Un tributo all’allenatore pi¨´ importante nella storia del calcio sovietico. Il documentario “Lobanovskiy Forever” (“Lobanovskiy per sempre”) celebra “il colonnello” Valeri Vasilievich Lobanovskiy. Un tecnico rivoluzionario. Con la Dinamo Kiev ha vinto di tutto, dominando in patria e portando il suo club sul tetto d’Europa (due Coppa della Coppe e una Supercoppa Uefa tra anni Settanta e Ottanta). La prima squadra sovietica ad arrivare cos¨¬ in alto a livello continentale.
La scheda
Omaggio al colonnello Lobanovskiy, il tecnico rivoluzionario
La vita dell’allenatore pi¨´ importante del calcio sovietico nell’opera (uscita nel 2016) del regista Anton Azarov
La vita
¡ªLa pellicola del russo Anton Azarov, uscita nel 2016, ripercorre in lungo e in largo vita di Lobanovskiy. Dalla carriera come calciatore (tra anni Cinquanta e Sessanta) ai successi in panchina, che fanno del mister ucraino il terzo allenatore pi¨´ vincente nella storia del calcio (33 trofei). La sua figura (celebre nell’Est Europa, anche perch¨¦ ha guidato a pi¨´ riprese la Nazionale dell’Unione Sovietica) ¨¨ ritratta attraverso filmati d’epoca. E raccontata grazie ad una serie di interviste a calciatori e giornalisti. Tra di loro c’¨¨ anche Andriy Shevchenko, “l’usignolo di Kiev”, che alla fine degli anni Novanta lo ha avuto come allenatore alla Dinamo. Dagli aspetti tattici del suo calcio scientifico a quelli caratteriali (Lobanovskiy era un colonnello dell’Armata Rossa dai modi duri e rigidi) e legati al rapporto con il Partito, il documentario di Azarov restituisce una visione a 360? del personaggio, morto nel 2002.
Le parole
¡ª“Lobanovskiy ¨¨ il tipo di persona di cui l’Ucraina ha bisogno nella politica moderna, a differenza di coloro che fanno promesse senza risultati - ha spiegato Azarov in un’intervista a “The Odessa Review” -. In questo senso il film ¨¨ importante, perch¨¦ mostra che c’erano persone del genere in Ucraina. Un uomo che fa o muore! ? un grande messaggio, cos¨¬ attuale al giorno d’oggi”. E poi ha aggiunto: “Mi dispiace che un maestro del suo spessore ci abbia lasciato senza fondare una scuola. Non ha avuto la possibilit¨¤ di trasformare tutta la sua esperienza in qualcosa di pi¨´ grande dei semplici giocatori in campo”.
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