Il 22enne romano reduce dal successo in doppio a San Pietroburgo con Fognini: "Cresciuto sulla terra, posso ancora migliorare molto. E occhio a mio fratello minore Jacopo..."
La vittoria in doppio a San Pietroburgo, accanto a Fabio Fognini (7-6 7-6 a Middelkoop e Jebavy), ¨¨ l'ennesimo buon risultato di una stagione che gli ha cambiato la vita. Una stagione che si poteva vivere in modi molto diversi. Volando con la fantasia e lasciandosi trascinare dall'entusiasmo, oppure rimanendo coi piedi ben piantati a terra e continuando a lavorare come se nulla fosse accaduto. Matteo Berrettini e il suo coach Vincenzo Santopadre hanno scelto la seconda opzione. O meglio, non hanno nemmeno dovuto scegliere. Semplicemente, hanno continuato a fare ci¨° che ¨¨ nelle loro abitudini da 8 anni a questa parte, da quando ¨¨ cominciata un'avventura tra le pi¨´ interessanti del panorama tennistico tricolore. Un'avventura che ¨¨ pi¨´ di una speranza per tutti coloro che attendono un azzurro competitivo per i traguardi pi¨´ importanti. Speranza accentuata dalle parole di un ragazzo che appare decisamente pi¨´ maturo di quanto facciano pensare i suoi 22 anni. Primo titolo Atp a Gstaad, terzo turno al Roland Garros, best ranking al numero 54 Atp. Risultati che portano inevitabilmente in un'altra dimensione.
? pi¨´ l'orgoglio o pi¨´ la pressione?
? pi¨´ l'orgoglio o pi¨´ la pressione?
“Il cammino che sto facendo – spiega Berrettini – sarebbe rimasto lo stesso, anche se non avessi vinto un Atp, se non avessi raggiunto questi traguardi per certi versi insperati. Il lavoro ¨¨ quello che ci siamo prefissati qualche anno fa con Santopadre, il mio coach: giocare sempre pi¨´ tornei di alto livello, crescere step by step. Per fortuna, o chiss¨¤ per bravura, ho una classifica che adesso mi permette di giocarli. La pressione? ? un concetto strano, spesso ce la si mette da soli. Certo la gente che sta attorno pu¨° dire la sua, ma sei sempre tu che ti lasci entrare in testa un'idea o un pensiero altrui, oppure decidi di fartelo scorrere addosso senza che lasci traccia. Io sto facendo tutto abbastanza rapidamente, e l'unico rischio che vedo al momento ¨¨ che non mi renda conto pienamente di quello che mi sta accadendo. E che sia persino troppo esigente con me stesso, una situazione che a volte non mi fa vivere bene le esperienze che affronto. Essere esigenti pu¨° aiutare perch¨¦ ¨¨ uno stimolo a fare sempre meglio, ma ogni tanto bisogna riconoscersi pure dei meriti”.
Tecnicamente, le armi che possiede sono pi¨´ da campi veloci, ma quest'anno i risultati migliori sono arrivati sulla terra. C'¨¨ una motivazione tecnica o ¨¨ un caso?
“Io mi sono sempre allenato pi¨´ sulla terra, fin da piccolo. Sono cresciuto su questa superficie e mi piace giocarci. Inoltre quest'anno ¨¨ vero che ho fatto pi¨´ risultati sul rosso, ma comunque in condizioni particolarmente rapide. A Parigi e a Roma i campi sono abbastanza veloci, a Gstaad si gioca in altura. Ho pi¨´ tempo per preparare i colpi, la palla salta alta, c'¨¨ pi¨´ margine in difesa e gli spostamenti sono diversi, meno complicati. I progressi pi¨´ importanti, senza dubbio, dovr¨° farli sui campi duri, cemento e sintetico, dove un minimo di ritardo nell'esecuzione del colpo spesso ti costa il punto”.
Vincenzo Santopadre, il suo coach, ha detto che lei ¨¨ pi¨´ di un allievo, ¨¨ una specie di figlio adottivo.
“Abbiamo iniziato otto anni fa, io ne avevo 14 ed ero quasi un'altra persona. ? stato un percorso molto bello perch¨¦ siamo cresciuti insieme, ci siamo aiutati l'un l'altro nel vivere nuove esperienze, perch¨¦ anche lui non aveva mai portato un ragazzino cos¨¬ giovane ad alti livelli. Passo molto pi¨´ tempo con lui che con i miei genitori, quindi ¨¨ a tutti gli effetti un secondo padre. ? un rapporto che ha ancora tanto da dare. Spero che possa proseguire a lungo”.
In un rapporto del genere, riuscite comunque a essere diretti quando c'¨¨ qualcosa che non funziona?
