la storia

Sogni, morte, deserto, rapimento, l'inferno... e poi il ring per il titolo. L'Odissea di Diallo

Il pugile che combatte sabato per il titolo italiano dei pesi Super Piuma si apre con la Gazzetta: il viaggio attraverso l'Africa, i raggiri, persone trattate non come esseri viventi, fughe, un traghetto che invece ¨¨ un gommone, l'arrivo in Italia, la scoperta del pugilato. La storia di un uomo pi¨´ forte anche del destino

Giulio Di Feo
Giornalista

Mohamed Diallo ¨¨ un pugile, ha un gran record - 9 vittorie su 10 incontri, di queste 7 per ko - e sabato a "The art of fighting" all'Allianz Cloud di Milano combatte per il titolo italiano dei pesi Super Piuma contro Francesco Paparo. Ha conosciuto la boxe relativamente da poco, ma ha fatto passi da gigante anche perch¨¦ ¨¨ uno che nella vita ha sempre sognato di andare avanti, solo avanti. Accetta di raccontare la sua storia alla Gazzetta, poi chiede: "Voglio che la gente mi veda come l'uomo che sono, e per quello che sono in grado di dimostrare". Non vuole passare per debole, per il poverino di turno che ha avuto la vita difficile. No, Mohamed, non corriamo il rischio. La tua ¨¨ la storia di un uomo forte, fortissimo, pi¨´ forte del destino.?

L'INFANZIA?

"Vengo da Dabola, al centro della Guinea, nasco e cresco l¨¬ e della boxe ho solo sentito parlare: le storie di Tyson e Ali in tv, cose cos¨¬. Io per¨° voglio giocare a calcio. Sono il primo di sei fratelli, 4 maschi e 2 femmine. Mio padre fa il commerciante, non siamo ricchi, ma non ce la passiamo neanche male. La mia infanzia finisce a 13 anni, lui muore e devo diventare uomo. Da noi funziona cos¨¬, anche se c'¨¨ la mamma ¨¨ il fratello maggiore quello da cui tutti devono prendere esempio. In famiglia ci sono un po' di casini, mio padre era quello che se la passava meglio e i suoi fratelli vogliono sapere cos'ha lasciato. Alla fine dividono tutto tra loro, non ci rimane nulla. Mia madre mi dice che ¨¨ meglio che vada via, altrimenti ci avrei litigato e mi sarei messo nei guai. Mi manda in Mali, da mio cugino che vive l¨¬ da un po'".?

IL VIAGGIO?

"? il 2011, e da mio cugino imparo a fare il sarto, un bel lavoro. Ma resto solo sei mesi, in Mali scoppia la guerra civile, devo andarmene. Torno in Guinea ma non a Dabola, mi ospita uno zio che abita al confine, voglio tornarmene in Mali quanto prima. Solo che passano sette mesi, la guerra l¨¬ non finisce e io non lavoro. Ho sempre in mente una frase che mi diceva mio padre: 'Se fai il bravo a scuola e lavori bene, ti mando in Angola. L¨¬ ho un amico che pu¨° aiutarti, studierai economia e diventerai un grande commerciante'. E mi raccontava sempre di quel paese, dove si stava meglio che da noi. Era partito come un gioco, poi ¨¨ diventato una promessa. E io decido che devo mantenerla, quella promessa. Devo fare di tutto per andare in Angola. Mi sento gi¨¤ adulto, anche perch¨¦ non posso permettermi di essere piccolo, cos¨¬ decido di andarmene in Costa d'Avorio che ¨¨ un paese pi¨´ tranquillo e con pi¨´ possibilit¨¤ di lavorare. Qui inizio a fare lavori da sarto e guadagno, qualcosa mando ai miei fratelli in Guinea e qualcosa metto da parte. Verso la fine del 2013 ho 900mila franchi CFA, abbastanza per comprare il viaggio per l'Angola. Arrivo in aereo a Lagos, in Nigeria, poi l'organizzatore dice a me e agli altri 6-7 che bisogna aspettare una settimana perch¨¦ il secondo aereo, quello per l'Angola, non si ¨¨ ancora riempito. La settimana passa e lui dice di aspettare ancora, intanto ci fa stare in casa di una persona che conosce. Quando prende tempo per la terza volta capiamo che ci ha truffato e andiamo a denunciarlo, la Polizia accoglie la denuncia ma ci fa capire che non pu¨° fare nulla. Intanto quello che ci ospita inizia a chiederci soldi, ¨¨ stato fregato anche lui. L¨¬ il pensiero dell'Angola svanisce, e mi ritrovo senza un sogno e senza un centesimo. Provo a trovare lavoro ma a Lagos non ce n'¨¨. Io e gli altri mangiamo come possiamo, chi guadagna qualcosa divide con tutti. Ho tre vestiti con me, li vendo per sopravvivere. Dopo quelli, vendo il cellulare, l'unico mezzo che ho per contattare la famiglia"?

