RUNNING
Alberto Ceriani: correre ¨¨ pi¨´ forte del destino
Alberto ¨¨ appena rientrato a casa, dopo aver portato la bambina dal medico. "Mali di stagione" ci rassicura, mentre il labrador Hector fa le feste. Prepara il caff¨¨, passa l¡¯aspirapolvere - e si arrabbia pure se gli sfugge qualche peletto - muovendosi con una sicurezza che non tradisce incertezze. In pi¨´ corre e si allena, una decina di volte a settimana. Dove sta l'eccezionalit¨¤? Nel fatto che Alberto Ceriani ¨¨ cieco. Organizzato ed efficiente (in casa sua tutto ci¨° che ¨¨ digitale ha una voce: telefoni, computer, perfino il termometro) grazie alla sintesi vocale risponde alle chiamate, manda sms e mail. Il fedele Hector, in realt¨¤, ¨¨ il suo cane-guida. Da ragazzo ha sempre praticato sport: calcio, palestra, boxe. La corsa per¨° non gli era mai interessata, salvo ammirare in tiv¨´ i fenomeni dell¡¯Ironman e pensare che un giorno gli sarebbe piaciuto imitarli. Mai avrebbe immaginato che nel giro di qualche anno ne avrebbe disputato uno, e per di pi¨´ da atleta non vedente. Ma andiamo con ordine.
Nel 1996, a soli 26 anni, accusa un calo improvviso della vista. Le dosi massicce di cortisone che gli vengono somministrate ai primi sintomi di quella che si scoprir¨¤ essere una malattia genetica ereditaria, lo fanno aumentare vertiginosamente di peso. Alla fine di quel calvario Alberto si ritrova senza vista e 30 chili sovrappreso. La corsa, inizialmente una contromisura per rimettersi in forma, un po¡¯ alla volta si trasforma in un'amica fedele che contribuisce a ridargli un equilibrio, una centratura. Certo, restano una quantit¨¤ di problemi di ordine pratico: tanto per cominciare ogni volta ha bisogno che qualcuno lo accompagni. E poi ci sono le cadute, la paura delle auto, dei marciapiedi, di qualunque terreno sconnesso. Ma lui non demorde, anzi capisce di esserci portato. E si organizza. Sboccia una passione autentica, che gli fa incontrare tanti nuovi amici: Rocco, Claudio, suo compagno di gara nel triathlon, Tommaso che lo affianca nelle gare podistiche, e tanti altri. Un blocco, quello di correre ¡°al buio¡± che inizialmente affronta allenandosi in pista, dove prepara addirittura la prima delle sue dieci maratone.
Poi arriva il triathlon e infine l'Ironman. E arriviamo al 2006, quando viene invitato a Kona, il sacro Graal dei triatleti. Parte dietro, defilato: nuotare legati pu¨° essere dannatamente complicato, puntualmente qualcuno resta impigliato. Quel giorno il tempo alle Hawaii ¨¨ pessimo: pioggia, grandine, poi caldo, vento, allagamenti. Uscito a fatica dalla frazione a nuoto a causa del mare grosso, affronta le altre due parti di gara con il coraggio di un guerriero e conclude la sua impresa, stremato, in 13 ore e 50 minuti. Nel cuore una tempesta di emozioni. Negli anni seguono altre vittorie in campionati europei e mondiali di triathlon per disabili. In Alberto, che oggi ¨¨ piuttosto noto sulla scena podistica milanese, non c'¨¨ traccia di autocommiserazione, nessun rancore verso il destino, anzi, una grande leggerezza e uno spiccato senso dell'ironia ("il vero problema quando corri in bici ¨¨ che la gente non ci vede!"). Legittimo supporre che ci¨° che ha passato lo abbia reso pi¨´ determinato, che la dimensione sfidante di gare gi¨¤ dure per atleti normodotati sia il carburante da cui trae forza e stimoli. Ma in lui non ci sono rivincite, nessuna retorica. Alberto ¨¨ solo un uomo che la corsa ha reso migliore.
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