L'ex direttore tecnico azzurro ¨¨ tra i padri della Saslong: "Gobbe e Ciaslat da leggenda"
La Saslong in Val Gardena. Ansa
Girando per la Val Gardena d’inverno, si comprende la cultura delle sculture di ghiaccio. Cos¨¬ quando Helmuth Schmalzl dice "¨¨ una scultura di ghiaccio", parlando della Saslong, si comprende il suo amore per la pista di discesa (e SuperG, in tempi recenti) nel cuore della sua Val Gardena. Nato settant’anni fa a Ortisei, Schmalzl ha contribuito al suo mito, da atleta, tecnico, tracciatore.
radici "La mia prima gara di alto livello fu una discesa sulla Saslong, 1969". La pista era appena stata "inventata" per i Mondiali che Selva avrebbe ospitato l’anno dopo. Gli organizzatori Dellago, Demetz e Kerschbaumer scelsero la zona, Ermanno Nogler individu¨° un possibile tracciato in mezzo ai boschi del crinale che dal Ciampinoi scendeva a Santa Cristina. "La pista fu modellata sul terreno. Formata come una scultura di ghiaccio, una caratteristica che rende la Saslong specifica per le gare. I fondatori crearono un tracciato molto tecnico che si ispirava alle origini della discesa, una pista dalla vetta della montagna al paese con passaggi rischiosi nel bosco", spiega Schmalzl. Che nel 1969 ¨¨ tra i pi¨´ giovani: "Finii 10ˇă, entrai in primo gruppo: la mia carriera in Coppa ¨¨ iniziata sulla Saslong".
lei, la pista "Devi saltare 70 metri sopra le Gobbe di Cammello, infilarti a 130 orari sullo schuss o affrontare le curve di Ciaslat a tutta, per capire la Saslong. Non c’¨¨ una pista di Coppa cos¨¬". Parola del tracciatore di tutte le prove veloci di Coppa, Mondiali e Giochi per quasi vent’anni dal 1995. "Direi che i punti da leggenda sono due: Gobbe di Cammello e Ciaslat. Le Gobbe in origine erano tre salti distinti ed erano temutissimi. Poi l’austriaco Uli Spiess, nel 1980, riusc¨¬ a saltare la seconda atterrando in cima alla terza. Coraggio, velocit¨¤ pi¨´ elevate grazie ai materiali, preparazione: da Spiess in poi, via via tutti hanno interpretato le Gobbe come un passaggio unico, a patto di saltare abbastanza da superarle di slancio, altrimenti si finiva contro una gobba e dritti in ospedale. Da tracciatore, poi, la tua unica preoccupazione era portarli oltre l’ultima gobba, non mettere a rischio la salute degli sciatori. Cos¨¬ dovevi considerare la durezza della neve, il vento nei giorni di gara, l’angolatura delle porte. Con quel pensiero unico nella testa, portarli di l¨¤". L’altro passaggio ¨¨ Ciaslat, una serie di curve con ondulazioni da assorbire: "? una sequenza diabolica. Sul Ciaslat devi rischiare tutto, trovare la velocit¨¤ massima per tirare curve senza uscire. E il margine tra velocit¨¤ e uscita ¨¨ minimo. Pi¨´ in alto, invece, il passaggio da non sbagliare ¨¨ il curvone verso sinistra dopo il muro iniziale, la curva che immette sul piano prima del salto del Moro".
rispetto E se uno gli chiede quale impresa ricorda, quasi si commuove: "Quando ho iniziato a tracciare, ho imparato ad avere ancor pi¨´ rispetto per gli atleti. Una volta i campioni erano talento puro, oggi arrivano in Coppa dopo cos¨¬ tante selezioni e pressioni, che sono a un livello di perfezione pauroso. Negli anni Settanta se sbagliavi sulla Saslong arrivavi quarto. Oggi se sbagli arrivi trentesimo. Sembra si godano la neve, invece lottano aggrappati a ghiaccio vivo. Come si fa a sceglierne uno solo?".
Andrea Fan¨¬
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