Da dilettanti a pro, Campisi (Alcione): "Strade, pressione e tecnologia. Ecco come fare il salto"

L'allenatore della squadra Juniores spiega quali fattori influenzano la crescita dei giovani, che da ora potranno far parte del progetto One of Us: "Oggi abbiamo un canale in più"

Più di 100 presenze nei professionisti e oltre 50 tra Eccellenza e Serie D, un ritiro dal calcio giocato a 27 anni e una nuova vita da allenatore che l’ha reso protagonista con la categoria Juniores dell’Alcione, portata lo scorso giugno alla vittoria dei campionati nazionali. Luisito Campisi, classe 1987, sa cosa significa fare il dilettante e cosa il professionista. Ce lo ha raccontato in esclusiva, spiegando come i nuovi mezzi tecnologici oggi possano fare la differenza verso chi non riesce ad emergere. Come One of Us, la nuova piattaforma digitale ideata per i giovani calciatori con il sogno di diventare professionisti.

Considerata la sua esperienza, quale caratteristica deve avere un giocatore dilettante per diventare professionista? “Capacità di reggere la pressione quando si alza il livello. Avendo fatto tutte le categorie, ci sono giocatori di Serie D che qualitativamente possono stare in Serie C o B. La differenza tra chi ci arriva e chi no, fortuna a parte, è riuscire a mentalizzarsi come professionista, quindi serietà nell’alimentazione, negli allenamenti, nella dedizione al lavoro”.?

Secondo lei qual è il limite di età per poter sperare ancora nel salto??

“Se uno ha passione, deve crederci sempre. Se devo essere obiettivo però, se a 25-26 anni non sei riuscito a fare il salto diventa molto complicato. Poi la storia insegna che ci sono casi eccezionali, Toni, Gatti, Torricelli…”.

Cosa manca per assottigliare questo divario tra le due categorie??

“Non si gioca più in strada. Non ci sono più ragazzini al parco, negli oratori, nei cortili. Ai miei tempi, quando ero nel settore giovanile dell’Atalanta, nei giorni in cui non mi allenavo, passavo alcune ore in cortile. Un modo per affinare tecnica e personalità. Giochi su asfalto o terra, sensibilizzi il piede su queste superfici. Ciò che facevo in cortile cercavo di replicarlo sul campo. Oggi questa passione non c’è più anche in tutta Europa, tranne nei paesi un po’ più poveri come il Sudamerica dove non hai tutte queste risorse come la tecnologia”.?

Qual è il vero problema in Italia per quanto riguarda i giovani??

“I talenti li abbiamo. Si pone grande attenzione sulla componente fisica, così come la tecnica di base e le capacità dei giocatori di analizzare le situazioni di gioco. Oggi ormai è tutto concentrato sulla visibilità, sulle televisioni, sugli sponsor".?

Oltre alla componente fisica, quale altro fattore incide quando si fa il salto??

“I campi. Quando io mi allenavo coi Dilettanti lo facevo su cambi in erba spoglia, sabbia o su superfici dissestate. Le strutture cambiano. Poi il numero delle ore in cui ti alleni. Già la Serie D si avvicina di più al professionismo, in Eccellenza e Promozione ti alleni due-tre volte a settimana e non è affatto sufficiente. In più ti alleni la sera. E questo va ad influire sul tuo fisico perché alla fine di una giornata di lavoro sei già stanco di tuo”.?

Un consiglio che darebbe??

“Dico a chi gioca in Eccellenza o Promozione di riempire i giorni vuoti andando ad allenarsi per conto proprio. Come succedeva ai miei tempi dove si passavano le giornate nei cortili e nei parchi per affinare la tecnica. Oggi, invece, il giovane non mette il calcio come priorità e preferisce dedicarsi ad altre attività”.?

All’Alcione che ambiente si respira??

“Siamo sempre stati una società ambiziosa con la voglia di arrivare nei professionisti. L’anno scorso siamo stati campioni nazionali con la Juniores e oggi ci alleniamo quattro volte a settimana. La scorsa stagione ci allenavamo in concomitanza con la prima squadra. Poi abbiamo incentivato tutto: da uno staff completo a campi di ultima generazione. L’Alcione ha tutto per farti esprimere al meglio. Pianificazione, risorse, competenza”.?

Se invece un ragazzo cresciuto in un settore professionistico va a giocare nei Dilettanti è un passo indietro o un’opportunità di crescita??

“Dipende dal caso. Non c’è una risposta. Ci sono situazioni in cui tu non giochi. Oppure giochi e ti crei un mercato tra la tua squadra di proprietà che ti rivorrebbe e le altre che pensano di acquistarti. Io sono dell’idea che, se puoi stare in alto, è meglio rimanerci. Stare in un contesto professionistico, anche se giochi meno, ti dà qualcosa in più. Poi se non giochi mai è ovvio che non crescerai. Tutto è paragonato alle probabilità che hai di giocarti il posto. In breve, se scendi e giochi hai fatto bingo, se non giochi hai finito”.?

La regola degli Under nei Dilettanti: un tema che ha sempre diviso. Lei da che parte sta??

“Non deve essere l’età a determinare se giochi o meno. Ai miei tempi si giocava se eri bravo o meno, non si guardava la carta d’identità. Anche perché chi è che stabilisce se sei Under o Over? C’è chi matura a 19 anni, chi a 22 o 23. La regola a me non piace e non la trovo corretta perché toglie spazio a chi merita di giocare”.?

Siete quarti in Primavera 4, a cosa ambite? “Abbiamo avuto un grande sviluppo con la vittoria del campionato nazionale Juniores lo scorso anno. In Primavera 4 vai ad incontrare società che lavorano da diversi anni nei professionisti e che hanno già una mentalità diversa dalla nostra, dove siamo appena arrivati. Per noi questo deve essere un trampolino di lancio ma non solo: abbiamo l’obiettivo di arrivare in Primavera 3 giocandocela con tutti. L’importante però è creare una mentalità vincente e adeguarsi nel minor tempo possibile, come sta facendo la prima squadra in Serie C”.

Cosa ne pensa del progetto One of Us??

“La tecnologia va sfruttata. Oggi abbiamo un canale in più rispetto a un tempo. E i social sono fondamentali. Se sono un ragazzo che non ha l’opportunità di mettersi in mostra e riesco tramite questo progetto a emergere, sono solo che felice. Poi è chiaro che quando vai sul campo devi dimostrare le tue qualità. Ho visto tanti giocatori che nei video danno un’idea che poi non è quella reale. Ci sono da considerare i fattori esterni: chi ti guarda, l’essere giudicato, il dimostrare di poter valere. Prima andavano più di moda i camp estivi, ora si è creata una rete di scout che usufruisce dei social”.