Venerdi a Rio sfilano dieci atleti speciali sfuggiti alla morte ed alla guerra. Corrono, nuotano, lottano. Noi facciamo il tifo per la loro bandiera arancione, che ¨¨ un po' anche la nostra Alex Schwazer ci ¨¨ andato portandosi le carte bollate. Gianmarco Tamberi ci andr¨¤ con una stampella. La delegazione azzurra ¨¨ arrivata carica di emozioni e di speranze. L¡¯Olimpiade di Rio ¨¨ [...]
Venerdi a Rio sfilano dieci atleti speciali sfuggiti alla morte ed alla guerra. Corrono, nuotano, lottano.
Noi facciamo il tifo per la loro bandiera arancione, che ¨¨ un po' anche la nostra
Alex Schwazer ci ¨¨ andato portandosi le carte bollate. Gianmarco Tamberi ci andr¨¤ con una stampella. La delegazione azzurra ¨¨ arrivata carica di emozioni e di speranze. L¡¯Olimpiade di Rio ¨¨ un enorme concentrato di storie, ma io per questo 2016 ho deciso di seguire quelle di una squadra particolare e di una ragazza straordinaria.
Parlo di Yusra Mardini che insieme ad altri nove atleti compone una squadra assolutamente speciale, quella dei rifugiati: rappresentano 65 milioni di persone nel mondo, di razze e religioni diverse. Una nazione che non si pu¨° ignorare esista. Popoli e genti in fuga per motivi diversi ma riconducibili facilmente a uno: la voglia di vivere e il tentativo di farlo nel modo pi¨´ sicuro e libero possibile.
Questi ragazzi sono la squadra per la quale far¨° il tifo quest¡¯estate.
Avranno una bandiera arancione con una striscia nera orizzontale che la taglia da destra a sinistra. Sono dieci atleti olimpici che venerd¨¬ vedremo sfilare a Rio poco prima della delegazione del Brasile. Sono dieci e credo ci rappresentino tutti. Quasi tutti, perch¨¦ ¨¨ una questione di umanit¨¤ e da quel che succede ogni giorno sul pianeta ¨¨ piuttosto evidente ormai che sulla Terra ci sia qualcuno che l¡¯umanit¨¤ ¨¨ riuscito a cancellarla dal suo animo (non tocca a me dire come, perch¨¦ per colpa di chi, non qui¡).
Io al mio brandello di umanit¨¤ sono ancora affezionato, non sono in grado di dire quanto sia, e neppure se sia misurabile, ma spero di esserne in possesso. E con quel filo sottile mi lego al loro destino sportivo.?Difficilmente saliranno sul podio, ma sono pronti. Oltre alla bandiera (disegnata da Yara Said, siriana rifugiata in Olanda) hanno un inno (composto da Moutan Arian rifugiato in Turchia) e dieci incredibili storie personali.
Quella di Yusra la conoscevo da qualche tempo ma ieri l¡¯ho riletta in maniera ampia sul New York Times, raccontata da Charly Wilder da Berlino. Esattamente dove stavo chiudendo qualche giorno di vacanza e cos¨¬ ho pensato di condividerla, di raccontarla anch'io, di farla mia anche sul blog e su un sito che parla di running. Perch¨¦ la passione per lo sport catalizza in maniera perfetta la nostra voglia di vivere e il desiderio di vivere liberi, quindi che si corra come tanti di noi (e come Yonas Kinde etiope che ha trovato rifugio in Lussemburgo e che a Rio correr¨¤ la maratona), o che si nuoti come Yusra, noi amiamo lo sport. Che ci fa sentire liberi.
Mille volte raccontando la mia passione per la corsa dicevo che oltre a ¡°sentire¡± meglio tutto quello che mi circonda mi regalava anche tranquillit¨¤: avessi avuto un problema lontano da casa, magari senza telefonino, avrei potuto comunque raggiungere un posto dove chiedere aiuto. Mi sentivo pronto ad affrontare chiss¨¤ che cosa. A Yusra ¨¨ capitato davvero, ma nel modo pi¨´ feroce e incredibile.
Scappava da Damasco insieme alla sorella e il suo barcone (il secondo, sul quale era partita, il primo lo aveva respinto la polizia turca) era rimasto alla deriva vicino alla costa greca. Erano in venti su un mezzo che poteva ospitare sei persone, e soltanto quattro sapevano nuotare. Hanno chiesto aiuto con un telefonino, gli hanno detto di tornare indietro¡ Lei e la sorella si sono buttate in acqua con gli altri due, spingendo l¡¯imbarcazione sin quasi allo sfinimento. Yusra racconta di un bambino di sei anni che era con loro, il suo viso spaventato la caricava, le diceva che non poteva mollare. Ha nuotato per alcune ore, tenendo l¡¯imbarcazione nella corrente sino a quando non sono riusciti a mettersi in salvo.
