La ricompensa di Brooks
Una tifosa speciale in finale

Scott Brooks ha sempre ammirato la forza d'animo di sua madre. Non aveva ancora due anni quando suo padre se n'è andato e Lee Brooks lo ha cresciuto insieme ai suoi sei figli più grandi di lui, facendo più lavori: costruiva e riparava pezzi di ricambio per automobili e lavorava i campi del Nord della California. La madre ha sempre spinto Scott a dare il meglio anche come giocatore e coach Nba, detesta volare e si è sempre rifiutata di salire su un aereo per vedere la squadra del figlio, ma stavolta farà un'eccezione: le finali Nba. La ricompensa di Brooks per aver condotto i Thunder alla vittoria contro i San Antonio Spurs nelle finali della Western Conference è quella di vedere finalmente la propria madre 79enne sugli spalti a Oklahoma City per la partita. La prima partita delle finali si giocherà martedì sera a Oklahoma City contro Miami o Boston.

Scott Brooks, nato il 31 luglio 1965. Reuters

la promessa — “È un'occasione memorabile per la mia vita familiare, sarà bellissimo averla vicino a me, ci aspetta una gran bella serata” ha detto Brooks venerdì, giorno in cui ai Thunder non era stato espressamente richiesto di allenarsi anche se alcuni di loro erano attesi in palestra. “Ci sarà anche la mia famiglia, mia moglie e i miei figli. È una grande occasione per noi per pensare a cosa abbiamo fatto fino a oggi e a chi ci ha aiutato, perché fin qua non ci si arriva da soli”. La madre di Brooks è tra i fan più scatenati della squadra. Si abbona ogni anno al sito dell'Nba e spesso si piazza su uno sgabello davanti alla televisione e urla contro lo schermo durante le partite di Oklahoma City. L'anno scorso ha detto che semmai fosse andata a vedere una partita, l'avrebbero probabilmente buttata fuori. Lee Brooks è andato a vedere qualche partita dei Thunder a Sacramento, vicino alla loro casa di Lathorp, California. La madre ha onorato la promessa di andare a vedere il proprio figlio giocare durante la corsa al titolo Nba del 1994 degli Houston Rockets. E quando Brooks è stato assunto come coach di Oklahoma City nel 2008, lei non ha mai abbassato il livello delle sue aspettative. “Lei è sempre stata così, o tutto o niente” dice Brooks, “È forte come una roccia, se avessi avuto io la sua forza sarei stato un giocatore da quintetto base in Nba invece di una riserva”.

quella vecchia palestra — Brooks ha dichiarato di dovere molto a sua madre per avergli tramandato la sua forza d'animo, la perseveranza e il non arrendersi mai che gli hanno permesso di giocare per 11 anni come playmaker di bassa statura e, successivamente, avviare la sua carriera come coach. Tutto è cominciato con l'educazione al lavoro e al sacrificio. La sua famiglia, per arrivare alla fine del mese, lavorava nei campi - coltivando cipolle e raccogliendo noci - andando avanti settimana dopo settimana. Brooks è diventato sempre più bravo a giocare a basket intrufolandosi di notte in una palestra pubblica per allenarsi. Palleggiava per cinque isolati mentre andava verso la palestra e poi al ritorno correva verso casa perché si era fatto tardi e aveva paura. L'estate scorsa ha tenuto un corso di pallacanestro gratuito per restituire il favore a quella palestra che il comune ha deciso di intitolargli. “Ci vuole l'appoggio di molte persone per arrivare a essere quelli che si è come giocatori o coach Nba” chiosa Brooks. Adesso ha davanti a sé l'opportunità di unirsi a Phil Jackson, Pat Riley e Bill Russel nel ristretto club di persone a vincere un anello come giocatore e come coach. Rick Carlisle di Dallas è entrato a farne parte l'anno scorso. “È un grandissimo onore, ringrazio il cielo per essere stato capace di fare quel che ho fatto finora e per lo splendido gruppo di ragazzi che ho avuto il privilegio di allenare”, ha detto Brooks. “Da bambini tutti abbiamo sognato di giocare un giorno nell'Nba e di vincere un titolo e adesso ho la possibilità di vincerne uno da allenatore. Non ho proprio niente di che lamentarmi, la vita è meravigliosa.”