RUNNING
A Pamplona, dopo 1200 km di stupore e meraviglia, la missione ¨¨ compiuta. Fiesta!
Due sono i fabbricati-fantasma che non dimenticheremo mai incontrati lungo il tratto del Cammino che serpeggia nellĄŻalta Aragona.
Il primo, atterrato dalle guerre e ridotto a una sorta di candida planimetria che sporge dal terreno per pochi palmi, ¨¨ quel che resta dellĄŻOspitale di Santa Cristina a Somport: nel Medio Evo era il gemello pirenaico del grande Ospitale del San Bernardo, che ancor oggi offre ricovero ai pellegrini nel cuore delle Alpi.
Il secondo ¨¨ lĄŻassurdamente monumentale e tetra stazione ferroviaria di Canfranc, che sĄŻincontra una decina di chilometri pi¨´ a valle: costruita nei primi decenni del Novecento, serviva la linea ferroviaria che, grazie a unĄŻardita galleria, univa Pau a Jaca, ed era allĄŻepoca la seconda stazione dĄŻEuropa per dimensioni. A causa dei rivolgimenti politici, della Guerra civile spagnola prima e del secondo conflitto mondiale poi, divenne un porto di spie e fuggiaschi. Da qui transit¨° lĄŻoro sequestrato dai Nazisti agli Ebrei avviati alla deportazione; il prezioso metallo venne messo al sicuro nella Spagna franchista e, in buona parte, serv¨Ź a pagare le operazioni segrete che nel 1945 garantirono ai gerarchi e agli alti ufficiali delle SS un comodo esilio in Sud America.
? come se le cattive vibrazioni della colpa non avessero mai abbandonato questo luogo: nel 1970 il crollo di un viadotto interruppe il traffico ferroviario e, anche oggi che la linea ¨¨ chiusa da quasi mezzo secolo, la bocca buia e spalancata del tunnel sembra pronta a inghiottire ragionevolezza, piet¨¤ e buoni sentimenti.
Viene voglia di scappare al mattino presto, gi¨´ per la valle del Rio Arag¨°n, lungo i sentieri scavati in trincea fra muri a secco coperti di muschio, per cercare riparo in luoghi pi¨´ civili e benevoli. In capo a poche ore possiamo un sospiro di sollievo entrando a Jaca, la prima citt¨¤ degna di questo nome che incontriamo sul versante spagnolo; intorno agli spalti della sua fortezza cinquecentesca i bambini giocano a pallone sullĄŻerba tenera, e allĄŻufficio informazioni della Cattedrale una ragazza sorridente appone lĄŻennesimo timbro sulle nostre credenziali.
Beviamo la birra di fine tappa sulla terrazza dĄŻun bar che ha come emblema la conchiglia ed evoca nel nome i pellegrini; mancano poco meno di 850 chilometri a Santiago, ma tutto ormai sembra segnalare che ci siamo canalizzati lungo il pi¨´ straordinario percorso pedonale del XXI secolo. Uomini e donne con uno zaino in spalla decorato dalla Ą°conchaĄą sbucano da ogni dove; molti percorrono il Camino per la seconda o la terza volta, e sono prodighi di consigli anche non richiesti. Dobbiamo assolutamente dormire in quel certo albergue; non dobbiamo a nessun costo mancare la visita a Santo Domingo De La Calzada; dobbiamo arrivare a Pamplona in cinque giorni precisi.
Tutto diventa comodo e preciso, addomesticato e a misura di turista; ormai non si perderebbe neppure un camminatore alle prime armi, e sinceramente rimpiangiamo i giorni in cui abbiamo traversato con gli amici Psicoatleti le Alpi e la Provenza, la Linguadoca e lĄŻantica contea di Tolosa, liberi dĄŻinventare varianti e al riparo dalle lusinghe dei viaggi Ą°tutto compresoĄą. Siamo leggermente sgomenti di fronte a quanti ci sembrano procedere come lungo una monorotaia o un tapis roulant, gi¨¤ sicuri ogni mattina di quel che vedranno e? fotograferanno durante la giornata, senza lasciar spazio a sorprese e meraviglia.
Nei giorni successivi ci troviamo presi da sensazioni contrastanti: da un lato camminare in Spagna ¨¨ meraviglioso, dallĄŻaltra condividere un percorso con cos¨Ź tanta gente ¨¨ leggermente claustrofobico.
? un sollievo superare il Ponte della Maddalena per entrare a Pamplona: il capoluogo della Navarra ¨¨ una tappa-cardinale del Cammino, ma ai nostri occhi ¨¨ soprattutto una meta e un riparo. Ą°La citt¨¤ rende liberiĄą si diceva nel Medio Evo, e noi ormai cerchiamo con forza di mimetizzare la nostra natura di viaggiatori con lo zaino; nelle ultime settimane ci siamo lasciati alle spalle pi¨´ o meno 1200 chilometri di strada, due catene montuose, un ventaglio di citt¨¤ piene di storie meravigliose e un rosario di paesini, e francamente siamo giunti al limite.
Siamo stanchi e abbiamo voglia di rilassarci e nasconderci; questa citt¨¤ era fissata da mesi come la meta del nostro viaggio primaverile, e ora che la missione ¨¨ compiuta abbiamo voglia di stare una sera per conto nostro, lontano dagli albergue e dai negozi che promettono Ą°Todo por el pelegrinoĄą.
Alla prosecuzione del nostro viaggio verso Santiago e Finisterre penseremo pi¨´ avanti; torneremo qui quando lĄŻestate avr¨¤ fatto il suo corso e il grosso del flusso dei pellegrini sar¨¤ gi¨¤ passato, per coprire a tambur battente i 700 chilometri che restano per raggiungere il sepolcro di San Giacomo e le tre giornate supplementari che ci condurranno in riva allĄŻOceano.
Per stasera non resta che perderci in mezzo alla gente di Pamplona, divertirci con la musica delle orchestrine di strada e lasciarci contagiare dallĄŻatmosfera di celebrazione permanente.
Mentre le ombre della sera si allungano e le comitive di locali su di giri ballano e cantano per le vie della citt¨¤ vecchia, ci sentiamo di nuovo liberi, soddisfatti, felici: volevamo rispolverare lĄŻitinerario che dallĄŻItalia scavalca le Alpi, solca le regioni meridionali della Francia e supera i Pirenei. In viaggio nulla va mai come ce lo si immagina prima di partire. ? una fortuna e, in ogni caso, ce lĄŻabbiamo fatta.
Melodie di ottoni e strumenti a corda, percussioni e cori riempiono le strade; in testa ci rimbalzano passaggi dĄŻuno struggente romanzo di Hemingway e dĄŻuna canzone sfrenata dei Pogues. Portano lo stesso titolo, e non potrebbe essere pi¨´ adatto: Fiesta!
- FINE -
? RIPRODUZIONE RISERVATA