Messaggio politico durante la haka a Torino....

IL CASO

Messaggio politico durante la haka a Torino. In Nuova Zelanda terremoto sugli All Blacks

Roberto Parretta @ robertoparretta

"Toit¨± te tiriti o Waitangi" (portate rispetto al trattato di Waitangi) prima della danza di guerra di fronte all'Italrugby. E alla fine la squadra posa con la bandiera Maori: la politica divide il paese, tornano in mente i ricordi delle battaglie in strada degli anni '70 e '80

Un terremoto sugli All Blacks. Un terremoto nato dopo la haka di Torino. Polemiche e veleni che rischiano di provocare conseguenze clamorose in Nuova Zelanda. Una frase (Toit¨± te tiriti o Waitangi) scandita da TJ Perenara che ha guidato la haka di Torino il sasso che rischia di provocare una valanga.?Se gli All Blacks rappresentano il biglietto da visita della Nuova Zelanda e se ¨¨ anche vero che tutto il paese si riconosce unito nel supportarli, ¨¨ anche vero che per due volte in passato le loro posizioni hanno assunto significati politici e scatenato una vera e propria guerra civile, con tanto di dimostrazioni, incidenti e scontri con la polizia. Un politico, un amministratore, un qualunque altro personaggio di spicco pu¨° tradire, ma in Nuova Zelanda non ¨¨ ammissibile che a farlo siano gli All Blacks. Come accadde nel 1981, nel 1985 e come forse sta accadendo oggi.

la scelta di tj perenara

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Al momento di introdurre la haka prima della partita con l'Italia, TJ Perenara ha lanciato un vero e proprio messaggio politico di supporto al partito Te Pate Maori: "Toitu te mana o te whenua, toit¨±u te mana motuhake, toitu te tiriti o Waitangi", ovvero "Per sempre la forza della terra, per sempre la forza dell'indipendenza, per sempre il Trattato di Waitangi", frutto di un accordo fra colonizzatori britannici e i maori, ora messo in discussione in Parlamento. La scelta di Perenara ha scatenato, come era prevedibile, la reazione di una fetta della popolazione, che, seppur minuscola e facilmente riconoscibile da caratteristiche comuni (l¡¯odio verso l¡¯Islam, il supporto a Donald Trump, il sostegno a Israele), riesce a far breccia nelle minoranze di origine straniera comunque presenti nel paese, dai polinesiani, ai cinesi e molti altri.

CONTESTO BOLLENTE

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Al capitano All Blacks, Scott Barrett, avevamo chiesto alla vigilia se la squadra, nella quale ¨¨ alta la presenza di sangue maori, avesse un¡¯opinione sulle vicende che vedono la Nuova Zelanda attraversata da un moto di protesta per via del disegno di legge che vorrebbe reinterpretare il Trattato di Waitangi del 1840 tra maori e britannici, che da allora ¨¨ alla base delle leggi e della politica nel paese. A proporlo ¨¨ l¡¯ACT, un partito minore all¡¯interno del governo di coalizione di centro-destra attualmente al potere, anche se gli altri partiti di maggioranza hanno gi¨¤ pubblicamente annunciato di avere sostenuto la proposta in fase di prima lettura, come previsto dall¡¯accordo di coalizione, ma che poi nelle prossime due letture ritireranno il sostegno, impedendo cos¨¬ che si possa tramutare in legge. Questo per¨° non ha tranquillizzato la popolazione maori, che da due settimane ha avviato una serie di marce di protesta Hikoi mo te Tiriti che hanno portato circa 42.000 persone fino alla capitale Wellington. Inevitabilmente, la questione doveva essere sentita anche dagli All Blacks, che mancano ormai da un mese da casa, anche se pubblicamente il capitano lo ha negato. Ma a smentirlo ¨¨ stato proprio durante la haka TJ Perenara, che proprio a Torino avrebbe chiuso la sua decennale carriera in nazionale, dopo 89 caps. Incaricato di guidare la haka, il mediano di mischia ha appunto lanciato il messaggio politico incriminato. Apriti cielo. Ben immortalato dalle telecamere, il messaggio ¨¨ arrivato dritto a tutti i telespettatori neozelandesi sintonizzati alle 9 del mattino per seguire l¡¯ultimo impegno degli All Blacks in Europa e ovviamente, se da un lato la popolazione maori ha iniziato a esaltare il gesto di Perenara, dall¡¯altro tutti quelli che sostengono il progetto di legge hanno reagito. Campo di battaglia preferito? Twitter, o X come si chiama adesso. Al termine della partita, il gesto di Perenara ¨¨ stato ovviamente al centro delle domande dei giornalisti. ¡°Ci aveva anticipato - ha spiegato Scott Barrett - che come leader avrebbe detto qualcosa, un piccolo discorso, un wee mihi: un messaggio di unit¨¤¡±. Non ¨¨ chiaro per¨° se Perenara avesse avvertito il resto della squadra che avrebbe menzionato Waitangi.

