RUNNING
Dalla scrivania al deserto
? da poco rientrato dalla maratona di Tokyo, entusiasta per essere stato parte di quella che definisce "un'autentica festa di popolo". Daniele Barbone, classe 1971, imprenditore nel settore della green economy, unico italiano inserito nella commissione internazionale di esperti del G20, ¨¨ anche e soprattutto un runner, capace di attraversare a piedi ben 4 deserti, autore di un libro (Runner si diventa, Corbaccio). Come tanti ha iniziato a correre prendendo atto di una condizione fisica non eccelsa. "Arriva il momento in cui realizzi che, o fai qualcosa per rimetterti in forma, o presto dovranno sollevarti con un paranco", ammette. Prima di allora le uniche "ripetute" che conosce sono la sequenza di pranzi mamma-suocera in occasione delle feste. Cos¨¬ un giorno decide di iniziare a correre e fa il giro dell'isolato. Torna a casa con le orecchie che fischiano, ma ¨¨ pur sempre un inizio. Lo scoraggiamento da insuccesso ¨¨ dietro l'angolo ma lui non demorde. Non esiste un Daniele manager di successo e uno preda dello sconforto - ripete a se stesso come un mantra - esiste un solo Daniele, persistente, che non molla. Sbaglia chi pensa di trovarsi di fronte al solito quarantenne tardivamente impazzito per lo sport e senza senso della misura. "So di non essere un atleta che ha iniziato in giovent¨´, so bene che occorre gradualit¨¤ e ho la consapevolezza che, l'euforia delle endorfine da una parte e fattori culturali dall'altro possono generare atteggiamenti compulsivi in chi come me inizia a correre da grande", dice. Daniele crede nel senso del limite, convinto che passare di colpo dall'isolato di casa alla maratona lo avrebbe portato al burn-out. "I limiti - dice saggiamente - vanno spostati con gradualit¨¤". Inizia cos¨¬ un percorso che lo porta a concludere la sua prima Stramilano - siamo nel 2008 - e solo nel 2010 la sua prima maratona, a Firenze. E poi ci sono i deserti, dove Barbone, affascinato da quella dimensione fortemente simbolica, impara altre lezioni sulla vita e sulla corsa. "Tanto per cominciare che non sei mai veramente solo: c'¨¨ sempre qualcuno che crede in te, i tuoi cari, il tuo allenatore (nel suo caso Orlando Pizzolato, ndr), chi ti aspetta per metterti al collo una medaglia". La metafora della corsa per lui ¨¨ evidente: preparazione, competizione, crisi, traguardo, premio, etica, sono componenti presenti tanto della corsa quanto nella nostra esistenza. E ogni risultato ¨¨ la conseguenza di un lavoro, che non consente scorciatoie. Certo, conciliare l'attivit¨¤ di manager con quella di podista per lui non ¨¨ sempre facile, impegnato nel suo ruolo di amministratore delegato e conferenziere. "Alla fine nemmeno impossibile. Si tratta solo di fare delle scelte, di conciliare lo sport con gli altri impegni e la famiglia, magari alzandosi un po' prima la mattina. La corsa deve completare la mia vita, non stravolgerla".
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