LA SCOPERTA?

"Quando non ho pi¨´ nulla sento che la mente scivola via perch¨¦ non so cosa fare. E incontro il mio primo angelo. Un ragazzo senegalese che fa parte del mio gruppo, dal suo paese la famiglia gli manda dei soldi, lui li divide con me e li usiamo per andare a Cotonou, in Benin, il posto migliore dove possiamo arrivare con quella cifra. Arriviamo e giriamo ovunque a cercare lavoro. Non ¨¨ facile, in Africa non ci sono mica i centri di impiego: devi conoscere la persona giusta, che poi si deve pure fidare di te. Ci metto settimane ma alla fine mi prendono come gelataio, poi in un panificio. In sei mesi ci do dentro e appena prendo i primi soldi la prima cosa che faccio ¨¨ comprarmi un telefono nuovo per chiamare a casa. I numeri li ho segnati su un foglio. Faccio subito quello di mio cugino in Mali, e lui la prima cosa che mi dice ¨¨ che mia mamma ¨¨ morta sei mesi fa. Praticamente appena io avevo venduto l'altro telefono a Lagos. Resto paralizzato cinque minuti, e non ci credo: ¨¨ un trucco per farmi tornare in Guinea, penso. I parenti di mia madre me l'avevano detto un sacco di volte, volevano che tornassi per farmi badare alle loro mucche, senza di me avrebbero dovuto pagare un altro per farlo.?? chiaro che vuole fregarmi, glielo dico e lui mi fa: 'Non ci credi? Chiama tuo nonno'"?

IL PROGETTO?

"Lui conferma la notizia, e mi sale una rabbia che non ho mai provato prima per non aver saputo della morte di mia madre sei mesi prima. Poi mio nonno aggiunge: 'Ora hai la vita davanti, non puoi sbagliare. Qui hai ancora una famiglia che conta su di te'. Ma questo lo sapevo gi¨¤. Mia madre e mio padre mi hanno cresciuto con questi valori: la famiglia sempre al primo posto, e io per i miei fratelli sono un punto di riferimento. Quindi devo andare avanti anche per loro, e devo farlo da solo. Cos¨¬ mi metto a pensare. In Guinea non posso tornare perch¨¦ non ho nulla e non potrei fare niente, nemmeno costruire una piccola lapide sulla tomba di mia madre. Una sua frase mi ronzava: 'Se non sei tu a fare qualcosa, chi vuoi che la faccia al posto tuo?'. Ricomincio a lavorare, e ripenso all'Angola. Accumulo i soldi per un nuovo viaggio, nel frattempo quelli che sono con me iniziano a parlarmi della Libia. Mi dicono che l¨¬ ci sono pi¨´ attivit¨¤, c'¨¨ pi¨´ lavoro, pagano bene e ti trattano meglio. Ormai ho un corpo forte, so fare tanti mestieri. Dalla Guinea mi dicono che tutti i fratelli sono divisi, inizio a sognare di guadagnare abbastanza per aprire un commercio come quello di pap¨¤, poi comprare una bella casa, e farli venire da me. Di nuovo tutti insieme, come da bambini. Cos¨¬ decido di cambiare meta: niente Angola, si va in Libia"?

