Il grande caldo di giorno e il freddo di notte, neve compresa: questa impresa ¨¨ stata piena di insidie...
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In un anno dove gran parte delle gare di trail running, specie quelle di lunga distanza, sono state annullate a causa Covid e dove quindi anche le emozioni sportive sono state spuntate o addirittura appiattite per lo stesso motivo, dallĄŻAmerica arriva la notizia che lĄŻultrarunner ligure Michele Graglia (Team La Sportiva) ha vinto, anzi stravinto, la massacrante Moab 240 miglia (390 km).
Michele Graglia, per chi non lo conoscesse ancora, dopo un trascorso da top-model sulle passerelle dellĄŻalta moda di Miami e New York, sette anni fa, mollando totalmente quel mondo dorato di luci e vizi estremi (come lo ricorda lui stesso nel libro Ultra scritto da Folco Terzani), ha intrapreso la carriera da ultrarunner. Unico italiano ad aver vinto (nel 2018) la mitica e caldissima Badwater 135 (217km su asfalto nella bollente Death Valley californiana) e unico al mondo ad aver vinto sia lĄŻultra pi¨´ fredda, la Yukon Artic Ultra 100 (160km a -40 gradi sulle nevi del Canada) che quella pi¨´ calda al mondo, la Badwater appunto (+53 gradi), ¨¨ anche recordman delle attraversate, di corsa, dei deserti dellĄŻAtacama (925km in Cile) e del Gobi (1703 in Mongolia).
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?A Moab, nel sud est dello Utah, Graglia, con una cavalcata quasi sempre solitaria, ha percorso i 390km di stradine sterrate e sentieri impervi, nel rosso tipico di quellĄŻarea estremamente desertica, con un tempo di 61 ore 43 minuti e 15 secondi, ovvero un pochino pi¨´ di due giorni e mezzo di corsa. Il grande caldo di giorno, oltre 35Ąă con un sole infernale, e il freddo di notte, fino a -5Ąă e la neve, ai bordi del sentiero nei passaggi di montagna, sono stati, insieme allĄŻimmancabile crescente stanchezza e al sonno della seconda notte dĄŻazione, le insidie pi¨´ grosse.
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LĄŻatleta italiano, che ora vive negli USA, non ha dormito nemmeno un minuto, solo piccole soste per alimentarsi e poi via alla ricerca di una performance estrema in una gara durissima. Qualche crisi di stomaco, alcuni up and down mentali, e il tendine dĄŻAchille infiammato a -50km dallĄŻarrivo gli unici problemi fisici. In queste corse estreme, perdere anche solo per un attimo la lucidit¨¤ necessaria a vedere e prevedere ogni piccolo ostacolo naturale, pu¨° voler dire inciampare, cadere, anche rovinosamente, o perdere la giusta strada. Tutte cose da evitare presentandosi al via in un ottima forma fisica e mentale, due degli aspetti che Graglia cura e allena con determinata scrupolosit¨¤, e il risultato si ¨¨ visto quando, nonostante alcuni problemi fisici, di stomaco e qualche up-and-down mentale nella prima parte e lĄŻinfiammazione del tendine dĄŻAchille nellĄŻultima interminabile discesa, si ¨¨ presentato al nastro dĄŻarrivo di Moab a braccia levate al cielo. Una vittoria netta, fortemente voluta, sudata, sofferta. Secondo, a un'ora e mezza di distacco, lĄŻeclettico David Goggins, ex Navy SEAL ora convertito con ottimi risultati al mondo della corsa su lunghe distanze, quella estrema. Quindi un bravo anche a David, peccato solo, per lui, che in questo week end del 9-11 ottobre, nel deserto dello Utah, davanti avesse unĄŻimprendibile, inarrestabile, straordinario Michele Graglia.
Articolo a cura di Dino Bonelli
Foto di?Ashley Andersen
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