"C'è amarezza, non tanto per queste accuse inventate che non minano la sua prestigiosa carriera, quanto più per un atteggiamento aggressivo e di tradimento di coloro che per anni hanno goduto delle sue imprese". Lo ha affermato Giuseppe Napoleone, legale di Mario Cipollini, secondo cui i documenti "che la Gazzetta pubblica (leggi) erano in possesso da settimane di altri due giornali spagnoli: se ci fosse stata un'assoluta riferibilità di questo nickname 'Maria' a Mario, non credo che i colleghi spagnoli avrebbero ceduto lo scoop alla Gazzetta. A maggior ragione, se quel soprannome fosse riferito con certezza a Mario, domani sarebbe stato chiamato a testimoniare nel processo Fuentes, come succederà ad Ivan Basso. Siamo tranquillissimi e ci difenderemo in tutte le sedi, ma ho la sensazione che si voglia creare un caso Armstrong in Italia (leggi la confessione di Lance da Oprah): forse, può essere utile a qualcuno". Mario Cipollini, sostiene Napoleone intervenendo su Radio Sportiva, "ha concluso la carriera nel 2005, mentre i primi sequestri a Fuentes avvengono alla fine di quell'anno. Se Cipollini fosse stato tra i clienti del medico spagnolo, tra le sacche di sangue sequestrate dovrebbero esserci anche quelle di Mario". Quanto ai soprannomi, il legale ricorda che "già nel 2006, ad agosto, Repubblica ricollegò a Cipollini il soprannome di 'Pavarotti'. Adesso la Gazzetta lo fa con i soprannomi 'Maria' e 'CP'. Mi pare un brancolare nel buio". "Il numero di fax? È un numero di telefono, non vi è nessuna conferma di trasmissione ed è un appunto a penna, di un numero, tra l'altro, che era a disposizione di migliaia di persone. Non c'è nessun riscontro oggettivo". E infine: "Posso garantire che Mario Cipollini non ha mai incontrato nè avuto rapporti con Fuentes e con nessuno che possa fare riferimento all'Operacion Puerto".

federciclismo parte civile — "Cipollini ed il suo avvocato hanno diritto, come previsto dalle regole, di difendersi. In cuor nostro speriamo che ne venga fuori soprattutto l'atleta, ma l'immagine del ciclismo va comunque a prescindere dal suo caso, salvaguardata. Ci costituiremo come Federciclismo parte civile contro Cipollini, ma così come contro quelli che hanno contribuito ad infangare il nostro sport". Lo ha dichiarato il presidente della Federciclismo italiano Renato Di Rocco, ai microfoni dell'emittente toscana 'Italia 7'. "Credo molto nell'intelligenza dei tifosi del ciclismo, che possa distinguere certi casi, dalla realtà di questo sport che sta guardando in faccia i suoi problemi, e sta cercando di approcciarsi diversamente rispetto al passato - ha aggiunto il numero uno del ciclismo italiano -. Da quando si è inserito il passaporto biologico il clima all'interno del mondo di ciclismo credo sia cambiato. Il problema doping c'era, ora stiamo forse pagando le conseguenze di quel periodo, ma la nuova generazione forse ha capito che con il doping non si va avanti. Abbiamo sempre invitato le autorità giudiziarie, le procure che si stanno occupando di doping o medicinali non leciti, a fare chiarezza. La notizia del possibile coinvolgimento di Cipollini in un'inchiesta che riguarda il doping è stata per noi una doccia fredda. Non mi aspettavo nulla anche se dal tardo pomeriggio di ieri avevo ricevuto una segnalazione di questa documentazione che era stata inserita nel nuovo procedimento dell'Operacion Puerto. È una nuova calamità che ci cade addosso, frutto di un procedimento che ci auguriamo termini presto".

LA RISPOSTA DELLA GAZZETTA