Come si temeva il vero nemico dei 10.600 partecipanti alla Volkswagen Prague Marathon e' stato il caldo. Una temperatura che gia' nelle prime ore del mattino sembrava poco adatta a una maratona ha cominciato a crescere col passar delle ore toccando i 19 gradi quando i concorrenti sono partiti alle 9.? Un sole ben alto nel cielo che ha allietato gli spettatori assiepati all'arrivo [...]
Come si temeva il vero nemico dei 10.600 partecipanti alla Volkswagen Prague Marathon e' stato il caldo. Una temperatura che gia' nelle prime ore del mattino sembrava poco adatta a una maratona ha cominciato a crescere col passar delle ore toccando i 19 gradi quando i concorrenti sono partiti alle 9.?
Un sole ben alto nel cielo che ha allietato gli spettatori assiepati all'arrivo in Old Town Square nelle efficienti strutture predisposte dall'organizzatore Carlo Capalbo ma ha messo man mano in difficolta' non tanto gli atleti di vertice quanto la massa degli amatori che hanno concluso la fatica ben oltre le tre ore. Mentre si avvicinava il limite massimo delle 7 ore si vedevano ancora corridori in gruppo affrontare a passo lento l'ultimo tratto del percorso mentre qualche ambulanza si sentiva in lontananza: per fortuna l'organizzazione ha retto bene fornendo ristori capillari e assistenza ai partecipanti in difficolta' per disidratazione ma la data d'inizio maggio mentre tiene Praga fuori dalla concorrenza internazionale come ultima maratona importante prima dell'estate (e quest'anno estate vuol dire Olimpiade di Rio) presenta dei rischi legati ai cambi climatici dell'Europa. Non hanno patito piu' di tanto il caldo, comunque, i battistrada in una corsa, che come sta succedendo nelle ultime maratone internazionali, ha offerto uno spicchio d'Italia a livello manageriale. Il Team Rosa ha addirittura sfiorato la doppietta portando al successo a sorpresa Lawrence Cherono, accreditato solo di 2h09'39 nelle quattro maratone disputate finora e rimasto fedele al dottore bresciano nonostante la diaspora tecnica di Claudio Berardelli. Impresa sfiorata anche da Purity Rionoripo che solo in volata si e' arresa al rientro di Lucy Karimi che ha a sua volta un forte legame con l'Italia avendo vinto la maratona di Milano dell'anno scorso in 2h27'35". Meno bene gli atleti dell'altro manager italiano Gianni Demadonna, presente al traguardo, che si e' consolato con la doppietta alla meno importante maratona di Ginevra.
KARIMI Piu' scontato il successo di Lucy Karimi che pero', dopo essere stata condotta alla mezza nel previsto 1h12'33", non ha ridotto l'andatura nella seconda parte per il caldo trovandosi al 30mo km con le connazionali Rionoripo e Nguriatukei, mentre la favorita etiope Marta Lema pagava la sua crisi. Purity Rionoripo, che avevamo conosciuto sugli altipiani di Eldoret perche' figurava fra le studentesse illustri della sua scuola, sembrava destinata a vincere. ma la Karimi faceva fondo alle ultime energie per scavalcarla e chiudere in 2h24'46", con 14 secondi sulla connazionale ma comunque lontano dal record del percorso di Lydia Cheromei (2h22'34"). Anche per lei dichiarazioni incentrate sulla difficolta' della gara. "Corsa durissima per il percorso e per il caldo. Per fortuna nell'ultimo chilometro ho trovato le energie giuste". Terza la keniana Risper Chebet in 2h27'23" e solo quarta l'etiope Lana in 2h28'02".
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VRABCOVA Ma il numerosissimo pubblico accorso nella Old Town Square sul traguardo ha applaudito soprattutto Eva Vrabcova, la sciatrice olimpica di fondo, che si cimentava per la prima volta sulla maratona e ha abbondamente siglato il tempo che le permette di doppiare Olimpiadi invernali ed estive. L'idolo di casa sembrava in grado di scendere sotto le 2h30' con un passaggio alla mezza in 1h14'47" ma ha pagato il caldo nel finale chiudendo in un 2h30'10" che e' comunque straordinario per una non specialista.?
di Fausto Narducci
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