in posa con la bandiera maori

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Anche se le foto che ritraggono diversi All Blacks a fine partita immortalati con la bandiera maori lascia pensare che ne fossero a conoscenza e d¡¯accordo. Il fatto ¨¨ che Perenara, sapendo di giocare la sua ultima partita, si ¨¨ molto probabilmente sentito libero di affrontare la vicenda politica pur indossando la maglia degli All Blacks, venendo contro quindi a quella che ¨¨ una impostazione tradizionale.

apartheid

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Il partitino di destra ACT, ovviamente, che nel nome dell¡¯uguaglianza e dei diritti uguali per tutti in realt¨¤ fomenta la reazione di tutta quella parte della popolazione, soprattutto di origine straniera, scontenta di qualsiasi cosa, sta trovando terreno fertile. In realt¨¤, scorrendo uno a uno i profili di X di chi commenta in maniera pi¨´ violenta la haka di Perenara, si notano evidentissimi segni distintivi di appartenenza a una comune ideologia. All'inizio di quest'anno, le Hurricanes Paoa hanno utilizzato un haka pre-partita per trasmettere un messaggio politico, riferendosi ai ¡°bifolchi burattini di questo governo¡± durante il torneo femminile Super Rugby Aupiki. Anche in quel momento proprio Perenara espresse il suo sostegno: ¡°Condivido quelle opinioni e ci¨° che ¨¨ stato detto. La haka ¨¨ qualcosa che noi maori utilizziamo per esprimerci, sia attraverso la celebrazione che attraverso la frustrazione. Usiamo la haka per esprimere noi stessi per qualsiasi emozione stiamo provando¡±. David Seymour, leader dell¡¯ACT, ha a sua volta replicato alla haka degli All Blacks: ¡°Mi congratulo con Perenara per la sua carriera e spero che si trover¨¤ bene in Giappone¡±, ha scritto riferendosi al contratto firmato per il campionato giapponese. ¡°Lui afferma che abbiamo tutti - nga tikanga katoa rite tahi - gli stessi diritti e doveri. E abbiamo tutti - tino rangatiratanga - il diritto all'autodeterminazione, non solo i maori. Le persone che si oppongono al disegno di legge dovrebbero spiegare perch¨¦ sono cos¨¬ contrarie al principio fondamentale dell¡¯uguaglianza dei diritti¡±. Al di l¨¤ dell¡¯appartenenza e di vicende politiche dai tratti purtroppo comuni in tutto il mondo, dall¡¯Italia agli Stati Uniti, per¨°, la questione di Waitangi e la haka di Perenara hanno risvegliato moti di protesta che da un paese sempre considerato molto pacifico e tranquillo come la Nuova Zelanda non ci si aspetterebbe. Ed ¨¨ quanto meno significativo notare che la storia legata alla politica e agli All Blacks ci racconta di due stagioni di scontri e violenze: il 1981 e il 1985-86. La Nuova Zelanda ha una lunga storia di contatti sportivi con il Sudafrica, in particolar modo attraverso il rugby. Fino agli anni '70 questo aveva portato a discriminazioni nei confronti dei giocatori maori, visto che il sistema politico dell'apartheid in Sudafrica per gran parte del ventesimo secolo non consentiva a persone di razze diverse di praticare sport di insieme: i dirigenti sudafricani pretendevano l¡¯esclusione dei giocatori maori dalle squadre che arrivavano per i loro tour e, nonostante tra i migliori giocatori neozelandesi ci fossero dei maori, questo veniva accettato. Il problema esplose finalmente fino al 1969, quando per la prima volta furono organizzate pubbliche proteste in Nuova Zelanda dal gruppo ¡°Halt All Racist Tours¡±, un movimento dominato non dai maori, come si potrebbe pensare, ma dai pakeha (i neozelandesi bianchi). Nel 1973 il previsto tour degli Springboks in Nuova Zelanda venne annullato, poi nel 1976 il governo sudafricano concesse il permesso a una squadra mista All Blacks di fare un tour in Sudafrica, ma l¡¯opinione pubblica mondiale a sostegno del boicottaggio sportivo verso il Sudafrica costrinse la federazione neozelandese a interrompere i rapporti. Nonostante questo, nel 1981 gli Springboks arrivarono in Nuova Zelanda per un tour, scatenando proteste di massa e disobbedienza civile: a quel punto, sebbene i pakeha continuassero a dominare il movimento, i maori erano divenuti assai prominenti al suo interno e ad Auckland formarono una sezione Patu per rimanere pi¨´ autonomi all'interno del movimento pi¨´ ampio. Durante e dopo il tour i maori misero in dubbio l'impegno dei manifestanti pakeha per l'uguaglianza razziale, accusandoli di concentrarsi sul razzismo in altri paesi e ignorarlo in Nuova Zelanda.