“Non sempre ¨¨ facile, ma col tempo questa cosa sta cambiando. Prima ero un ragazzino, ora sto crescendo e ho le mie idee come tutti, dunque mi prendo le mie responsabilit¨¤. ? importante che ci sia costantemente un confronto costruttivo, nel quale io avr¨° sempre pi¨´ voce in capitolo. All'inizio era pi¨´ difficile essere schietti, come tutti i giovani avevo un po' di timore nel far sentire la mia voce. Ma avevo, e ho ancora, grande rispetto e un'enorme fiducia in lui. Di certo continuer¨° a fidarmi di Vincenzo, in campo e fuori”.
Spesso ad accompagnarla c'¨¨ il tecnico federale Umberto Rianna.
“C'¨¨ un ottimo rapporto pure con lui, iniziato tre anni fa, nel 2015. C'era proprio Umberto quando raccolsi il mio primo punto Atp. ? un rapporto diverso da quello con Santopadre, per¨° siamo molto affiatati anche fuori dal campo e sento che posso fidarmi. Inoltre, cosa che non guasta affatto, Vincenzo e Umberto si conoscono bene e condividono la stessa visione dell'allenamento, c'¨¨ grande stima reciproca”.
Lei ha un fratello minore, Jacopo di 19 anni, che sta tentando di scalare la classifica. Cosa condividete?
“Sta crescendo bene, sono contento del suo percorso e dei suoi progressi. Ci dovesse essere un italiano che mi supera in classifica, spero proprio possa essere lui. Abbiamo un ottimo rapporto, ci sentiamo spesso, io sono di aiuto a lui, ma lui con la sua energia e il suo splendido carattere ¨¨ di aiuto a me quando sono un po' gi¨´ di morale. Abbiamo cominciato a giocare a tennis insieme, quando eravamo bambini e mio padre ci portava al campo, dunque ¨¨ un classico rapporto tra fratelli che per¨° ¨¨ inevitabilmente molto legato allo sport. Adesso lo vedo pochissimo, perch¨¦ ovviamente ognuno ha la sua programmazione e i calendari ci portano spesso in parti diverse del mondo. Di carattere siamo simili ma non certo uguali. Lui sa scherzare con tutti, trova confidenza abbastanza rapidamente, mentre io all'inizio sono pi¨´ timido. Fisicamente, invece, lui ¨¨ biondo e io moro, non potremmo essere pi¨´ lontani. E pure parlando di tennis, tecnicamente siamo abbastanza diversi”.
Ha aggiornato spesso i suoi sogni nell'ultimo anno?
“Qualche volta. Fare bene in Coppa Davis, o almeno giocarla e portare in alto i colori dell'Italia in un torneo del genere, ¨¨ la prima cosa che mi viene in mente. Poi ¨¨ chiaro che il tennis ¨¨ sport individuale, e non posso non pensare ai grandi tornei. Quest'anno ho giocato tutti quelli pi¨´ importanti e l'emozione pi¨´ forte l'ho provata a Roma, la mia citt¨¤. Al Foro Italico ho cominciato a vedere il grande tennis per la prima volta. Mi ricordo che nel 2007, avevo 11 anni, cercai di imbucarmi sul Centrale per vedere Federer-Volandri, quel famoso match vinto da Filippo. Eravamo sei ragazzi della scuola tennis, incuriositi dai boati che provenivano dalle tribune a ogni punto dell'italiano. Tre entrarono e tre no. Io chiaramente rimasi fuori, diciamo che la mia timidezza non mi aiut¨°...”.
Cosa pensa della nuova Davis?
“Da una parte sono dispiaciuto perch¨¦ non sono mai riuscito a giocarla nel formato tradizionale, 3 set su 5 col pubblico di casa che fa la differenza, in queste battaglie che descrivevano bene l'atmosfera della competizione. Dall'altra parte per¨° non ho nemmeno un'esperienza alle spalle per poter dire che quella nuova sar¨¤ sicuramente peggio. Sono curioso di vedere come sar¨¤. Del resto ormai i giochi sono fatti e non resta che adeguarsi. La cosa importante ¨¨ essere orgogliosi di poter rappresentare il proprio Paese, un mio sogno rimasto intatto sin da quando ero bambino”.
Obiettivi per il prossimo anno?
“Non parlerei tanto di numeri o di risultati. Vorrei continuare a fare esperienze nei tornei importanti, perch¨¦ solo in questo modo potr¨° continuare a salire in classifica e a togliermi delle soddisfazioni”.
Vincenzo Santopadre, il suo coach, ha detto che lei ¨¨ pi¨´ di un allievo, ¨¨ una specie di figlio adottivo.
“Abbiamo iniziato otto anni fa, io ne avevo 14 ed ero quasi un'altra persona. ? stato un percorso molto bello perch¨¦ siamo cresciuti insieme, ci siamo aiutati l'un l'altro nel vivere nuove esperienze, perch¨¦ anche lui non aveva mai portato un ragazzino cos¨¬ giovane ad alti livelli. Passo molto pi¨´ tempo con lui che con i miei genitori, quindi ¨¨ a tutti gli effetti un secondo padre. ? un rapporto che ha ancora tanto da dare. Spero che possa proseguire a lungo”.