IL DESERTO?

"Da Cotonou risalgo il Benin e arrivo in Niger, prima a Niamey e poi ad Agadez. Tutti quelli che vogliono andare verso il nord dell'Africa si radunano ad Agadez. Arrivato qui devi contattare un coxer, sono quelli che organizzano il viaggio, gestiscono gli autisti, radunano tutte le persone e poi fanno partire i convogli attraverso il deserto. E il deserto ¨¨ una cosa che non auguro nemmeno al mio peggior nemico. Una volta comprato il viaggio, poi devi comprare il resto. La prima cosa ¨¨ una tanica da venti litri d'acqua, essenziale. Se hai ancora soldi, dei teli per coprirti la testa e degli occhiali. Se ne avanzano ancora del cibo, ma credetemi se vi dico che non ¨¨ essenziale. Come funziona non lo sai finch¨¦ non te lo spiegano. Nella vita pensi sempre che qualcuno prima o poi possa aiutarti, l¨¬ nel deserto no. Ti mettono nel retro di un pick-up, tutti ammucchiati come i pesci al mercato, con la tanica legata addosso, finch¨¦ c'¨¨ spazio. Poi la macchina parte, e non si ferma mai. Ti devi reggere come puoi, se cadi nel deserto sai gi¨¤ che non si fermer¨¤ per farti risalire. In alcuni posti il pick-up non va e devi proseguire a piedi. Mentre cammini vedi brandelli di cadavere, le ossa di chi non ce l'ha fatta. Un inferno, un vero inferno. Per fortuna il nostro viaggio va bene, ci mettiamo tre giorni e non ci ferma nessuno, n¨¦ i predoni n¨¦ la polizia. Arriviamo a Saba e ci mettono in una di queste case che chiamano foyer".?

IL LAVORO?

"La Libia non ¨¨ come me la immaginavo, no. Saba ¨¨ un posto violento. La prima sera sento dei botti, la prima cosa che penso ¨¨ che siano fuochi d'artificio ma poi mi spiegano che sono colpi di pistola e raffiche di mitra. L¨¬ tocca pagare un nuovo viaggio per attraversare un altro deserto e arrivare a Tripoli, la capitale, dove si sta meglio. Chi ha soldi lo fa, io non ne ho quindi mi rimetto a cercare qualcosa da fare. Ogni sera ci sono sparatorie, risse, uno magari sta con te il giorno prima e quello dopo ti raccontano che l'hanno ammazzato. In tre mesi racimolo la somma che serve e mi portano a Tripoli, in un altro foyer. Qui conosco altri ragazzi, qualcuno mi parla di un viaggio verso l'Europa, ma a me proprio non interessa. Voglio sistemarmi, e se guadagno bene altro che Europa: torno indietro e me la faccio in Guinea una casa per me e i miei fratelli. Sono il pi¨´ piccolo della camerata, ho quasi 18 anni, la prima cosa che chiedo ¨¨ dove si pu¨° trovare lavoro. All'inizio me lo sconsigliano: "Giovane come sei dove vai? Rischi di farti male. Piuttosto chiama i tuoi genitori e fatti mandare dei soldi'. A me non va di dire agli altri i cavoli miei, perch¨¦ devono sapere che i genitori non li ho pi¨´? Cos¨¬ dico che non vogliono darmene e insisto, cos¨¬ mi danno un indirizzo.?? un posto che si chiama chat place, quelli che cercano lavoro si mettono in fila e chi ne ha uno da darti passa di l¨¬. Tratti il prezzo, di solito si tratta di scaricare casse o fare piccoli lavori da muratore o imbianchino, e vai. Io so gi¨¤ fare tante cose, e tante altre ne imparo. Per un mese lavoro duro, e metto da parte 700 dinari. Mi faccio due conti: se arrivo a 3.000-3.500 posso davvero tornare in Guinea e iniziare un piccolo commercio. Ci penso, e mi tengo strette le banconote".?

