Dieci anni fa, oggi, Edoardo Mangiarotti lasciava la pedana della vita, poche settimane dopo aver scavallato le 93 primavere. Intensissime, esaltanti, straordinarie. Ancora oggi il suo nome ¨¨ davanti a quello di qualunque altro campione dello sport azzurro in una gloriosa e ambita graduatoria, quella del pi¨´ medagliato atleta italiano – e quarto assoluto - della storia olimpica. E anche della scherma mondiale, perch¨¦ nessun erede di D’Artagnan ha conquistato quanto lui sul palcoscenico a cinque cerchi.
il ricordo
Dieci anni senza Mangiarotti: ecco chi era la leggenda della scherma
Il 25 maggio 2012 moriva a 93 anni uno degli italiani pi¨´ medagliati di sempre ai Giochi
Impugnando alternativamente due armi - la prediletta spada e il fioretto - pur con il gap di due edizioni dei Giochi saltate a causa della Seconda Guerra Mondiale, tra il 1936 e il 1960 il grande Edo ¨¨ stato capace di collezionare la bellezza di 13 medaglie olimpiche. Cos¨¬ ripartite: sei d’oro, cinque d’argento e due di bronzo. O, se preferite: cinque d’oro, una d’argento e due di bronzo nella spada; una d’oro e quattro d’argento nel fioretto. O, volendo ancor pi¨´ specificare: una d’oro, una d’argento e due di bronzo individuali; cinque d’oro e cinque d’argento a squadre. Una collezione degna di una gioielleria, a cui vanno aggiunte 26 medaglie mondiali, di cui la met¨¤ del metallo pi¨´ ambito. In una parola: una leggenda.
ICONA
¡ªNato a Renate, in Brianza, il 7 aprile 1919, ma cresciuto di fatto a Milano, Edoardo Mangiarotti ¨¨ stato “La Scherma”. Come sarebbe poi stata Valentina Vezzali, colei che ne ha raccolto il testimone 40 anni pi¨´ tardi. Esord¨¬ giovanissimo, chiuse ultraquarantenne. E tocc¨° il suo zenith ai Giochi di Helsinki, nel 1952. In quei giorni di fine luglio, dopo essersi inchinato al sublime Christian D’Oriola e alla sua Francia nelle due gare di fioretto, sal¨¬ in cattedra nei due tornei di spada. Alla sinfonia azzurra sfoderata in quello a squadre, fece seguito infatti la doppietta individuale. E non una doppietta qualunque, bens¨¬ un affare tutto in famiglia, con Edoardo d’oro e Dario d’argento, quest’ultimo artefice proprio del trionfo del fratello minore in virt¨´ del successo nell’ultimo assalto con il lussemburghese Buck: se lo avesse perso, Edo sarebbe stato costretto allo spareggio con lo stesso Buck. Invece lo vinse, di una sola stoccata. Pi¨´ che una famiglia, quella dei Mangiarotti fu una dinastia. In pedana il capostipite era stato Giuseppe, caposcuola della scherma italiana e olimpico ai Giochi di Londra 1908. Educ¨° severamente i tre figli (c’era anche Mario, l’ultimogenito, a sua volta schermitore azzurro prima di diventare apprezzato cardiologo), avviandoli alla pratica di pi¨´ sport, soprattutto il nuoto, la boxe e il ciclismo.
LA CARRIERA
¡ªMa la scherma era la priorit¨¤. La sala di scherma era al numero civico 26 di via Solferino, a due passi dall’Accademia di Brera, dove Edoardo ha poi vissuto sino alla fine dei suoi giorni. L¨¬ cominci¨° a tirare all’et¨¤ di 8 anni. Era destro naturale, ma il padre lo mutu¨° quasi subito in mancino. L’immenso Nedo Nadi - il dominatore di Anversa 1920 con una cinquina mai ripetuta - diventato nel frattempo c.t. azzurro lo gett¨° nella mischia ai Giochi di Berlino 1936, sacrificando proprio Dario, che aveva 4 anni di pi¨´ ed era campione italiano. Edo era ancora diciassettenne, ma aveva gi¨¤ il talento cucito addosso. Disput¨° solo la gara a squadre, comunque da titolare: disput¨° 23 assalti, infil¨° 19 vittorie. E l’Italia sal¨¬ sul gradino pi¨´ alto del podio. Fu il primo mattone d’oro di una carriera straordinaria, durata un quarto di secolo. Compagni e avversari gli riconobbero la grandezza, la classe, lo stile impareggiabile. Adolfo Cotronei – giornalista, schermitore, soldato, poeta – lo defin¨¬ “un atleta di incomparabile finezza, capace di tenere a bada qualsiasi campione e di insegnare cosa siano la forza e la grazia nello slancio consapevole del combattimento”.
SULLA ROSEA
¡ªAnche Edo si dilett¨° col giornalismo. E i suoi resoconti trovarono spazio proprio sulle colonne della Gazzetta dello Sport. Avvenne anche ai Giochi di Helsinki. “Il giorno della mia vittoria – amava raccontare – la cerimonia protocollare sub¨¬ un ritardo. E cos¨¬ il mio pezzo. Arrivarono Gianni Brera e Gualtiero Zanetti (all’epoca entrambi direttori della rosea, ndr) e mi rimproverarono. ‘Mettiti subito a scrivere’ mi dissero. E poi mi chiesero: ‘Ma chi ha vinto?’ Quando riposi che avevo vinto io mi presero a male parole…”. In tutte le sue cinque partecipazioni olimpiche, Mangiarotti sal¨¬ sempre sul podio. A Melbourne ’56, dove fu anche portabandiera, alla doppietta a squadre aggiunse il bronzo individuale, sempre nella spada, dietro agli altri due azzurri Carlo Pavesi e Giuseppe Delfino. Quella medaglia, per¨°, non gli and¨° mai gi¨´. A Roma ’60, dove fu di nuovo portabandiera, chiuse in bellezza la sua storia da atleta con un altro oro nella spada a squadre. Ma di fatto la sua carriera olimpica ¨¨ proseguita per altre 12 edizioni, sino a Pechino 2008, perch¨¦ Edo ¨¨ stato presente in altre vesti: se non come atleta e giornalista, come capodelegazione, delegato e segretario generale della Federazione Internazionale.
AL FAMEDIO
¡ªOggi Edoardo Mangiarotti riposa al Cimitero Monumentale di Milano nel Famedio, il “tempio della fama”, che ospita la salma dei milanesi (di origine o di adozione) che hanno dato lustro alla citt¨¤. Il suo ricordo - grazie anche all’impegno della figlia Carola, a sua volta arrivata sino al palcoscenico olimpico - si perpetua grazie a varie iniziative, a cominciare dal Premio Internazionale Edoardo Mangiarotti, e attraverso l’attivit¨¤ del Circolo della Spada che porta il cognome della famiglia pi¨´ medagliata della scherma italiana e mondiale.
© RIPRODUZIONE RISERVATA