Il mito
IQ: il quoziente intellettivo serve davvero per capire quanto siamo intelligenti?
Per decenni psicologi, neuropsichiatri e sociologi hanno cercato metodi e strumenti per misurare e valutare l'intelligenza, termine che oggi possiamo considerare come il?nostro sviluppo cognitivo, la capacit¨¤ mentale che ci consente di acquisire conoscenze, comprendere, ragionare, apprendere dall'esperienza, adattarci a nuove situazioni e risolvere problemi.
Nei primi anni del 1900 sono stati messi a punto i primi test per misurare il cosiddetto Quoziente d'intelligenza (QI), termine coniato dallo psicologo tedesco William Louis Stern, e col passare dei decenni, man mano che la nostra conoscenza del cervello e della mente umana ¨¨ cresciuta, tali test sono stati perfezionati fino ad arrivare ai pi¨´ moderni che assegnano dei punteggi a una serie di nostre capacit¨¤, dalla memoria al ragionamento, dall'attenzione all'abilit¨¤ di parola.
Quoziente d'intelligenza, tanti test e poche certezze
¡ª ?Anche oggi, cercando online, ¨¨ facile imbattersi in test standardizzati che promettono di misurare il proprio quoziente d'intelligenza rispondendo a una serie di domande per valutare competenze e capacit¨¤ come il ragionamento logico, la memoria o l'abilit¨¤ di risolvere problemi. Questi test in genere restituiscono un punteggio in centesimi, col punteggio medio fissato a 100 e la convinzione che la maggior parte delle persone ottenga un punteggio compreso tra 85 e 115.
Fin dagli anni '70, per¨°, mentre da un lato si rafforzava il falso mito del quoziente d'intelligenza come indice per misurare l'intelligenza delle persone, la psicologia ha iniziato a sposare con sempre pi¨´ convinzione la teoria delle intelligenze multiple, da quella linguistica a quella logico-matematica, da quella spaziale a quella sociale, passando per l¡¯intelligenza introspettiva e l¡¯intelligenza musicale.
Nell'opinione comune, per¨°, ¨¨ rimasta l'idea che un alto quoziente d'intelligenza sia indicativo di successo nella vita, complice anche la convinzione che alcuni delle pi¨´ grandi menti della scienza, della matematica e della medicina fossero associate a un altissimo QI, da Leonardo Da Vinci ad Albert Einstein, passando per Isaac Newton e Stephen Hawking.
Se ¨¨ vero che oggi possiamo considerare dei geni figure importanti come Da Vinci e Einstein, ¨¨ altrettanto vero che non abbiamo nessuna indicazione certa del loro quoziente d'intelligenza. E lo stesso vale per l¡¯astrofisico Hawking, scomparso nel 2018, che ha pi¨´ volte criticato il concetto di QI, arrivando?a definire "sfigate" le persone che si vantano di aver ottenuto un punteggio alto in qualche test, ammettendo di non essersi mai sottoposto ad alcun test per il QI.
Ad oggi, salvo qualche eccezione, la comunit¨¤ scientifica ritiene i test per misurare il QI di una persona degli strumenti obsoleti e non attendibili, anche perch¨¦ studio dopo studio si ¨¨ arrivati alla conclusione che la nostra intelligenza sia in continua evoluzione, in parte determinata geneticamente e in parte influenzata dall'educazione, dal contesto sociale in cui si vive e pi¨´ in generale dall'esperienza.
In alcuni casi specifici, per¨°, la valutazione del QI pu¨° rivelarsi utile, come spiegato all'ANSA Nadia Bolognini, neuropsicologa di Auxologico e presidente della Societ¨¤ Italiana di Psicofisiologia e Neuroscienze Cognitive: "La valutazione del IQ pu¨° essere utile per diagnosticare disturbi dell'apprendimento e disturbo da deficit di attenzione con iperattivit¨¤ (ADHD) o un ritardo nello sviluppo intellettivo ed essere richiesto in contesti legali, per pianificare cos¨¬ interventi educativi o riabilitativi".
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