LA PAGINA NERA?

"Un giorno al chat place arrivano due uomini. Ci dicono che c'¨¨ della sabbia da scaricare. La paga ¨¨ buona, e in pi¨´ ci avrebbero anche dato da mangiare. Siamo in cinque: io, un maliano, un senegalese e due tunisini. Ci caricano in macchina e ci portano in uno spiazzo con un furgone e un piccolo magazzino. La sabbia ¨¨ nel furgone, dicono, intanto andate l¨¬ dentro a prendere le pale. Entriamo, e la porta si chiude dietro di noi. Quando si riapre non ci sono pi¨´ due uomini ma sei, e hanno i fucili puntati. Ci ordinano di spogliarci e dare loro tutto quello che abbiamo, soldi, oggetti, documenti. Ci fanno sdraiare, ci legano le mani dietro la schiena e ci buttano nel furgone. Vorrei reagire, ma sono armati. Vorrei urlare, ma so che nessuno verr¨¤ ad aiutarmi. I tunisini li separano, non li vediamo pi¨´. Poi il furgone si accende e si ferma dopo ore. Quando usciamo c'¨¨ solo una casa, tutto attorno sabbia e rocce, e altri uomini armati, libici, che ci mettono tutti in una camera. Hanno una divisa, forse sono militari. Vuoi vedere che ci hanno presi perch¨¦ non abbiamo i documenti in regola? Capisco che non ¨¨ cos¨¬ il giorno dopo, quando entrano in camera, con la faccia mezza coperta da un foulard. Uno di loro parla francese, dice che avremmo dovuto chiamare le nostre famiglie perch¨¦ paghino il riscatto".?

IL RISCATTO?

"A un certo punto tocca a me. Mi dicono che per essere libero i miei genitori devono pagare 3.500 dinari. Se la situazione non fosse stata disperata mi sarei messo a ridere, erano proprio i soldi che sognavo di mettere da parte per tornare a casa e mettermi a commerciare. Il traduttore mi mette in mano il telefono. Il primo numero che faccio ¨¨ quello di mio cugino in Mali, non risponde. Allora chiamo mio zio. "Ma che vai raccontando?", mi fa dopo avermi ascoltato. Pensa che stia mentendo e che voglia soldi da lui. Gli dico che gli ridar¨° tutto, ma lui continua a dire di no. Poi chiamo mio nonno, tutti quelli che conosco, ma non cambia nulla. Guardo negli occhi i rapitori: 'Non ho nessuno che pu¨° aiutarmi'. 'Chiama i tuoi genitori', fanno. "Li ho persi", rispondo. E se ne vanno. Ma ho visto cosa fanno: ti picchiano, e poi tornano qualche giorno dopo, sempre col telefono, sempre obbligandoti a chiamare tutti. Chi non vuole chiamare viene picchiato finch¨¦ non lo fa. L'unica cosa che interessa loro sono quei soldi, sperano che a furia di fare telefonate e di far sentire a casa che stai soffrendo qualcosa si sblocchi e alla fine qualcuno paghi. Alcuni li torturano, sciolgono loro una candela sulla pelle, o della gomma, o dei fili di nylon. Lo fanno con quelli che capiscono che non pagheranno mai. Provo uno sconforto incredibile, vedo persone trattate neanche come esseri viventi, proprio come pezzi di carne. Serve una forza mentale enorme, mi sforzo di restare lucido".

IL TENTATIVO?

