Fu nei Giochi messicani, il 20 ottobre 1968, che l’americano Dick Fosbury riscrisse la storia di una delle specialit¨¤ pi¨´ classiche dell’atletica: vincendo la medaglia d’oro con 2 metri e 24 centimetri con il nuovo modo di saltare, dando le spalle all’asticella, conquist¨° lentamente ma inesorabilmente tutto il mondo mandando in pensione il ventrale
L’avvento del “Fosbury flop” sta al salto in alto come quello dell’automobile e dell’aeroplano al progresso dell’uomo. E anche in questo caso fu l’Olimpiade messicana ad annunciare la “scoperta”. Il 20 ottobre 1968, il futuro ingegnere Dick Fosbury venuto da Portland, Oregon, riscrive la storia di una delle specialit¨¤ pi¨´ classiche dell’atletica. Lo fa, e questo inevitabilmente aiuter¨¤ le fortune della nuova tecnica, vincendo la medaglia d’oro con 2 metri e 24 centimetri. Da allora, in pedana, nulla sar¨¤ pi¨´ come prima. Il nuovo modo di saltare, dando le spalle all’asticella, conquista lentamente ma inesorabilmente tutto il mondo. Il ventrale, allora il verbo incontrastato della specialit¨¤, va in pensione nonostante qualche ostinata eccezione (come quella dell’ucraino Volodja Yaschenko nella seconda met¨¤ degli anni ‘70) provi a tenerlo miracolosamente in vita.
Fosbury in visita alla Gazzetta. Omega
FORBICE —
La rivoluzione nasce quasi per caso, con un progressivo, quasi annoiato avvicinamento alla “scoperta”. Fosbury aveva cominciato con il ventrale combinando poco o niente nei salti di scuola per poi ripescare il vecchio salto “a forbice”. Quindi progressivamente cominci¨° a inclinare la schiena fino a raggiungere il suo equilibrio, combinando il tutto con una rincorsa curvilinea che velocizzava tutta l’esecuzione. E la novit¨¤ tecnica, whatsapp o youtube erano lontani, fu in qualche modo nascosta al mondo quasi come un’arma segreta da utilizzare solo all’ultimo momento.
DISEGNINI —
Anche se in realt¨¤ erano anni che l’ingegnere combatteva la sua personalissima battaglia con i tecnici. Che vincevano in allenamento, costringendolo al ventrale, ma perdevamo regolarmente in gara, quando Fosbury sentiva una voce di dentro che lo portava a rischiare i suoi salti apparentemente temerari. Immaginati anche a tavolino, da buon ingegnere, con dei “disegnini” di cui parlo’ subito dopo aver vinto. In realt¨¤ dei veri e propri studi di biomeccanica. Con un fondamentale alleato, per¨°: il materasso morbido, che in quegli anni aveva soppiantato sabbia e trucioli di legno, un’”accoglienza” che sarebbe stata insopportabile per gli atterraggi del nuovo stile.
LA LUNA —
Il Messico di Fosbury era cominciato davanti alla Piramide della Luna di Teochtitlan. Accadde il giorno prima della cerimonia di apertura quando il saltatore statunitense si rec¨° con alcuni amici presso il sito archeologico pi¨´ importante dei dintorni della capitale, a 40 chilometri dallo Zocalo, il centro di Citt¨¤ del Messico. I testimoni oculari raccontano che fu quel momento, l’arrivo della fiamma olimpico nel cuore della storia, la vera cerimonia di apertura dei Giochi con uno spettacolo meraviglioso pieno di danze e di colori. Che impression¨° Fosbury e i suoi compagni di “evasione” dal Villaggio. Dove torn¨° tardi, ma con un tempo sufficientemente lungo per preparare la sua gara, in programma solo il 20 ottobre. Il giorno in cui, al terzo tentativo, fece entrare nella sua storia il suo salto a gambero, forse l’”invenzione” pi¨´ celebre dell’atletica.
L’ALTRA SFIDA —
Fosbury ¨¨ tornato pochi giorni fa sul luogo del “delitto”. Oggi vive senza clamori nell’Idaho, lontano dalle metropoli e dalla fama. Dice che la sua vittoria pi¨´ grande non ¨¨ stata quella di Citt¨¤ del Messico. Ma la sfida contro la paura quando gli fu diagnosticato un tumore a una vertebra. Ha superato quell’asticella e potuto rispondere all’invito del Messico per ricordare di persona i 50 anni dalla sua impresa. Ha rivolto a un pensiero agli studenti vittime della repressione poliziesca prima dell’Olimpiade: “Sono morti per difendere i loro diritti umani”. E ha espresso tutta la sua riconoscenza e nostalgia per quella generazione di “atleti puliti” che riemp¨¬ di record e di emozioni quei Giochi. Quanto alla sua storia, a quella parte da Leonardo o da Einstein, che interpreto’ nella sua specialit¨¤, non ha molto da aggiungere a quello che gi¨¤ si sa: “All’inizio mi presero tutti per pazzo, ma poi...”.
Valerio Piccioni
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