Abbiamo chiesto al critico del Corriere della Sera e autore del ¡®Dizionario¡¯ cult i film preferiti, legati al viaggio. Ecco le sue scelte
I road-movie sono una vera e propria categoria cinematografica con centinaia di titoli: belli e brutti, celebrati o meno, di successo totale o di nicchia. La nostra provocazione ¨¨ stata chiedere a Paolo Mereghetti, uno dei pi¨´ grandi critici cinematografici europei, quali siano i suoi film preferiti. C¡¯¨¨ un motivo alla base: il giornalista milanese, laureato in Filosofia e in forza al Corriere della Sera dal dicembre 1989, ¨¨ l¡¯autore del volume cult per ogni appassionato di cinema: il Dizionario dei film, edito per la prima volta nel 1993 da Baldini & Castoldi e che tra poco sar¨¤ in libreria con l¡¯edizione 2020. Per la cronaca, ci sono quasi 30 mila recensioni di film e indici di attori, registi, gente del cinema. Precisione maniacale e giudizi diretti. Del resto Mereghetti non ebbe problemi a definire La Grande Bellezza ¡°un film sopravvalutato, con belle intuizioni visive, ma anche una sceneggiatura a tratti ridondante, con dialoghi compiaciuti di s¨¦¡±. E aveva appena vinto l¡¯Oscar 2014 come miglior film straniero.
Capolavori
¡ª ?Il critico parte subito forte: Il posto delle fragole (1957), uno dei capolavori di Ingmar Bergman. ¡°Il viaggio in auto da Stoccolma a Lund dell¡¯anziano professore Isak Borg ¨¨ una raffinata storia di meditazione: ¨¨ un film che tratta dei ricordi della vita passata e dei rimpianti per le occasioni perdute di un'esistenza pi¨´ felice, ormai non pi¨´ raggiungibile per l'imminenza della morte¡±. Dal grande svedese a una leggenda a stelle e strisce, il padre del western John Ford che nel 194o diresse Furore, tratto dall'omonimo romanzo di John Steinbeck e adattato per il cinema dallo stesso Steinbeck con Nunnally Johnson. ¡°Il viaggio dell¡¯ex galeotto, interpretato da Henry Fonda, che parte con la sua famiglia dall'Oklahoma verso la California si svolge lungo la Route 66 e racconta la ricerca di una speranza, ai tempi della Grande Depressione¡±. Vinse due Oscar: il primo per la migliore regia e il secondo per la miglior attrice non protagonista a Jane Darwell.
Iowa e Germania
¡ª ?Da un camion Anni 30 a un trattorino rasaerba, il veicolo protagonista di Una storia vera(1999), firmato dal grande David Lynch. ¡°Si basa su un fatto realmente accaduto, quello di Alvin Straight: un contadino dell'Iowa che nel 1994, a 73 anni di et¨¤, fece un lungo viaggio per andare a trovare il fratello, reduce da un infarto. Ci si diverte molto tra la galleria dei personaggi incontrati nel viaggio e le immagini delle pianure sterminate¡±. Per la cronaca, Straight copr¨¬ in sei settimane la distanza di 240 miglia (quasi 400 km circa), viaggiando a 5 miglia all'ora. Dai colori dell¡¯Iowa al bianco e nero mitteleuropeo di Alice nelle citt¨¤ (1973), opera di Wim Wenders, che tra l¡¯altro ¨¨ il primo capitolo della sua ¡®Trilogia della strada¡¯ (il che sottolinea una volta di pi¨´ l¡¯importanza del road-movie per i registi d¡¯autore) firmata dal regista di D¨¹sseldorf . Gli altri due film sono Falso movimento (1975) e Nel corso del tempo (1976). ¡°Il viaggio del giornalista tedesco, deluso dagli Stati Uniti, e della ragazzina di nove anni abbandonata dalla madre all¡¯aeroporto ¨¨ particolare. Muniti di una fotografia, vagheranno in auto per la Germania in lungo e in largo per trovare la fantomatica casa della nonna di Alice. C¡¯¨¨ anche il confronto tra la lenta Europa di provincia e la velocit¨¤ di una metropoli come New York¡±.