"Passano un paio di mesi, tutti cos¨¬. Ogni tanto di notte passa una pattuglia della polizia. Vediamo i lampeggianti delle macchine, scendono, vanno a parlare con quelli che ci tengono l¨¬ e poi se ne vanno. Magari li pagano, non lo so. La prossima volta che succede, penso, pu¨° essere una buona occasione per scappare. Perch¨¦?da quell'inferno?voglio andare via, sono disposto anche a morire per provarci, questa tutto ¨¨ tranne che vita. So che nessuno pagher¨¤ per me e quindi prima o poi mi tortureranno o mi ammazzeranno lo stesso, quindi tanto vale provarci. La volta dopo infatti ci provo, mi metto a correre pi¨´ forte che posso. Intorno ¨¨ buio, ma uno che corre fa comunque rumore. E a un certo punto dietro di me sento degli spari, che mi paralizzano. Mi giro e capisco che sono colpi in aria, ma nel frattempo mi prendono. Sono tanti contro me solo, mi riempiono di botte sulle gambe e sui piedi. Oggi corro, cammino, salto, mi alleno, e ho ancora le cicatrici, magari un giorno andranno via ma quelle nel cuore no, non riuscir¨° a rimarginarle. La speranza sta per andare via, per¨° non mi ammazzano. Dopo capir¨° perch¨¦: sono uno dei pi¨´ giovani, e pi¨´ uno ¨¨ giovane pi¨´ possibilit¨¤ c'¨¨ che qualcuno paghi per lui. Dopo avermi picchiato mi danno delle medicine, mi bendano e per un po' non tornano col telefono. Incontro un altro angelo, un ragazzo che mi sta accanto, mi d¨¤ coraggio, mi ripulisce le ferite. Che dopo due settimane guariscono, e riesco a camminare di nuovo".?

IL MIRACOLO?

"Poi succede il miracolo.?? il terzo mese che sono l¨¬ e la polizia torna, tre camionette. Ma non ¨¨ come al solito, qualcosa evidentemente va storto. Partono gli spari, uno, due, i poliziotti contro i nostri rapitori. Ora o mai pi¨´, ci diciamo tra noi, ¨¨ l'occasione giusta. Siamo una trentina, e invece di correre ci allontaniamo in silenzio, camminando in ginocchio, ¨¨ notte e non ci vedono. L'idea ¨¨ buona ma dura dieci minuti, appena vediamo che l'inferno ¨¨ abbastanza lontano iniziamo a correre, all'impazzata, ognuno per s¨¦, in tutte le direzioni. A un certo punto si accende un fascio di luce forte: una macchina ci insegue e ci spara. Mi metto a correre pi¨´ veloce che posso, senza mai guardare indietro. Sento rumori di pallottole, il deserto fa eco e amplifica tutto. Intanto all'orizzonte spunta l'alba, e io a poca distanza vedo una radura. Ci arrivo e mi fermo, nascondendomi tra gli alberi, mentre attorno a me i rumori continuano. Resto immobile 3-4 ore, finch¨¦ c'¨¨ silenzio. Allora mi alzo e riprendo a correre, solo che ho un piede gonfio. Mi chino, ¨¨ inzuppato di sangue. Un proiettile mi ha colpito di striscio, la tensione e la corsa non mi avevano fatto sentire dolore, non me n'ero reso conto. Continuo comunque a correre, quando non riesco pi¨´ a correre cammino. Vado avanti, come sempre nella vita non posso fare altro. Dopo un'ora all'orizzonte vedo una strada, e delle macchine".?

L'IDEA?