In un rapporto del genere, riuscite comunque a essere diretti quando c'¨¨ qualcosa che non funziona?
“Non sempre ¨¨ facile, ma col tempo questa cosa sta cambiando. Prima ero un ragazzino, ora sto crescendo e ho le mie idee come tutti, dunque mi prendo le mie responsabilit¨¤. ? importante che ci sia costantemente un confronto costruttivo, nel quale io avr¨° sempre pi¨´ voce in capitolo. All'inizio era pi¨´ difficile essere schietti, come tutti i giovani avevo un po' di timore nel far sentire la mia voce. Ma avevo, e ho ancora, grande rispetto e un'enorme fiducia in lui. Di certo continuer¨° a fidarmi di Vincenzo, in campo e fuori”.
Spesso ad accompagnarla c'¨¨ il tecnico federale Umberto Rianna.
“C'¨¨ un ottimo rapporto pure con lui, iniziato tre anni fa, nel 2015. C'era proprio Umberto quando raccolsi il mio primo punto Atp. ? un rapporto diverso da quello con Santopadre, per¨° siamo molto affiatati anche fuori dal campo e sento che posso fidarmi. Inoltre, cosa che non guasta affatto, Vincenzo e Umberto si conoscono bene e condividono la stessa visione dell'allenamento, c'¨¨ grande stima reciproca”.
Lei ha un fratello minore, Jacopo di 19 anni, che sta tentando di scalare la classifica. Cosa condividete?
“Sta crescendo bene, sono contento del suo percorso e dei suoi progressi. Ci dovesse essere un italiano che mi supera in classifica, spero proprio possa essere lui. Abbiamo un ottimo rapporto, ci sentiamo spesso, io sono di aiuto a lui, ma lui con la sua energia e il suo splendido carattere ¨¨ di aiuto a me quando sono un po' gi¨´ di morale. Abbiamo cominciato a giocare a tennis insieme, quando eravamo bambini e mio padre ci portava al campo, dunque ¨¨ un classico rapporto tra fratelli che per¨° ¨¨ inevitabilmente molto legato allo sport. Adesso lo vedo pochissimo, perch¨¦ ovviamente ognuno ha la sua programmazione e i calendari ci portano spesso in parti diverse del mondo. Di carattere siamo simili ma non certo uguali. Lui sa scherzare con tutti, trova confidenza abbastanza rapidamente, mentre io all'inizio sono pi¨´ timido. Fisicamente, invece, lui ¨¨ biondo e io moro, non potremmo essere pi¨´ lontani. E pure parlando di tennis, tecnicamente siamo abbastanza diversi”.
Ha aggiornato spesso i suoi sogni nell'ultimo anno?
“Qualche volta. Fare bene in Coppa Davis, o almeno giocarla e portare in alto i colori dell'Italia in un torneo del genere, ¨¨ la prima cosa che mi viene in mente. Poi ¨¨ chiaro che il tennis ¨¨ sport individuale, e non posso non pensare ai grandi tornei. Quest'anno ho giocato tutti quelli pi¨´ importanti e l'emozione pi¨´ forte l'ho provata a Roma, la mia citt¨¤. Al Foro Italico ho cominciato a vedere il grande tennis per la prima volta. Mi ricordo che nel 2007, avevo 11 anni, cercai di imbucarmi sul Centrale per vedere Federer-Volandri, quel famoso match vinto da Filippo. Eravamo sei ragazzi della scuola tennis, incuriositi dai boati che provenivano dalle tribune a ogni punto dell'italiano. Tre entrarono e tre no. Io chiaramente rimasi fuori, diciamo che la mia timidezza non mi aiut¨°...”.
Cosa pensa della nuova Davis?
“Da una parte sono dispiaciuto perch¨¦ non sono mai riuscito a giocarla nel formato tradizionale, 3 set su 5 col pubblico di casa che fa la differenza, in queste battaglie che descrivevano bene l'atmosfera della competizione. Dall'altra parte per¨° non ho nemmeno un'esperienza alle spalle per poter dire che quella nuova sar¨¤ sicuramente peggio. Sono curioso di vedere come sar¨¤. Del resto ormai i giochi sono fatti e non resta che adeguarsi. La cosa importante ¨¨ essere orgogliosi di poter rappresentare il proprio Paese, un mio sogno rimasto intatto sin da quando ero bambino”.
Obiettivi per il prossimo anno?
“Non parlerei tanto di numeri o di risultati. Vorrei continuare a fare esperienze nei tornei importanti, perch¨¦ solo in questo modo potr¨° continuare a salire in classifica e a togliermi delle soddisfazioni”.
Cristian Sonzogni
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