Le arti marziali come metodo per trasformare i piccoli malati in grandi vincitori. La Onlus KKC Italia porta le tecniche messe a punto negli Stati Uniti anche nel nostro Paese aiutando circa 2500 bambini l’anno attraverso lezioni e corsi pratici per allenare corpo e mente. Il Presidente Bagnulo: “Sono i bambini ad insegnarci a vivere meglio”
Quando la malattia colpisce un bambino ¨¨ un evento devastante per cui non si ¨¨ mai abbastanza preparati, ma ecco che in aiuto arrivano le arti marziali. Kids Kicking Cancer ¨¨ una organizzazione non profit che aiuta i bambini affetti da cancro e gravi patologie croniche, ma anche le loro famiglie, ad affrontare e a gestire meglio la malattia, attraverso l'insegnamento delle arti marziali e delle tecniche di rilassamento. Nata 10 anni fa negli Stati Uniti su iniziativa di Rabbi Elimelech Goldberg, detto "Rabbi G.”, professore di Pediatria alla Wayne State University School of Medicine, dal 2011 la Onlus ¨¨ presente anche in Italia. Gli istruttori volontari, denominati Martial Arts Therapists (MAT), affiancano i piccoli pazientisia nella degenza che nella riabilitazione extra-ospedaliera, tenendo lezioni e corsi pratici per allenare il corpo,ma soprattutto la mente. Il 9 e il 10 giungo al Centro Olimpico Federale di Ostia si ¨¨ tenuto il convegno “Il potere terapeutico delle arti marziali: un aiuto concreto nelle disabilit¨¤ e nelle gravi patologie infantili” con la presenza del fondatore Rabbi G. e del Presidente di Kids Kicking Cancer italia Giancarlo Bagnulo.
L'abbraccio tra Giancarlo Bagnulo e Rabbi G. al convegno presso il Centro Olimpico Federale di Ostia
Giancarlo, dopo 7 anni a che punto ¨¨ KKC Italia?
“Ci consideriamo ancora una Onlus giovane: abbiamo iniziato ad operare veramente sul campo intorno al 2012 e oggi i numeri in termini di diffusione ci donano la spinta giusta per continuare. Trattiamo circa 2500 bambini l’anno e ci troviamo in grandi ospedali italiani come il Bambin Ges¨´, il Santa Margherita di Torino, all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, ma anche a Napoli, a Bari… Ci stiamo muovendo in tutta Italia”.
Qual ¨¨ l’arte marziale di base da cui partite?
“Il karate: i movimenti sono quelli fondamentali, quasi fisioterapici lavorando prettamente con braccia e gambe, il tutto senza contatto fisico. Al limite vengono usati dei colpitori molto morbidi che diventano una valvola di sfogo per i bambini: l’idea ¨¨ quella di colpire la malattia o ci¨° che crea il “buio” dentro di loro”. Ma non solo, abbiamo per¨° operatori che derivano dal judo, dall’aikido, dal kung fu..”
In quali campi opera KKC?
“In fase di ricovero operiamo nei reparti e quindi nelle stanze accanto ai bambini, oppure relativamente al day-hospital durante i turni di terapia la terapia dove montiamo un piccolo tatami nello spazio che abbiamo a disposizione e lavoriamo con pi¨´ bambini contemporaneamente. Ma andiamo anche nelle case-famiglia, dove pazienti e genitori vengono ospitati nel caso di lunghe terapie, e nei reparti di trapianto, muovendoci in maniera specifica seguendo i protocolli concordati con le direzioni sanitarie”.
Come si diventa volontari e quindi Martial Arts Therapists (MAT)? “Attraverso tre step. Il primo ¨¨ quello della selezione: i volontari devono avere una formazione nell’ambito delle arti marziali, non cerchiamo il Campione del Mondo, ma ci interessa che abbiano una preparazione di base tale da comprendere l’arte marziale come aiuto terapeutico. In seconda battuta si svolge il corso di formazione di uno/due giorni dove vengono trasmesse le nozioni base del metodo e di cosa ¨¨ l’onco-ematologia ospedaliera: non ci sostituiamo ai medici o agli psicologi, ma ¨¨ necessario fornire informazioni di tipo medico. In ultimo si passa al tirocinio sul campo: i volontari affiancati dai MAT esperti vengono valutati e viene infine riconosciuto un diploma”. Quali benefici traggono i pazienti?
“Il nostro ¨¨ un aiuto terapeutico. Grazie agli esercizi di respirazione e rilassamento e alle tecniche e alla filosofia delle arti marziali, i bambini imparano a controllare il dolore, la frustrazione, e a canalizzare la rabbia;di conseguenza migliora la loro capacit¨¤ di affrontare le cure e terapie e, soprattutto, l’approccio psicologico ed emotivo nei confronti della malattia. Certo, purtroppo non si ¨¨ mai pronti al fatto che possiamo insegnare ad un bambino e solo due giorni dopo non ritrovarlo con noi, ma dobbiamo tratte tutto ci¨° che di positivo c’¨¨ sia per i pazienti che per le famiglie che spesso partecipano e ritrovano un po’ di serenit¨¤”.
Quali temi avete trattato al convegno presso il Centro Olimpico Federale?
“Si ¨¨ trattato di un seminario tecnico-pratico con la presenza di Rabbi G.: una vera e propria operazione di condivisione con altre attivit¨¤ come ad esempio il karate integrato o la difesa personale in condizioni di disabilit¨¤. La nostra mission comune ¨¨ quella di dare l’opportunit¨¤ ai pi¨´ deboli di diventare pi¨´ forti e allo stesso tempo di insegnare a noi a vivere meglio”.
Ci sono novit¨¤ riguardo al vostro metodo?
“Dal punto di vista scientifico gli americani sono molto avanti. Rabbi G. mi ha informato che stanno sviluppando un progetto relativo alla realt¨¤ virtuale attraverso il concetto di energia: "respiro luce e butto fuori tenebre". Stanno utilizzano caschi e visori dove l’immagine della respirazione ¨¨ legata ad una variazione di colori e alla simulazione di un dojo/palestra. Tutto questo viene provato ad esempio nel momento della chemioterapia e il valore terapeutico ¨¨ davvero importante. Inoltre, sempre in America, stanno sperimentando delle app per i tossicodipendenti, quest’ultimi vengono “adottati” da un bambino di KKC che diventa una sorta di loro avatar. Il messaggio ¨¨ “hai una bestia nera dentro di te e noi vogliamo aiutarti a sconfiggerla”. Li aiutano con la respirazione e li “controllano” tramite il cellulare: se ad esempio non arriva la notifica il bambino scrive per assicurarsi che vada tutto bene”.
Quindi da pazienti diventano loro i terapisti?
“Esatto. Un punto fondamentale del nostro motto “Peace, Power, Purpose” ¨¨ proprio che siano loro ad insegnarci come migliorare le nostre condizioni, anche nei momenti pi¨´ tragici. In questi anni me ne sono sempre pi¨´ reso conto: una volta, durante una presentazione all’interno di una scuola, uno dei nostri pazienti ha letteramente preso in mano la situazione, aveva solo 9 anni ma ha spiegato a tutti come ci si deve muovere, cosa sia servito a lui, a come visualizzare il bene e in termini pratici come praticare la respirazione ed il karate. Anche al convegno ¨¨ successo: gli atleti disabili presenti hanno mostrato a tutti i vantaggi che ha donato loro la pratica delle arti marziali. ? qualcosa di emozionante”.
Chiara Soldi
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