Lui si chiamava Fabio Cappello, aveva 29 anni e viveva a Basiano.Lei si chiamava Sara Buccolini, di anni ne aveva 21 e studiava Architettura a Ferrara. Lui era un runner amatore, a febbraio aveva fatto la visita medica richiesta dalla legge per poter correre gare agonistiche come la mezza della Stramilano, 21 chilometri. Lei era una ragazza e con tanti amici domenica aveva deciso [...]
Lui si chiamava Fabio Cappello, aveva 29 anni e viveva a Basiano.Lei si chiamava Sara Buccolini, di anni ne aveva 21 e studiava Architettura a Ferrara.
Lui era un runner amatore, a febbraio aveva fatto la visita medica richiesta dalla legge per poter correre gare agonistiche come la mezza della Stramilano, 21 chilometri.
Lei era una ragazza e con tanti amici domenica aveva deciso di correre un poĄŻ in quel clima festoso che accompagnava la maratona di Ferrara. Li ha uniti il tragico destino di due morti assurde e inspiegabili. Entrambi vittime della fatica e della passione a pochi metri dal traguardo.
Fabio, domenica, era tra gli oltre 63.000 che hanno invaso Milano, lui ha corso la gara pi¨´ impegnativa. Ha visto il traguardo dopo oltre due ore di fatica, ma non ¨¨ mai riuscito a tagliarlo. Si ¨¨ accasciato, in arresto cardiaco, ¨¨ stato soccorso ma ¨¨ morto poco dopo. Una tragedia immane che riapre tante ferite. E sulla quale ora verr¨¤ aperta unĄŻindagine, sia da parte delle istituzioni sia sportiva perch¨Ś le regole che devono evitare problemi come questo esistono, sono rigide e ben scritte. Forse ¨¨ uno dei campi dove lĄŻItalia vanta e difende un ruolo di apripista che nel mondo ci invidiano ma non copiano. E Fabio aveva i documenti in regola, aveva superato la visita medica lo scorso febbraio e si era tesserato da solo con la Run Card che la Fidal ha lanciato da qualche anno proprio per agevolare lĄŻattivit¨¤ sportiva (un limite aver tolto il controllo e il confronto con una societ¨¤? Se ne discute).
La tragedia di Sara si ¨¨ compiuta dopo una giornata di agonia, al SantĄŻAnna, dove era stata raggiunta dai familiari. Anche lei si ¨¨ sentita male al traguardo, un attimo dopo aver chiuso i 6 chilometri della Family Run con tanti altri studenti, in unĄŻora. Una corsa per la quale non serviva alcun certificato, perch¨Ś non agonistica. Non ¨¨ stato uno sforzo massimale, ma comunque una fatica che il suo corpo non ha sopportato. Nel suo caso in citt¨¤ ipotizzano una malformazione cardiaca congenita, ma solo nei prossimi giorni ci potrebbe essere una spiegazione pi¨´ approfondita.
Fabio e Sara per¨° non ci sono pi¨´. E la comunit¨¤ dei runner oggi ¨¨ piena solo di tristezza, perch¨Ś lui evocava e riassumeva la stessa passione che domenica ha portato centinaia di migliaia di persone sulle strade a correre. E lei ne incarnava unĄŻaltra forma, ?persino pi¨´ bella, pi¨´ libera. Fatta solo della gioia di stare insieme agli amici senza altri pensieri.
Solo una settimana fa a Brescia invece un piccolo miracolo aveva assistito Sergio Loda, colpito pure da un malore poco dopo il via della Art Marathon: al suo fianco correvano il dottor Paolo Maggi, cardiologo, e due infermieri professionali che gli hanno salvato la vita.
Un bilancio terribile comunque in appena otto giorni, una serie di eventi che suonano come un allarme, che non va assolutamente ignorato. La corsa fa bene, benissimo. Ma ¨¨ unĄŻattivit¨¤ a volte anche massimale, e non basta allenarsi o farsi visitare (¨¨ dimostrato dai fatti) dobbiamo interrogarci tutti insieme su come migliorare, come crescere, come evitare che succedano tragedie come quella di Fabio e Sara: se ¨¨ possibile trovare un modo per riconoscere situazioni limite. Oggi ¨¨ un giorno di lutto, ma questo non deve offuscare la nostra capacit¨¤ di ragionare. Per correre meglio e pi¨´ sicuri.
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