Korevaar, l'olandese volante
che sfugge al camion-scopa

In Rwanda vince lo studente di medicina del Team Amsterdam che fino a pochi anni fa giocava a calcio. Per tutti gli altri tanta fatica, in molti casi senza stipendio, e la necessità di sfuggire al mezzo della corsa che raccoglie chi non ce la fa più...

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KIGALI (Rwanda), 17 novembre 2009 - E’ scappato a 45 km dall’arrivo. Da solo. Da matto o da eroe, da matto e da eroe, perché il confine tra follia ed eroismo è invisibile. Sempre lì, a portata di voce, di tiro, d’occhio, un tornante più avanti in salita, due curve più avanti in discesa. Ma ce l’ha fatta. Per celebrare la prima vittoria della vita, il destino ha preteso che Daniel Korevaar venisse fino in Rwanda. Seconda tappa, il rovescio della prima, Gisenyi-Kigali, stavolta i km sono 163 perché i primi 13,5 di ieri, gli ultimi 13,5 di oggi, sono stati resi competitivi. Il tappone dolomitico, vissuto al contrario, aveva gli stessi ascensori, ma ha scritto un altro romanzo.

La maglia a pois: il rwandese Adrien Niyonshuti

IL CAMION-SCOPA — Al pronti-via, c’era anche Gasore Hategaka, 22 anni, rwandese, della seconda formazione, quella - diciamo così - non professionistica. La differenza: i sei professionisti ricevono 100 dollari al mese, i non professionisti pedalano, per ora, gratis. Ieri, Hategaka era nel primo gruppo, in testa alla corsa, fino a 15 km dall’arrivo, poi ha forato. Ha sfilato la ruota per accelerare le operazioni, l’ha alzata al cielo per farsi vedere dalla sua ammiraglia, o anche dall’altra ammiraglia del Rwanda, o magari da una qualsiasi ammiraglia di buoni sentimenti. Invece: zero. Li ha visti passare tutti, corridori e ammiraglie, finché, un’ora e mezzo dopo, finalmente si è fermato un mezzo della carovana. Ma era il camion-scopa, quello che raccoglie i derelitti. Li ha fatti salire, lui e la bici, e li ha recapitati al traguardo. Ma chi arriva al traguardo in camion, scopa perdipiù, non ha completato la tappa in maniera regolare: insomma, si è ritirato, ha abbandonato. La giuria più ragionevole del mondo, considerato che: 1) era la prima tappa, 2) Hategaka si trovava nel gruppo di testa, 3) nessuna ammiraglia si è fermata per dare una mano, anzi, una ruota al povero Gasore, ha pensato che fosse giusto farlo ripartire, seppure con il tempo dell’ultimo arrivato pedalando, il burundiano Gérard Bukuru, 39 anni, giunto a un’ora, 36 minuti e 59 secondi dal marocchino Adil Jelloul. Così, sulla prima rampa, nel gruppo con il risorto Hategaka, chi non aveva ancora smaltito la fatica di ieri è rimasto crocefisso, gli altri hanno proceduto fino a esaurimento delle forze, secondo la legge che chi rientra in discesa, cede inesorabilmente in salita.

Il d.s. della Costa d'Avorio, Georges Adou

FESTA POPOLARE — Nel gruppo di testa, i soliti marocchini, la maglia rossa del kenyano John Nyenga, premiato come il più combattivo, qualche bianco. Un trionfo di gente: corridoio di gente dall’inizio alla fine, muri di folla quando si attraversavano i villaggi e si scalavano i colli. Con il tradizionale contorno di cadute, forature, corridori indigeni che s’intruppano nel gruppo finché ne hanno, mototaxi che scortano volontariamente e festosamente la corsa finché una macchina dell’organizzazione li costringe a uscire di strada e la festa finisce, soste - non per i corridori - in un chiosco a bere succhi di maracuja, succhi di frutto della passione e birra di banana.

Daniel Korevaar, vincitore della 2/a tappa

L'OLANDESE VOLANTE — Korevaar, l’olandese oggi volante, al quinto anno di Medicina, si è dedicato alla bici solo tre anni fa. Prima giocava a calcio, in porta, nel Team Amsterdam. "Ma non ero un granché, e allora ciclismo". Diciamo la verità: sembrava una scelta sbagliata. "Per due motivi. Il primo, che a me piacciono le salite, e di salite in Olanda non ce ne sono. Il secondo, che in Olanda le corse sono tutte sul piatto e con il vento, si parte in 200, dopo 10 km rimane davanti una decina di corridori, gli altri sono fuori gara. Io fra questi". Per forza, Daniel è un bambù: alto 1,92, pesa 67 chili. "Sul piatto non vado avanti, e il primo colpo di vento mi sbatte indietro. Mi restava una sola possibilità, a quel punto un dovere: correre all’estero". E gli si è aperto il mondo: Venezuela, Costa Rica, Tour de la Manche in Francia... "Però non me ne andava bene una. Nella Repubblica Ceca, prima tappa, dopo 5 km un corridore mi ha centrato la ruota posteriore e sono stato costretto a ritirarmi. Altre volte attaccavo in salita e mi prendevano in discesa". Stavolta, invece, alla grande. Prossimo obiettivo, Daniel? "Finire la tappa di domani".