il tema
Abbracci, massaggi e carezze: il contatto fisico pu¨° curare, secondo la scienza
Potrebbe essere la sensazione confortante di un abbraccio, alla fine di una giornata stressante, o un efficace massaggio sportivo. Ma l'essenza della questione ¨¨ la stessa: il contatto fisico pu¨° aiutarci a sentirci meglio? La risposta dell'Istituto olandese di neuroscienze ¨¨: S¨¬. A patto che sia consensuale e richiesto, pu¨° contribuire al nostro benessere mentale e fisico.?
lo studio
¡ª ?Per esplorare il potere terapeutico del tatto, alcuni ricercatori del Social Brain Lab dell¡¯Istituto olandese di neuroscienze e dell¡¯Ospedale universitario di Essen hanno condotto un¡¯analisi su larga scala di studi precedenti:?numerose prove dicono che il contatto fisico aumenta lo stato di benessere mentale, agendo su ansia, depressione e stress, ma aiuta anche a ridurre il dolore. E chi ha problemi di salute, dunque ha maggiore bisogno di sostegno, ne beneficia persino di pi¨´.
"Una questione chiave del nostro studio ¨¨ stata interpretare le centinaia di studi disponibili per identificare quale tipo di tocco funzionasse meglio", spiega Christian Keysers, direttore del Social Brain Lab. ¡°E se non avessimo un amico o un partner vicino che ci abbraccia? Anche il tocco di un estraneo o di una macchina aiuterebbe? E quanto spesso? Lo studio mostra chiaramente che il contatto fisico pu¨° essere ottimizzato e ci¨° che conta davvero potrebbe sorprenderci¡±. La scoperta ¨¨ stata, infatti, che la persona che ci tocca, il modo in cui lo fa e la durata del suo tocco non fanno grande differenza. Un massaggio prolungato da parte di un terapista potrebbe quindi essere altrettanto efficace di un veloce abbraccio offerto da un amico. Conta piuttosto la frequenza del contatto: quanto pi¨´ spesso viene offerto un intervento tattile, tanto maggiore sar¨¤ il suo impatto sul nostro benessere. Un abbraccio fugace potrebbe quindi essere ben pi¨´ efficace di un massaggio (in termini di benessere mentale), se offerto pi¨´ spesso.
Tocco umano o non umano??
¡ª ?I ricercatori si sono anche chiesti se il contatto fisico debba necessariamente avvenire tramite una persona. Ma sembra che?anche?i contatti con oggetti o robot "tattili" possano offrirci una sensazione di benessere. ¡°Ci sono molte persone sole o in cattive condizioni di salute, e alcuni studi indicano che un robot tattile, cos¨¬ come?una semplice coperta zavorrata, hanno il potenziale per aiutarle¡±, ammettono i ricercatori. Tuttavia, i benefici del contatto con robot e oggetti sono prevedibilmente minori. E disturbi come ansia o depressione potrebbero quindi privilegiare il contatto umano "forse suggerendo l'importanza di una componente emotiva associata al tocco".
E gli animali?
¡ª ?¡°Sarebbe utile vedere se il tocco di un animale?domestico pu¨° migliorare lo stato di benessere e, viceversa, se anche lui/lei ne trae beneficio, ma non ci sono sufficienti studi, o adeguatamente controllati, per poter trarre conclusioni al riguardo¡±, chiarisce uno dei co-autori dello studio, Fr¨¦d¨¦ric Michon.
Bambini e adulti
¡ª ?Quando ¨¨ stato esaminato l¡¯impatto del contatto fisico nei neonati, gli scienziati hanno scoperto che anche i pi¨´ piccini ne giovano in termini di benessere. Tuttavia, i benefici del tocco erano maggiori se erano compiuti da un genitore invece che da un operatore sanitario. ¡°Questa scoperta potrebbe avere un impatto significativo¡±, ammettono i ricercatori. ¡°I tassi di mortalit¨¤ dovuti a nascite premature in alcuni paesi e la consapevolezza che un neonato possa trarre maggiori benefici dal contatto del proprio genitore offrono un'altra forma, facilmente attuabile, di sostegno della salute del bambino¡±.?
Conclusioni
¡ª ?Dunque, il contatto fisico sembra davvero avere un grande?potere terapeutico, ma molti dei suoi effetti sono ancora da esplorare. "Ci auguriamo - concludono gli autori dello studio - che le nostre deduzioni possano orientare la ricerca futura verso questioni meno approfondite. Per esempio, il contatto con gli animali, ma anche i l'azione del tocco nelle varie et¨¤ della vita e in contesti clinici specifici, come i pazienti autistici,? non ¨¨ stata ancora studiata come, invece, avrebbe meritato".
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