"Provo a fermarne qualcuna, ma scappano via. Capirai: un nero in mezzo alla strada, coi vestiti a brandelli, ridotto malissimo, chiss¨¤ che pensano. Fortunatamente arriva il terzo dei miei angeli. Una macchina si ferma, scende un signore sulla cinquantina. 'Che ci fai qua?', mi dice. 'Mi hanno rapito', e lui non fa altre domande. Mi fa salire, e mi racconta della Libia, dice che da quando ¨¨ morto Gheddafi la situazione ¨¨ insostenibile, che non tutti i libici sono cattivi. Mi porta a casa sua, mi disinfetta la ferita, mi regala dei vestiti e dei soldi, poi mi chiede dove voglio che mi accompagni. E io mi faccio portare nell'unico posto che conosco, il chat place dove mi hanno preso. Alcuni dei miei vecchi compagni mi riconoscono e mi riaccompagnano nel vecchio foyer. L'idea di venire in Italia nasce in quei giorni, mentre guarisco del tutto quelli che sono con me mi fanno aprire gli oggi. Se non hai nessuno che possa aiutarti, vai l¨¬. Almeno in Italia c'¨¨ libert¨¤, c'¨¨ la speranza di poter lavorare e di poter fare qualcosa. Questo ¨¨ un posto senza futuro, puoi solo lavorare per sopravvivere, poi magari ti beccano e se hai la fortuna di campare ancora devi ricominciare daccapo. No, il posto giusto ¨¨ l'Italia".?

IL VIAGGIO?

"Mi rimetto al lavoro, mi servono soldi. Inizio nel chat place, ma so che l¨¬ rischio. Cos¨¬ provo ad andare in un mercato, e chiedo se hanno bisogno. Mi fanno fare piccolo lavori, carico e scarico, non prendo tanto ma almeno non rischio la vita. In sette mesi faccio 800 dinari. 200 li mando ai miei fratelli in Guinea, gli altri li metto da parte. Mi dicono che il viaggio per l'Italia ne costa pi¨´ o meno mille, ma in tanto tempo a Tripoli ho imparato che l¨¬ tutto si contratta. Vado da quelli che organizzano, e chiedo un posto per il traghetto. S¨¬, il traghetto, penso che sia quello che ti porti in Italia. Chi ha tempo di leggere i giornali o le notizie su internet? Quello mi dice che con 600 dinari non vado da nessuna parte ma io resto fermo sull'offerta e lui si ammorbidisce: non so, vediamo, se avanza un posto ti faccio sapere... Passa una settimana, e il posto c'¨¨. Una mattina arriva, mi prende e mi porta in un posto vicino al mare dove ci sono anche gli altri che devono partire. A mezzanotte ci portano sulla spiaggia. "Ma ¨¨ uno scherzo? Cos'¨¨ quella roba?", dico mentre vedo che gonfiano un gommone"?

IL MARE?

"Il gommone ¨¨ stretto e lungo, noi siamo una novantina, non ci stiamo ma ci stiamo. Molti non vogliono salire, poi capiscono che non hanno alternative: quando prendi queste strade non sei nelle condizioni di tornare indietro, perch¨¦ indietro non c'¨¨ niente. Montano un motore e partiamo. All'inizio va tutto bene, quello che guida ci sa fare, all'alba pensiamo di essere fuori dalle acque tunisine e chiamiamo i soccorsi. Prima di partire ti dicono di fare cos¨¬, in modo che poi chi arriva a salvarti non pu¨° rimandarti indietro. Ci rispondono che siamo ancora troppo lontani, dobbiamo andare ancora avanti altra e richiamare tra qualche ora. Si fa mattina, ma a un certo punto qualcosa oscura la luce del sole. All'inizio non capisco cos'¨¨, poi sento l'acqua addosso. Sono le onde che si alzano intorno a noi. L'acqua entra nel gommone, la parte davanti si spezza, stiamo affondando. Iniziamo a buttare l'acqua fuori come possiamo. Ci diamo dei turni: venti svuotano, chi si stanca ha il cambio. Intorno pianti, urla, panico, vento, spruzzi salati che ti tagliano la faccia. Poi all'improvviso la burrasca di calma ed esce il sole, ma l'acqua pi¨´ la togli e pi¨´ entra. Chiamiamo ancora, nessuno risponde. Da lontano vediamo una nave, ci dirigiamo verso di lei. C'¨¨ chi urla di gioia pensando ai soccorsi invece no, ¨¨ un mercantile. Quando ci vedono, i marinai ci fanno un video con il cellulare. Siamo nel 2015, e mi dicono che per legge si deve fare cos¨¬: devi dimostrare che stai aiutando dei clandestini prima di farlo. Quando siamo a un passo dalla nave ci buttano una cima, serve a tenere fermo il gommone mentre fanno scendere la scaletta. Ma noi non possiamo saperlo, in cinque si lanciano per afferrare la corda. Che si spezza, e finiscono in mare proprio mentre lo scafo della nave si stringe al gommone. Uno muore, un ragazzino, il pi¨´ giovane. Gli altri quattro riusciamo a tirarli su"?

