MJ ha costruito la sua leggenda a Chicago, con cui ha vinto tutto. Ma ