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Seleccion e Seleçao, che intrecci
Sognando una finale mitica
Argentina e Brasile marciano spedite e danno spettacolo. Tra tante analogie: due allenatori ex giocatori e criticatissimi in patria, due campionissimi come Messi e Kakà ancora a secco di gol, due assetti tattici simili. Ma la strada verso l'ultimo atto mondiale potrebbe non essere così semplice...
JOHANNESBURG, 28 giugno 2010 - Botta e risposta. Negli ottavi l’Argentina segna tre reti al Messico, il Brasile il giorno dopo ne fa altrettanti al Cile, sempre a Johannesburg. La finale che i bookmakers vedono come la più probabile trova riscontri dai risultati del campo. Le Seleccion e la Seleçao non solo vincono, ma impressionano. E le analogie non si fermano qui.
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- Kakà e il c.t. Dunga. Afp
gemelli diversi — Argentina e Brasile hanno un centrocampo solido, e imperniato su un playmaker basso - rispettivamente Mascherano e Gilberto Silva - più portato a fare scudo davanti alla difesa che a impostare. Alla fantasia ci pensa un tridente di giocolieri, in attacco: da una parte Messi-Tevez-Higuain, dall’altra Kakà-Robinho-Luis Fabiano. C’è di più. Il centravanti classico, capace di far salire la squadra, ma anche dotato di piedi ragguardevoli, segna a raffica da entrambe le parti. Higuain è il capocannoniere del torneo, con 4 centri, Luis Fabiano lo insegue a una lunghezza di distanza. La seconda punta, da una parte Tevez, dall’altra Robinho, si è sbloccata alla quarta partita: Carlitos addirittura con una doppietta, mentre a Robinho solo un fuorigioco ha negato la gioia della marcatura bis. Ma non è finita, con gli elementi in comune. Messi e Kakà, i fantasisti, nonché i giocatori più attesi e carismatici di Argentina e Brasile, sono ancora a secco, sottoporta. Non che non ci abbiano provato, o abbiano giocato male. Solo che la rete non sembra volersi muovere, ai loro tiri. Probabilmente è questione di tempo: difficile scommettere contro due fenomeni così.
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- Maradona si coccola Messi. Epa
allenatori — Ma anche gli allenatori, pur profondamente diversi per passato da calciatore e personalità, hanno un tratto in comune. Sono stati entrambi duramente attaccati dai media del loro Paese. Un po’ è normale, vista l’importanza della panchina che occupano, un po’ è dovuto alle loro scelte, tecniche e non solo. Maradona ne ha combinate di tutti i colori, convocando infortunati e squalificati, lasciando a casa Cambiasso e Zanetti. E rispondendo con frasi forti (fin troppo) a chi obiettava qualcosa. Ora, e per ora, si gode la rivincita. Perché i risultati danno ragione a lui. Dunga ha avuto qualche scaramuccia con i giornalisti anche a Mondiale in corso. E ha lasciato a casa Ronaldo, Ronaldinho e Adriano. Per dire. E poi è stato accusato di essere pragmatico, poco spettacolare nel suo modo di proporre calcio. E però i risultati danno ragione pure a lui.
prospettive — Allora, è tutto scritto, si incontreranno in finale? Piano. Perché l’Argentina ora affronta una Germania giovane e sbarazzina, che ha già fatto inciampare la corazzata Inghilterra. E il Brasile sfida l’Olanda, squadra con talento in abbondanza, che ama giocare bene a pallone almeno quanto i verdeoro. Poi il calendario favorirebbe - sulla carta - la Seleçao, che avrebbe, andando avanti, Uruguay o Ghana. L'Argentina rischia invece di incrociare la Spagna campione d’Europa: insomma, il tabellone sorride di più a Dunga che a Maradona. Ma più in prospettiva che nell'immediato, perché l'Olanda è insieme proprio alla Seleccion l'unica squadra capace di 4 successi in altrettante uscite. Il Brasile può sfruttare un vantaggio tecnico: la difesa appare nel paragone più solida nei centrali e propositiva con gli esterni, mentre quella argentina è forse più "cattiva", ma meno convincente. Sfumature. Di un Mondiale che ha stentato a carburare, ma con le sfide degli ottavi ha cambiato marcia, come ritmo, gol e spettacolo. Anche grazie ad Argentina e Brasile. Che fanno immaginare una finale indimenticabile.
dal nostro inviatoRiccardo Pratesi© RIPRODUZIONE RISERVATA
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