il tour del 1981

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Il tour degli Springboks in Nuova Zelanda del 1981 si svolse in un clima di enorme contestazione, tanto che la squadra fu tenuta sempre sotto strettissima sorveglianza e due partite furono annullate. Alla partita di Hamilton nella prima settimana del tour, 200 manifestanti sfondarono catene e recizioni per spargere puntine su tutto il campo e poi organizzare un sit-in sulla linea di met¨¤ campo. Da l¨¬ in poi, alle successive partite comparvero filo spinato, polizia e manganelli. La partita contro il South Canterbury a Timaru venne annullata perch¨¦ le autorit¨¤ pensavano che non sarebbero state in grado di controllare le dimostrazioni. L¡¯ultima partita divenne poi nella memoria collettiva quella del ¡°Crazy Biggles Test¡±, per via del piccolo Cessna che sorvolava il campo bombardandolo con farina, razzi e volantini. Una bomba di farina colp¨¬ alla testa e lasci¨° stordito in campo il capitano degli All Blacks Gary Knight. Il musicista Bruce Russell fu arrestato e condannato due volte come leader studentesco all¡¯Universit¨¤ di Otago. E si aprirono conseguentemente diverse controversie sul ruolo avuto dalla polizia neozelandese. Dopo quel tour, una minoranza pakeha, seppur significativa, inizi¨° a rivolgere la propria attenzione alle questioni razziali della Nuova Zelanda, in particolare ai pregiudizi bianchi e al Trattato di Waitangi.

il rebel tour del 1986

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A quel punto a diventare centrale nel dibattito fu lo statuto della federazione rugby neozelandese, tirato in ballo nel 1985: frasi come ¡°la promozione dell¡¯immagine del rugby¡± e il fatto di essere ¡°un beneficio per la societ¨¤¡± diventarono armi in mano ai contestatori quando venne proposto un tour in Sudafrica. Il ¡°rebel tour¡±. Due avvocati citarono in giudizio la federazione, sostenendo che un tour del genere avrebbe violato il suo statuto e l'Alta Corte neozelandese lo blocc¨°. Il tutto in mezzo a settimane di proteste violente nelle strade delle citt¨¤ neozelandesi, qualcosa mai visto prima, con gravissimi incidenti. I telegiornali non si occupavano di altro. Costretta a rispettare la sentenza, la federazione neozelandese tagli¨° i suoi legami con quella sudafricana e decise che non avrebbe pi¨´ inviato squadre fino alla fine dell¡¯apartheid. Il problema ¨¨ che gli All Blacks erano gi¨¤ pronti per partire, c¡¯erano state le convocazioni e quando il tour del venne annullato, all¡¯interno della squadra si cre¨° una forte spinta di ribellione. Spinta economica magari, visti gli altissimi ingaggi che erano stati loro offerti dal Sudfafrica per andare. Cos¨¬ nel 1986 nacquero i New Zeland Cavaliers, una squadra non ufficiale che contava 28 dei 30 giocatori originariamente convocati l¡¯anno prima e che vol¨° in Sudafrica per sostenere 15 inconrtri, dove spesso venne furbescamente pubblicizzata come gli All Blacks o raffigurata con la felce d¡¯argento. Ma la genesi di quella squadra e del tour viene considerata ancora oggi un punto di svolta della vita politica e sociale in Nuova Zelanda. E la prima partita di quel tour, il 23 aprile del 1986 all¡¯Ellis Park di Johannesburg, tra i New Zealand Cavaliers e gli Junior Springboks (in realt¨¤ un vero test All Blacks contro Springboks camuffato), oltre a manifestare complicit¨¤ nell'apartheid sudafricano, sanciva un punto di rottura con un'ideologia dilettantistica sempre pi¨´ insostenibile nel rugby. Uno sguardo pi¨´ attento alle magliette rivel¨° il trucco: la tonalit¨¤ era del familiare nero, ma la sacra felce argentata era diventata un logo con uno sponsor, visto che, formalmente organizzato dalla Transvaal Rugby Union, il tour ¡°ribelle¡± era stato sostenuto commercialmente subito dopo la cancellazione di quello del 1985. I giocatori erano ancora formalmente dilettanti e molti avrebbero poi giurato che il loro pagamento per il tour non era stato superiore alle 15 sterline al giorno, il massimo concesso dalla federazione mondiale. Un giornalista britannico lo chiese poi a un giocatore e ¡°quando ha smesso di ridere la mia bolletta telefonica era aumentata di cinque volte¡±. Nelle loro biografie i mediani di mischia Steve Loveridge, che ha partecipato al tour, e David Kirk, che non and¨°, parlano di compensi di circa 30-35.000 sterline, pi¨´ o meno cinque anni di paga per un neozelandese medio. L¡¯allenatore Fred Allen rinunci¨° e il ruolo venne ricoperto da Colin Meads, Ian Kirkpatrick era il manager. E la squadra, guidata dal tallonatore Andy Dalton, includeva giocatori i cui nomi risuonano leggendari ancora oggi, tra cui Loveridge, i fratelli Whetton, Wayne Shelford, Murray Mexted, Andy Haden e Grant Fox e altri come Wayne Smith e Robbie Deans che avrebbero aggiunto fama come allenatori ai loro successi da giocatori.