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Piano sequenza
¡ª ?Vista l¡¯internazionalit¨¤ delle scelte, provochiamo Mereghetti sul cinema francese. E risponde con Week End, una donna e un uomo da sabato a domenica, un dissacrante (e impressionante) ritratto sulla borghesia che Jean-Luc Godard diresse nel 1967, suscitando forti polemiche per la violenza, spesso irrazionale e al limite dell¡¯horror. ¡°Il viaggio della coppia in cabriolet esprime il pensiero del regista sulla societ¨¤ consumistica, proprio alla vigilia del ¡®68. Per la famosa scena dell¡¯ingorgo, ci vollero tre giorni per preparare gli automezzi sulla carreggiata, fiancheggiata da alberi. La macchina da presa, installata su rotaie nel campo di fianco alla strada, si muoveva alla stessa velocit¨¤ della vettura degli attori, che supera con estrema lentezza la coda dell'ingorgo. In totale il piano sequenza dura oltre nove minuti primi nei 300 metri di lunghezza: un record¡±. Curiosit¨¤: il budget di 950 mila franchi (notevole per l¡¯epoca) permise di ingaggiare due star in ascesa (Mireille Darc e Jean Yanne) e acquistare una quantit¨¤ di automobili che finirono distrutte nei modi pi¨´ diversi lungo tutta la pellicola, compresa l'Alfa Romeo GT Veloce blu che Godard sacrific¨° malgrado fosse quasi nuova. Un road-movie inglese? ¡°Direi sicuramente Radio On, diretto nel 1979 da Christopher Petit e girato in bianco e nero da Martin Sch?fer, non a caso cameraman di Wim Wenders. ? la storia di un disc-jockey che va da Londra a Bristol per scoprire come mai il fratello si ¨¨ suicidato. E lungo la strada incontra un disertore scozzese, un meccanico appassionato di musica, una donna in cerca della figlia scomparsa. Anche qui ci sono tanti riferimenti al clima sociale e politico della Gran Bretagna di fine Anni 70¡±. Un film dove la musica ha un ruolo fondamentale: la colonna sonora include Kraftwerk, David Bowie, Lene Lovich, Wreckless Eric e tante band emergenti all¡¯epoca. Si vede anche un 28enne Sting, che tre anni prima aveva fondato i Police, in una parte secondaria.
Italian style
¡ª ?? il momento di tornare in patria. Con due classici che fanno parte della storia del cinema italiano. Il primo ¨¨ Tutti a casa, capolavoro di Luigi Comencini del 1960, inserito nella lista realizzata dalla Biennale di Venezia dei 100 film del cinema italiano da salvare. ¡°Comencini diceva sempre: ?Non ¨¨ un film di guerra, ma un viaggio attraverso l¡¯Italia in guerra compiuto da quattro uomini allo sbando che vogliono tornare a casa?. C¡¯¨¨ il contesto storico, c¡¯¨¨ la vicenda umana con la conversione del protagonista da attore passivo del momento a protagonista del riscatto e c¡¯¨¨ uno dei migliori Alberto Sordi in assoluto¡±. Il secondo ¨¨ Viaggio in Italia, che Roberto Rossellini diresse nel 1954. ¡°Un road-movie dello spirito dove una coppia di londinesi, alle prese con un rapporto in piena crisi, scopre Napoli e i suoi dintorni ritrovando, forse, l¡¯armonia perduta¡±. Martin Scorsese, particolarmente amante di questa pellicola dove i protagonisti sono George Sanders e la bellissima Ingrid Bergman, ne ha mutuato il titolo in un suo famoso documentario sul cinema italiano.
Grandi classici
¡ª ?Un paio di classici per il grande pubblico sono doverosi dopo tanti titoli di nicchia. Mereghetti non pu¨° dimenticarsi de Il Sorpasso, il capolavoro di Dino Risi nel 1962, talmente iconico da ispirare Dennis Hooper - parole sue - per l¡¯altrettanto iconico Easy Rider, girato sette anni dopo. ¡°? uno spaccato di grande precisione sociologica dell'Italia del boom di cui Vittorio Gassman incarna con istrionismo tutti i difetti e i pochi pregi. E l¡¯auto (l¡¯Aurelia B24 Convertibile, ndr) ha un ruolo decisivo nella trama come poche nella storia dei road movie¡±. spiega il critico. Chiudiamo (e siamo felici della scelta) con The Blues Brothers, la commedia musicale del 1980 diretta da John Landis e interpretata da John Belushi e Dan Aykroyd, che vagano per l¡¯Illinois a bordo della mitica Bluesmobile, per la cronaca una Dodge Monaco 440, con il V8 da 7,2 litri per 375 Cv. ¡°Perfettamente in sintonia con lo spirito ribellistico e irriverente dei tempi, si ¨¨ trasformato quasi immediatamente - anche per la presenza di Belushi - in un fenomeno di costume, un canone di eleganza, un inno alla musica blues e una pietra miliare della comicit¨¤ demenziale. In pi¨´ una lista infinita di partecipazioni straordinarie. Per me ¨¨ un film assolutamente geniale¡±. Concordiamo in pieno e aggiungiamo tre curiosit¨¤ finali. La prima: l¡¯auto guidata dai Blues Brothers era realmente velocissima, quando si vede, durante l¡¯inseguimento finale, il tachimetro segnare quasi 120 miglia orarie (poco pi¨´ di 190 km/h) non ¨¨ un trucco. La seconda: all¡¯epoca, il film conquist¨° il Guinness dei primati per la scena con il maggior numero di incidenti d'auto, 150 nelle strade di Chicago. La terza: di tutte le Dodge Monaco 440 acquistate per le riprese (tredici), ne ¨¨ rimasta una sola intatta ed ¨¨ di propriet¨¤ del cognato di Dan Aykroyd. Lo invidiamo senza ritegno.
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