Jonas Valanciunas, protagonista in Summer League. Ap

Con i Golden State Warriors a scrivere il proprio nome in un albo d'oro nuovo di zecca, la decima edizione della Summer League di Las Vegas, la prima con un vincitore, ha lasciato in dote parecchie sensazioni, ovviamente tutte parziali perché quello che accade d'estate non si ripete necessariamente nella stagione regolare Nba, anzi. La formula a tabellone ha premiato le due squadre meglio organizzate, i Warriors con un discreto nucleo dall'affiliata Santa Cruz della D-League e i Suns con quattro giocatori di rotazione Nba già testati, ma alla fine il sale della competizione è comunque un po' sceso, con tante defezioni dei migliori dopo la prima fase. Nel quadro generale, ecco chi è andato bene e chi no.

LE SORPRESE — Dominante è l'aggettivo maggiormente accostato a Jonas Valanciunas nel corso di una Summer League che ha chiuso da Mvp. Non tanto per i numeri (19 punti e 10 rimbalzi di media), quanto per le sensazioni date dai progressi del lituano. A partire da quello fisico, nella parte alta del corpo, che gli dà maggior fiducia e aggressività nell'attaccare il canestro con l'uso di finte, piede perno e gancio. Poi quello mentale: cercato dallo staff di Toronto in tante situazioni, ha letto bene i raddoppi, non perdendo mai il controllo e convertendo i liberi con l'88%. Miglior giocatore della squadra vincitrice, Kent Bazemore è invece un po' il simbolo della Summer League: da panchinaro sventola asciugamani a potenziale addizione della rotazione dei Warriors, il responso lo darà la regular season. Intanto, ha fatto vedere di non esser più solo un atleta-difensore: ha ricostruito il suo arresto e tiro (18.4 punti di media) e sa giocare il pick and roll con creatività, caratteristica che lo rende candidato a cambiare anche il play in una squadra che vuole segnare punti facili in transizione. Per chi ha perso Jarrett Jack, una buona notizia. CJ McCollum è uno dei rookie usciti meglio da una Summer League che ha chiuso a 21 punti di media. E' un giocatore che sa creare, per sé e per i compagni, perché ha primo passo veloce, ball-handling e senso del canestro: in 5 gare non è mai sceso sotto i 15 punti. Da verificare la compatibilità con Damian Lillard, ma aldilà dei 20 tiri presi di media sembra tutt'altro che un giocatore egoista.

LE DELUSIONI — Solo McLemore aveva su di sé maggiori attenzioni di Shabazz Muhammad fra i rookie. La guardia di Minnesota ha confermato il perché: il potenziale di esterno fisico, con punti nelle mani e capacità di essere efficace anche dal post basso, è lì da vedere. Ma è sostanzialmente un attaccante, e ad un livello come questo ha chiuso a 8.5 punti di media col 41% dal campo. Chris Douglas-Roberts si giocherà un posto al training camp dei Lakers, e magari riuscirà anche a fare la squadra. A Las Vegas però ha passato la mano un'altra volta: 8.6 punti col 34% dal campo, il 18% da tre: il tiro da fuori è la sua vera lacuna, ma quando accende avrebbe il talento per essere fra i migliori di una Summer League. Non che ci fossero particolari aspettative su Josh Selby, ma passare in un solo anno dall'essere co-Mvp con Damian Lillard a mettere assieme 2 punti di media col 15% al tiro, se non è un record poco ci manca.

DA RIVEDERE — Ben McLemore, ovviamente: la prima scelta dei Kings è stato senza dubbi il più discusso e il più discontinuo. 26.5 punti di media nelle due partite migliori, 26 in totale col 18% dal campo nelle altre tre, fa specie che non abbia sempre trovato ritmo in quella che è la sua specialità, il tiro. Da capire se sia un fatto mentale o di situazioni, perché quando l'ha avuto, e vi ha unito le doti atletiche (vedi la schiacciata contro Atlanta), è stato semplicemente di un altro livello. Luci ed ombre anche per Dion Waiters, che ha chiuso alla grande con i 27 punti contro San Antonio ed ha impressionato per la capacità di costruirsi il tiro in avvicinamento, ma non ha convinto per il tiro da fuori (15%) e per un atteggiamento non sempre sul pezzo, specie dal punto di vista difensivo. Con Mike Brown un aspetto necessariamente da curare. Dopo i primi due giorni, Andrew Goudelock era senza dubbio l'Mvp della Summer League, poi i suoi numeri sono calati, anche per una selezione di tiro non irreprensibile: il “MiniMamba”, come lo chiamò Kobe Bryant, resta una guardia sottodimensionata che sa fare canestro in tanti modi, e che quando si accende può produrre tanto in pochi minuti. Ma troverà la sua collocazione Nba?