Pink Floyd, e la gente, al passaggio, balla.