Potremmo dire che lui era la diciassettesima corda, sul ring, perch¨Ś lo spartito della sua boxe era una sinfonia di vibrazioni, eseguita dallo strumento della sua muscolatura definita, levigata dal bulino di una grazia naturale, come se questĄŻultima potesse compensare la disgrazia di una vita che abbassava la testa ogni volta che cĄŻera la necessit¨¤ di farsi sotto; che abbassava la guardia di fronte a qualsiasi cosa che profumasse di autodistruzione. Parli di boxe e di Portorico e non puoi non pensare a Wilfredo Benitez; questa per¨° non ¨¨ la storia sua: suo era il pap¨¤ che allenava, assieme a Wilfredo, Esteban De Jes¨˛s. Nato nella citt¨¤ di Carolina il 2 agosto del 1951, la sua infanzia ¨¨ quella tipica che la maggior parte dei ragazzini portoricani figli del popolo potevano vivere, in unĄŻisola che proprio in quel decennio emetteva vagiti di urbanizzazione in un contesto ancora composto di comunit¨¤ rurali e villaggi di pescatori. La boxe, a Portorico, erano in tanti a praticarla: essere bravi non bastava, bisognava esserlo pi¨´ degli altri, per essere definiti veri pugili e non amatori.?
guantoni
Eleganza, droga, carcere e un abbraccio di pietra: la parabola triste di Esteban de Jesus
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