Berruto: "In Afghanistan situazione drammatica. La morte di Mahjabin non pu¨° lasciarci indifferenti"
“Se di fronte a un dramma come questo ci giriamo dall’altra parte, che Paese siamo diventati?”. Ora che la tragedia di Mahjabin Hakimi, la pallavolista afghana uccisa dai talebani ¨¨ diventata di pubblico dominio, Mauro Berruto non accetta pi¨´ le mezze misure. L’ex commissario tecnico della Nazionale maschile di pallavolo bronzo a Londra 2012 e ora membro della segreteria nazionale del Partito democratico con delega allo sport, un mese fa era riuscito a far arrivare in Italia un’altra pallavolista e da settimane propone l’istituzione di un corridoio umanitario per aiutare queste persone a fuggire dal regime talebano. “La prima questione che credo sia giusto chiarire ¨¨ legata ai tempi: il dramma di Mahjabin si ¨¨ consumato ad agosto, forse ancor prima che i talebani prendessero Kabul ed ¨¨ stato il motivo per cui sono entrato in contatto con l’altra ragazza che ¨¨ riuscita a fuggire dall’Afghanistan”.
Nascondiglio
¡ªBerruto preferisce non entrare troppo nei dettagli delle circostanze grazie alle quali S. (la sigla con cui l’ha presentata su twitter all’indomani del lieto fine della vicenda) ¨¨ arrivata in Italia, ma spiega che tutto ¨¨ nato proprio come conseguenza della morte di Mahjabin, di cui S. era venuta a conoscenza ad agosto. “Siamo entrati in contatto grazie al giornalista Stefano Liberti che ha avuto un ruolo determinante nelle operazioni che hanno permesso alle calciatrici afghane e ad alcuni loro familiari di raggiungere l’Italia a met¨¤ agosto. Il primo contatto con S. ¨¨ datato 27 agosto, il giorno dopo l’attentato all’aeroporto di Kabul. Da quel momento sono passati 28 giorni fino al suo arrivo nel nostro Paese, determinato da una serie di coincidenze fortunate e dall’impegno di tante persone. Lei mi ha parlato della morte di Mahjabin ed ¨¨ questa la ragione per cui ha fatto di tutto per scappare. Ora, per¨°, come anche le altre ragazze che sono riuscite a scappare, non ¨¨ del tutto serena perch¨¦ ¨¨ in contatto con tante persone in Afghanistan, ¨¨ aggiornata su quello che sta succedendo e teme ritorsioni ai danni di familiari che sono rimasti l¨¬”. “Il fatto che si discuta sulla possibilit¨¤ che si sia suicidata o che sia morta per altre ragioni – prosegue Berruto – mi sembra sia il tentativo di concentrarsi sul dito, anzich¨¦ guardare la luna che quel dito sta indicando. Sono in contatto quotidiano con almeno una decina di persone che confermano quanto drammatica sia la situazione e il nostro Paese non pu¨° far finta di non vedere”. L’ex c.t. azzurro spiega che, come S., sono tante le ragazze che sperano di poter lasciare l’Afghanistan il prima possibile: “Si nascondono come animali e devono stare attente a non sbagliare il nascondiglio, altrimenti sono morte”.
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Soluzioni
¡ªE propone anche una strada per aiutarle: “? il momento di affrontare la questione con metodo perch¨¦ le soluzioni estemporanee non sono pi¨´ praticabili. L’unica soluzione che ritengo attuabile, anche in tempi brevi, ¨¨ il corridoio umanitario. Queste persone dovrebbero raggiungere una zona presidiata dai militari dell’Onu al confine e, di l¨¬, fatte uscire dal Paese. In fondo, stiamo parlando di 2.500-2.600 persone, per la stragrande maggioranza donne e bambini, che sono gi¨¤ state identificate, approvate e inserite in un’apposita lista. E ogni giorno che passa, ¨¨ un giorno in pi¨´ in cui rischiano la vita”.
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