kirk, kirwan e brewer

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?Dei 30 giocatori convocati nel 1985, solo Kirk e l¡¯allora giovanissimo John Kirwan scelsero di non partire. Kirk, che da capitano avrebbe poi alzato al cielo la Coppa del Mondo della prima edizione nel 1987, raccont¨° il momento della partenza dei compagni di squadra di Auckland: ¡°Scapparono letteralmente dal campo, cambiandosi in jeans e maglietta senza dire una parola e salirono su un minibus militare. Dava l¡¯idea di una fuga verso qualcosa di poco raccomandabile¡±. La New Zealand Rugby Union, furibonda, rinneg¨° il tour. Il furbissimo presidente della federazione sudafricana Danie Craven, per anni sempre in bilico tra i tortuosi sentieri politici del suo paese e la realt¨¤ del rugby internazionale, di ritorno da un meeting a Londra annunci¨° che avrebbe riconosciuto il tour e assegnato i ¡°caps¡± agli Springbok per i loro quattro test con i Cavaliers-non-All Blacks. Un gesto che gli cost¨° quel briciolo di credibilit¨¤ che ancora aveva e l¡¯amicizia pluridecennale con il suo omologo neozelandese Russ Thomas. Nelle 12 partite in Sudafrica, i Cavaliers giocarono contro squadre che schierarono solo giocatori bianchi. La serie la vinsero gli Sprinboks per 3-1 e al ritorno a casa i Cavaliers, come avrebbe ricordato il vecchio cronista neozelandese Terry McLean, ¡°non furono accolti con bande, trombe, bandiere e festoni¡±. I giocatori di fronte alla commissione federale dissero di essere stati rimborsati solo per le spese: la sentenza fu una risibile squalifica di due partite. Per le due partite in questione, contro Francia e Australia, assieme e a Kirk e Kirwan vennero convocati tutti giocatori giovanissimi, la squadra venne soprannominata ¡°Baby Blacks¡± e affidata all¡¯allenatore Brian Lochore. Ma quel gruppo di giocatori costitu¨¬ la base degli All Blacks che negli anni a venire avrebbe ottenuto grandissimi successi, con tanti reduci dei Cavaliers che fecero fatica a riconquistarsi un posto in squadra e molti altri che non riuscirono proprio mai pi¨´ a rientrare. Tra i giovani a entrare in squadra e che diventarono grandi All Blacks, anche una conoscenza italiana, la terza linea Mike Brewer, prima giocatore e poi allenatore a L¡¯Aquila.

battaglie

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La storia insegna quindi che per la Nuova Zelanda gli All Blacks sono una cosa molto seria, capaci anche di determinare percorsi politici, ideologici, sociali. Per questo il gesto di Perenara e il sostegno della squadra alla causa maori viene visto come in qualcosa che va oltre. Va oltre lo sport perch¨¦ gli All Blacks in Nuova Zelanda, come abbiamo pi¨´ volte detto, non rappresentano solo una squadra di rugby. E quando si tocca la politica, oltre tutto in un momento di fortissime divisioni e contrasti, dove qualunque aspetto rischia di essere decontestualizzato e strumentalizzato, la haka di Perenara ha scatenato il putiferio. O quanto meno, ha permesso a chi porta avanti battaglie divisive, di avere uno strumento in pi¨´ da utilizzare. Difficile ipotizzare cosa realmente far¨¤ chi oggi su X annuncia di non sostenere e di non sentirsi pi¨´ rappresentato dagli All Blacks, cos¨¬ come ¨¨ al momento sconosciuta la reazione della NZRU, la federazione neozelandese, che nella sua home page in internet sbandiera il suo slogan ¡°unire e ispirare attraverso il rugby¡±. La tempesta non ¨¨ enorme come quelle degli anni 70 e 80, ma lo scenario si presenta piuttosto difficile e in qualche modo gli All Blacks dovranno uscirne. Rinnegando o sostenendo Perenara.

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