Emilio, 21enne, rappresenta la terza generazione di mediani di mischia della storica famiglia napoletana. Nonno Elio vinse 2 scudetti: “Cinquant’anni fa metteva in pratica ci¨° che oggi dicono tanti scienziati: il pallone deve essere sempre vivo”
Se l’erba cattiva non muore mai, nemmeno certi germogli del rugby scherzano. Sar¨¤ perch¨¦ ¨¨ uno sport a conduzione familiare, sar¨¤ perch¨¦ per radicarsi su certe terre bisogna avere radici profonde, sta di fatto che la presenza di un Fusco nel rugby italiano di alto livello, e con il 9, ¨¨ una di quelle piacevoli certezze che accompagnano le generazioni e i decenni.
Emilio Fusco, 21 anni, figlio di Alessandro, nipote di Elio, nella prossima stagione giocher¨¤ con il Valorugby Emilia - che ha preso il titolo dal Reggio Emilia - in Top 12, la nuova Eccellenza, dopo la parentesi della scorsa stagione nei Medicei.
Emilio Fusco a 11 anni con la Lazio
STRADA SEGNATA —
Che la sua strada fosse indicata lo si sa da un po’: cresciuto a Napoli, allenato in settimana dal padre Alessandro che ogni weekend lo portava a Roma, per giocare tra Lazio e Capitolina (“a Napoli non c’era un gran movimento rugbistico”, spiega), a 15 anni si ¨¨ trasferito per tre stagioni a Leicester nell’accademia dei Tigers, mentre a 18 anni ¨¨ passato in Francia per giocare a Massy, in Federal 1 - dove ha firmato il suo primo contratto pro’ e ha conosciuto Luciano Orquera - e ad Aurillac in Pro D2. “Quella in Inghilterra ¨¨ stata una grande esperienza - attacca Emilio -, l¨¬ ho vissuto il rugby vero, come piace a me, serio e competitivo. Nella struttura delle Accademie italiane per un motivo o per l’altro non mi hanno preso, ma a Leicester ho trovato strutture perfette. Avrei voluto restare in Francia, ma ci sono stati alcuni ritardi e alla fine ho preferito venire in Italia, ai Medicei, anche per avvicinarmi un po’ ai radar di O’Shea. A Firenze ¨¨ stata una bella stagione, Pasquale Presutti ¨¨ un grande allenatore, ma alla fine c’¨¨ stata qualche incomprensione con la dirigenza e allora ho abbracciato il progetto di Roberto Manghi a Reggio Emilia”.
MIRACOLO A NAPOLI —
Fusco ¨¨ uno dei cognomi nobili del rugby italiano, un po’ come Francescato a Treviso, Bettarello a Rovigo o Vinci a Roma. Il nonno, Elio, ¨¨ stato una delle anime dei due storici scudetti della Partenope, conquistati nel 1965 e 1966, a tutt’oggi i titoli pi¨´ a Sud assegnati nel rugby italiano. In un’epoca dominata dalle venete e da L’Aquila, attorno a Fusco e al capitano Marcello Martone, medico ed estremo, i biancocelesti costruirono un vero miracolo sportivo. Una squadra popolare, un gruppo unitissimo che attir¨° anche il giovanissimo Marco Bollesan, che si fece trasferire dall’Italsider di Genova a quella di Bagnoli per poter giocare in quella squadre. L’epopea della Partenope e il sostegno che godeva nella citt¨¤ furono immortalate anche da una copertina della “Domenica del Corriere”, realizzata da Walter Molino.
La copertina della “Domenica del Corriere” dedicata alla Partenope
GRENOBLE 1963 —
Elio Fusco in quegli anni collezion¨° anche 11 presenze in nazionale. Il ricordo di una in particolare gli rimarr¨¤ sempre addosso. Grenoble, 14 aprile 1963, Francia-Italia: gli azzurri sfidano i vincitori del Cinque Nazioni, vanno subito in meta con “Lollo” Levorato, a cinque minuti dalla fine sono avanti 12-3. Poi, nel finale, le mete di Dupuy (trasformata) e Darrouy che ribaltano il risultato, 12-14 (allora la meta valeva 3). Una delusione enorme e un appuntamento con la storia rimandato, perch¨¦ l’Italia dovr¨¤ attendere altri 34 anni, e dovr¨¤ tornare ancora nel fatale campo di Grenoble, prima di battere per la prima volta la Francia in un test match.
DI PADRE IN FIGLIO —
“Pap¨¤ parlava sempre di quella partita - ha ricordato qualche anno fa il figlio Alessandro in un’intervista a “Il Roma” -. Era un maniaco della tecnica individuale, passavo ore e ore con lui sui dettagli, per capire come mettere le dita sotto al pallone. E poi era moderno, aveva capito l’importanza della continuit¨¤ del gioco, di non far morire la palla, di farla vivere il pi¨´ possibile”.
Elio Fusco negli Anni Sessanta
Se nonno Elio non aveva mai lasciato Napoli, Alessandro negli Anni Ottanta si ¨¨ mosso, ha inseguito il rugby di vertice, ha giocato mediano di mischia per la prima Benetton e per il Milano. In Nazionale ha giocato quattro volte, contro Inghilterra under 23, Romania, Tunisia (2) e Francia A1. Ora tocca ad Emilio portare avanti una saga che dura da pi¨´ di 50 anni.
IL NONNO E GLI SCIENZIATI —
“Diciamo che non ho avuto una gran scelta per il ruolo - scherza il 21enne -, ma sono caduto bene, mi ¨¨ sempre piaciuto fare il mediano di mischia. Non mi sono goduto nonno quanto avrei voluto, lo ricordo sincero e diretto. Di certo, per¨°, aveva capito e ha sempre messo in pratica ci¨° che tanti scienziati adesso dicono: il pallone deve essere sempre vivo, in movimento. Io, come lui, spero di lasciare un’impronta, magari anche in Nazionale”.
Simone Battaggia
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