Vediamo come deve essere affrontato il recupero dopo una lesione del crociato anteriore per ridurre il rischio di infortunarsi di nuovo
L¡¯articolo del dott. Paolo Torneri, Fisioterapista a Verona e co-fondatore di FisioScience
Possiamo dirlo apertamente: le lesioni del legamento crociato anteriore nel calcio rappresentano probabilmente l¡¯infortunio pi¨´ impattante per la carriera di un giocatore. Lunghi tempi di assenza dal campo, il pensiero di non ritornare ai livelli di performance pre-lesione, ma soprattutto la paura di infortunarsi ancora. La percentuale di atleti che riprendono lo sport allo stesso livello ¨¨ bassa e deludente. Sfortunatamente, soggetti giovani (under 20-25) e sportivi che riprendono l¡¯attivit¨¤ dopo la ricostruzione del legamento crociato anteriore hanno un elevatissimo rischio di re-infortunio o infortunio contro-laterale il tasso di re-infortunio arriva fino al 40%. Se da un lato gli infortuni non sono prevenibili al 100%, dall¡¯altro le ricerche in questo ambito pongono l¡¯attenzione su alcuni elementi che possiamo e dobbiamo considerare prima di riportare il nostro atleta a giocare nuovamente. Ho cercato in questo articolo di riassumere in tre punti chiave gli elementi che spesso vengono sottovalutati e che invece rappresentano le basi solide per il return to play.
Il tempo cura tutte le ferite
¡ª ?Una delle convinzioni comuni ¨¨ di guardare come ¡°pi¨´ bravi¡± gli staff sanitari che riportano un giocatore in campo prima degli altri. Quante volte abbiamo sentito notizie del genere? Al contrario di quello che si ¨¨ soliti pensare, sono necessari pi¨´ di 9 mesi per permettere all¡¯atleta un return to play pi¨´ sicuro e con un rischio di infortunio inferiore. Il tempo ¨¨ un criterio biologico chiave, infatti gli studi sostengono che un ritorno prima di 9 mesi ad attivit¨¤ intense come il calcio porti ad un rischio 7 volte maggiore di sostenere una seconda lesione al legamento crociato anteriore. Il tasso di re-infortunio invece si riduce del 51% per ogni mese in cui il ritorno in campo viene ritardato fino a 9 mesi dopo l'intervento chirurgico, dopo di che non ci sono grandi prove di efficacia a riguardo. Se il tempo ¨¨ fondamentale per guarire tutte le ferite, purtroppo non ¨¨ l¡¯unica cosa che conta¡
Sopravvivere nel caos
¡ª ?Un'altra credenza comune ¨¨ che riabilitare una lesione del crociato anteriore sia limitata solamente al ginocchio stesso. ¡°L¡¯atleta ha raggiunto la simmetria di forza, ¨¨ pronto a tornare a giocare¡¡±. Siamo sicuri che sia sufficiente raggiungere gli stessi livelli di forza a un test isocinetico per poter giocare? In un contesto di gioco entrano in azione molti fattori che in un setting tranquillo e controllato come lo studio o la palestra non sono presenti. ? la stessa cosa fare un cambio di direzione nello studio del fisioterapista o farlo durante una gara piovosa, sotto di 1 a 0, con il pubblico che urla e la tensione ¨¨ alle stelle? Il secondo elemento chiave che spesso viene tralasciato ¨¨ l¡¯allenamento del sistema nervoso centrale cercando di sviluppare la capacit¨¤ dell¡¯atleta di svolgere un gesto motorio in un contesto non controllato o con fattori distraenti, cercando di ricostruire la situazione di gioco.
Ricordati di allenare anche la mente
¡ª ?Nell'ultimo decennio, diversi studi hanno mostrato come la paura di re-infortunarsi sia uno dei motivi alla base del cambiamento o della cessazione della partecipazione sportiva. Qualcuno diceva che a calcio non si gioca solo con le gambe¡ In questo contesto viene utilizzato il termine ¡°prontezza psicologica¡± per descrivere quei fattori come fiducia, auto-efficacia, ansia, paura, aspettative che influenzano il ritorno allo sport. Gli studi supportano l'idea che la decisione di un individuo di tornare allo sport dopo l'infortunio pu¨° essere influenzata da fattori psicologici modificabili, come la paura infortunarsi nuovamente, evitando determinati comportamenti o movimenti a causa della paura percepita e la kinesiofobia (paura del movimento fisico o dell'attivit¨¤). Questi fattori sono barriere cognitive ben consolidate che inibiscono la riabilitazione di successo e il re-inserimento allo sport e sono spesso sottovalutate dallo staff sanitario. Che sia chiaro, non ¨¨ la paura in s¨¦ a portare all¡¯infortunio, ma il comportamento che ne pu¨° conseguire. Come terzo e ultimo punto chiave, non dimenticate di considerare la prontezza psicologica dell¡¯atleta all¡¯interno dei criteri di ritorno in campo.
Conclusioni
¡ª ?Il ritorno in campo ¨¨ un processo di ¡°decision-making¡± condiviso tra atleta, staff sanitario e staff tecnico che deve considerare criteri biologici, clinici e i test da campo. L¡¯obiettivo dell¡¯articolo ¨¨ quello di portare attenzione sulle cose spesso trascurate nel processo di scelta e di fornire spunti a clinici e atleti sulle considerazioni da effettuare prima di riprendere a giocare.
Bibliografia
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