Ci sono notizie, o meglio fenomeni, che devono far riflettere. A leggere l'ordine d'arrivo della mezza maratona di Marugame dello scorso 7 febbraio in Giappone era difficile non pensare a un errore di stampa: uno, due, tre, quattro...cento atleti sotto l'ora e sei minuti. S¨¬, esattamente 1h06'. Dopo aver strabuzzato gli occhi si poteva tornare a fare i conti e scoprire che erano [...]
Ci sono notizie, o meglio fenomeni, che devono far riflettere. A leggere l'ordine d'arrivo della mezza maratona di Marugame dello scorso 7 febbraio in Giappone era difficile non pensare a un errore di stampa: uno, due, tre, quattro...cento atleti sotto l'ora e sei minuti. S¨¬, esattamente 1h06'. Dopo aver strabuzzato gli occhi si poteva tornare a fare i conti e scoprire che erano stati addirittura quaranta sotto l'ora e tre minuti. S¨¬, 1h03'. Chiss¨¤, magari un errore di misurazione del percorso, si poteva pensare. Ma a togliere ogni dubbio, per chi segue le corse, ¨¨ bastato ?andarsi a rileggere altri ordini di arrivo di mezze e anche maratone intere dove masse di corridori nipponici - li immaginiamo piccoli e magri, ma magari ce ne sar¨¤ stato anche qualcuno pi¨´ alto e in carne - sono finiti in massa entro o a ridosso limiti che nel resto del mondo (Kenya ed Etiopia a parte) risultano ultraselettivi. Basti pensare che nelle graduatorie italiane del 2015 sono stati solo 14 gli atleti scesi sotto 1h06', tutti di valore assoluto. ?
A Marugame il primo dei giapponesi ¨¨ stato Keijiro Mogi, terzo al traguardo con 1h00'54", che ¨¨ un gran tempo. Basti pensare che sono solo quattro i connazionali che hanno corso entro 1h50': Sato con 1h00'25' (2007), Takahashi con 1h00'30" (2000), Kikuchi con 1h00'32" (2015) e Murayama con 1h00'50" (2014). E che il primato italiano ¨¨ fermo all'1h00'20" di Berradi nel 2002 alla Stramilano. Ma se andiamo alla storia della maratona e della mezza sono ben pochi i corridori del Sol Levante arrivati ai vertici mondiali, perch¨¦ la forza del movimento nipponico ¨¨ proprio quella amatoriale. Come racconta lo scrittore Murakami Haruki nel caposaldo del podismo, "L'arte di correre", da quelle parti mettere pantaloncini e scarpette non ¨¨ un atto agonistico ma una religione. Se in Italia la prima maratona, quella di Roma, fa fatica a portare al traguardo 10.000 podisti, in Giappone ce ne sono nove che superano i 16.000 classificati. Se, come diceva Tot¨°, "e' la somma che fa il totale", quello giapponese resta dunque il pi¨´ bel movimento amatoriale del mondo: in fondo correre ammassati ¨¨ il migliore antidoto al senso di solitudine che pare sia lo status sociale del nipponico medio nella vita di tutti i giorni.
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