Kakà salva il Brasile

La Seleçao soffre a dismisura contro l'Egitto. Passa in vantaggio con l'ex milanista ma viene raggiunta da Zidan. Luis Fabiano e Juan allungano, ma nella ripresa arrivano le reti di Shawky e ancora Zidan. Ci pensa il neo madridista a segnare il 4-3 nel recupero su rigore

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BLOEMFONTEIN (Sud Africa), 15 giugno 2009 - Quasi ci scappa il primo botto della Confederations Cup. Al Brasile serve un rigore a partita ormai tramontata (trasformato da Kakà, dopo che Al Muhamadi aveva respinto sulla linea, con il braccio, una girata di Lucio: l’arbitro Webb non l’aveva visto ed è stato avvertito con l’auricolare) per evitare una clamorosa sconfitta. La squadra di Dunga era durata un tempo e poi era finita in apnea, l’Egitto si era ritrovato al momento giusto, sapendo cosa fare quando la squadra di Dunga aveva fatto improvvisamente tilt, vittima di un inspiegabile black out lungo un minuto (e poi mai davvero superato). Tanto era bastato agli africani per farsi improvvisamente forti del calcio più micidiale che c’è, a volte: pressing, contropiede e un centravanti che sa far gol, quando è il momento.

Il primo gol di Kakà. Ap

gloria per zidan — Così, per un pomeriggio, Mohamed Zidan, 27 anni, che se la cavicchia in Germania dal 2005 e attualmente gioca con il Borussia Dortmund, segnando una doppietta che difficilmente dimenticherà, per poco non ha trovato più gloria di Kakà. Che ha illuso il Brasile con il gol dell’1-0, ma poi ha faticato tantissimo a ritrovare luce, prima del rigore del 4-3 trasformato con freddezza. Dunga aveva dato fiducia al "suo" Brasile, in pratica lo stesso che nelle qualificazioni mondiali aveva battuto Uruguay e poi Paraguay: squadra veloce e aggressiva il giusto, anche se discontinua, per affondare i colpi lì dove il c.t. sapeva che l’Egitto campione d’Africa avrebbe scoperto il fianco.

L'1-1 di Zidan. Reuters

poca luce — Ed è successo quasi subito, dopo 5’ scarsi, neanche il tempo per la squadra di Shehata di provare a contrastare con uno schieramento dal sapore antico il calcio fatto di tocchi rapidi e improvvise accelerazioni del trio verdeoro alle spalle di Luis Fabiano, targato Elano-Kakà-Robinho, ben protetto alle spalle - perlomeno nel primo tempo - dalla cerniera formata da Gilberto Silva e dal viola Felipe Melo. Dunque Hani Said staccato davanti al portiere, Gomaa in versione uomo appiccicato su Luis Fabiano e Ahmed Said e Fathi ad aspettare a turno Kakà. Accorgimenti che, come si vedrà, ben presto di sarebbero dimostrati non all’altezza: del tasso tecnico dei brasiliani e anche dei buoni tentativi del proprio reparto avanzato, che con Zidan e Aboutrika non ha mai consentito un pomeriggio di assoluto riposo alla difesa brasiliana.

Il 3-3 di Zidan. Afp

orgoglio egiziano — Ecco allora che alla prima occasione buona, su cross di Dani Alves, Kakà si è trovato un pallone soltanto da domare e portare avanti in palleggio, quasi fino in porta, approfittando dell’imprevista libertà lasciatagli proprio da Hani Said e Gomaa, in vena di svarioni. Solo un’incertezza della difesa - di solito il punto forte di Dunga - ha consentito all’Egitto di rialzare la testa, grazie alla testa di Zidan (che se la cava in Europa, con il Borussia Dortmund) puntuale su cross di Aboutrika, che con grande libertà di movimento è la variabile offensiva degli africani: Kleber nella circostanza gli lascia troppa libertà, la stessa di cui gode Zidan, considerato il ritardo di Dani Alves nel fare la diagonale, a Juan scavalcato. Illusione da poco, lunga appena 3’, perché Elano si conferma micidiale sui calci piazzati e una sua punizione dalla destra (12’) diventa un’autostrada per l’inserimento al bacio di Luis Fabiano, il centravanti da un gol a partita: Gomaa, anche nell’occasione, fa scena muta. Un po’ come Abd Rabbou al 37’: ancora un corner al veleno di Elano e stavolta, come era già successo contro l’Uruguay, la capocciata di Juan (il giallorosso era andato già vicino al gol al 24’, su azione identica) fa male a El Hadary, sempre più infuriato con i suoi.

Il rigore decisivo di Kakà. Ap

fine di un incubo — Di lì a poco sarebbe stato Dunga a dover fare altrettanto con la sua squadra, caduta in un amen in un imbuto di deconcentrazione, quasi inerte di fronte al rigurgito d’orgoglio degli egiziani. Così, nel giro di un minuto, fra il 9’ e il 10’, è maturato il clamoroso 3-3: prima con una splendida azione conclusa da Shawki con rasoiata da poco fuori area; poi con una combinazione della scatenata ditta Aboutrika-Zidan, con bacio a terra di tutta la squadra. Quello è sembrato a lungo il sigillo all’impresa, perché a quel punto il Brasile ha faticato tantissimo a trovare forza e lucidità per rimettere la testa avanti: l’ingresso di Pato aveva aggiunto molto poco, ma all’ultimo assalto c’è scappato il rigore. E la fine dell’incubo.