Si era dedicato tardi alla pratica della boxe, da dilettante; ai suoi primi istruttori bast¨° dargli un¡¯occhiata in palestra per decidere di bruciare i tempi nel farlo salire sul quadrato; tardissimo, a ventiquattro anni, era diventato un professionista. Questa storia ci insegna, innanzitutto, che a volte la cronologia usuale, o istituzionale se il lettore preferisce, pu¨° essere del tutto relativa in quelle vicende esistenziali dove entra in gioco la predestinazione. Era un pugile inconsapevole, proprio perch¨¦ al tempo stesso era nato pugile; con spalle e bicipiti pompati e rifiniti dal lavoro nelle aziende agricole, in realt¨¤ fattorie pi¨´ che tradizionali; la maggior parte di quella fatica che segnava le sue giornate la ricavava da metodi e attrezzi arcaici: forse anche per questo, o soprattutto per questo, il tempio di quel suo atletismo inconsapevole poggiava su colonne di gambe non rapide, ma solide come tronchi. Impar¨° cosa avesse nel pugno quando gi¨¤ era diventato adulto, poco dopo se ne accorsero gli altri; tutti gli altri. Un "re senza corona", definizione che abbiamo usato pi¨´ di una volta per tanti campioni non del tutto consacratisi come tali; non gente da "vorrei ma non posso", ma uomini i quali potevano permettersi un "avrei potuto ma non ¨¨ successo", a proposito del raggiungimento di una definitiva gloria. Lui era uno di quelli ai quali nulla mancava per ottenerla, al punto tale da essere anche un paradigma per tutti gli altri.?
guantoni
Shavers, il pugno pi¨´ potente sempre a un passo dalla gloria
Contenuto premium