Ventunesima tappa: cronometro di Milano Il Giro torna a concludersi a Milano, secondo la tradizione, dopo due edizioni caratterizzate dalle conclusioni di Roma e Verona. L’ultima volta che si giunse qui, nel 2009, vinse Contador: un destino che pare destinato a ripetersi. Il capoluogo lombardo abbraccia la corsa rosa che qui porta idealmente a compimento il suo percorso attraverso la storia d’Italia. Già capitale del napoleonico Regno d’Italia, dopo la Restaurazione Milano non ha più esercitato la funzione di centro politico nazionale. Ciò nonostante la città ha svolto una grande influenza sulle vicende risorgimentali e, poi, su quelle unitarie. Nel marzo 1848 qui sorsero le barricate, contro gli austriaci e a favore della causa nazionale: furono le famose Cinque Giornate, che videro una eccezionale partecipazione popolare. Cinquant’anni dopo, negli anni Novanta dell’Ottocento fu Milano a dare il colpo di grazia a Crispi e alla sua politica coloniale e, poi, ad affossare la reazione di Di Rudinì con le barricate del maggio 1898. Capitale del socialismo a inizio secolo, incarnato da Filippo Turati e Anna Kuliscioff, la città fu, dopo il primo conflitto mondiale, la culla del fascismo. Venticinque anni dopo, però, fu proprio la liberazione di Milano, il 25 aprile 1945 a segnare la definitiva fine del fascismo e della sua ultima incarnazione, la Repubblica Sociale Italiana. Anche nel corso dei sessantacinque anni repubblicani la città lombarda è sempre stata in grado di anticipare tendenze, movimenti e mode che, da qui, si sarebbero diffuse nel resto d’Italia, rimanendo senza dubbio la più europea tra le città italiane. Un auspicio che il giornale liberal-moderato “La Perseveranza” aveva avanzato nei giorni decisivi del 1859, allorché aveva indicato per la città il ruolo di New York d’Italia. Non capitale politica, ma centro economico e culturale del nuovo stato.
Paolo Zanini