Figlia di un allenatore di nuoto, Yusra nuota da quando aveva tre anni. E da bambina sognava i Giochi. La guerra ha cancellato tutto, riducendo la speranza ai bisogni primari. Nell'intervista un passaggio terribile dice che dopo mesi di bombe, di scontri a fuoco e di morti lei e i suoi amici si erano comunque abituati e uscivano lo stesso di casa. Pronti a morire per vivere ancora un po¡¯¡ Poi nell¡¯agosto dell¡¯anno scorso sono riuscite a scappare, e gli insegnamenti del pap¨¤ in piscina sono diventati il regalo pi¨´ grande: hanno salvato la vita a lei e a tutti gli altri. Non era finita, nei mesi successivi Yusra ha camminato e pregato, preso treni che venivano cancellati e cambiato strada e progetti quando i governi europei cambiavano il loro atteggiamento verso un popolo in fuga dalla follia omicida. Dalla Grecia alla Macedonia, poi in Ungheria quindi a Vienna da dove ha raggiunto la Germania e Berlino. Qui per una serie di casi si sono accorti di lei e in ottobre le hanno aperto le porte di una piscina, Wasserfreunde (amici dell¡¯acqua) Spandau, quella realizzata da nazisti per l¡¯Olimpiade del 1936, perch¨¦ la vita e il destino costruiscono traiettorie davvero bizzarre.
A bordo vasca Sven Spannekrebs, l¡¯allenatore del club, ha notato quella ragazza, ha voluto conoscerla. Erano due anni che Yusra non si allenava, ma il talento e la forza d¡¯animo non hanno bisogno di cronometri. Sven si ¨¨ arreso all'energia di Yusra, che emergeva potente da un corpo seppur?debilitato?perch¨¦?nutrito,?ha ammesso lei poi,?per?venticinque giorni con?solo hamburger e patatine. Era l¡¯inverno scorso. Yusra aveva letto che una sua rivale aveva gareggiato e vinto in Asia, questo le ha risvegliato un istinto agonistico che nei mesi precedenti era servito a salvarle la vita, Sven dopo un po¡¯ si ¨¨ convinto che questa ragazza aveva delle possibilit¨¤ per i Giochi di Tokio.
Neppure il tempo di pensarlo che, solo qualche settimana dopo il Cio ha deciso di allestire una squadra di rifugiati, e il sogno olimpico di quella strana coppia ¨¨ diventato realt¨¤. Senza un minimo, perch¨¦ i record di Yusra sui 100 stile libero e farfalla sono ad alcuni secondi dai primati che servono. Questa ragazza di 18 anni, che il giornalista del New York Times ha giustamente descritto come tutte le sue coetanee: ¡°Un momento ¨¨ entusiasta e presa da quello che fa, un attimo dopo ¨¨ annoiata e guarda il cellulare, che usa tantissimo per raccontare la sua storia¡ E¡¯ semplicemente una teenager¡¡±.
Sia quel che sia, io faccio il tifo per lei, ma dovremmo fare il tifo per migliaia di ragazzi come lei ai quali ogni giorno ¨¨ negato il futuro. Non abbiamo fatto nulla, io non ho fatto nulla per lei. Ma qualcosa si ¨¨ mosso comunque, ora muoviamoci noi perch¨¦ altrimenti tutto andr¨¤ avanti come prima. Vi ricordate? E¡¯ successo anche all'Olimpiade 2008 a Pechino: ci siamo commossi per la storia di Samja Yusuf Omar, che aveva 17 anni e in Somalia si opponeva correndo a un destino gi¨¤ scritto. A Pechino corse la batteria dei 200 mettendoci dieci secondi pi¨´ delle rivali, ma conquist¨° applausi e notoriet¨¤. Poi torn¨° in patria, dove ogni mattina non sa se potr¨¤ addormentarsi ancora la sera¡ Giorno dopo giorno ha perso amici e responsabili dello sport, ha dovuto negare la sua stessa identit¨¤, il suo essere atleta, per sopravvivere. Poi ¨¨ fuggita, ¨¨ salita su un barcone ed ¨¨ scomparsa tra le onde nei pressi di Lampedusa.
Io tifo Yusra pensando a Samia, pensando alle mie figlie, pensando a quanto noi (io) spesso non vogliamo gustarci quello che abbiamo, che ci ¨¨ stato regalato, lasciato in eredit¨¤.
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