L'ITALIA?

"Finalmente saliamo sulla nave, i marinai parlano con la Guardia Costiera che dice che devono portarci in Sicilia. Quando metto piede a terra mi sento rinascere un'altra volta, mi sembra di essere nel posto pi¨´ bello del mondo. Mi mandano nel campo rifugiati di Siracusa, due settimane dopo mi trasferiscono qui a Lastra a Signa, vicino Firenze, dove sono ora. Nella mia mente ho una cosa sola: ripagare l'Italia, il Paese che mi sta dando un'opportunit¨¤. Per farlo devo studiare, quando ci offrono l'opportunit¨¤ di andare a scuola mi concentro per prendere il diploma. Dopo le lezioni vado in biblioteca, se voglio imparare bene la lingua devo leggere, non basta studiare. Poi penser¨° a trovarmi un buon lavoro".?

LA BOXE?

"Il gestore della casa di accoglienza dove sono si chiama Ottorino. ? un altro dei miei angeli. Mi dice che da giovane faceva il pugile, nota il mio carattere e il mio fisico e ogni volta che mi vede mi fa 'Io ti devo portare in palestra a fare la boxe'. Gli rispondo che non ci penso proprio, semmai vado giocare a pallone. Per¨° insiste, cos¨¬ un giorno accetto, magari mi piace. Ed ¨¨ come la scintilla che accende il fuoco. Il maestro Fernando mi mette i guantoni per la prima volta e mi fa vedere come si colpisce. L¨¬ scopro la differenza tra fare a cazzotti e fare la boxe. Il primo giorno imparo tre combinazioni e mi innamoro. Meno di una settimana e faccio gi¨¤ i primi sparring. Da quella palestra non esco pi¨´. Capisco che in questo sport posso andare lontano, capisco di avere talento ma so che non basta. Per¨° mi piace la disciplina, l'impegno che serve, la boxe insegna che nella vita non c'¨¨ posto per le scuse ma solo per il mazzo che ti devi fare per arrivare dove vuoi. Al maestro faccio un sacco di domande, gli chiedo se quello che faccio va bene e mi piace perch¨¦ ¨¨ sempre sincero. Quando salgo sul ring mi diverto, e mi dico che al confronto di quello che ho passato i rischi della boxe non sono nulla. Ma non posso solo allenarmi, devo anche trovare lavoro. Sono in lista in un centro di impiego, quando mi chiamano mi propongono di fare l'apprendista carrozziere. Accetto, mi danno l'indirizzo dell'officina, vado e chi trovo? Ottorino. Aspettava un aiutante, non sapeva che gli avrebbero mandato proprio me. Lui mi ha dato i primi guantoni, i primi pantaloncini, le prime scarpe, mi ha pagato le prime visite, mi ha dato consigli su come si sta sul ring e in palestra. Adesso faccio il carrozziere, ho trovato l'amore, ho una bella famiglia e combatto per il titolo italiano.?? un'occasione che aspetto da tempo, ho un fuoco dentro che solo io posso capire. Per arrivarci ho preso botte, ho fatto sacrifici, ho speso ogni goccia di sudore. Ma se vinco non voglio che si dica che ¨¨ un traguardo, che sono quello che ce l'ha fatta. No, per me sar¨¤ solo un altro inizio. Sono fatto cos¨¬, guardo sempre avanti".

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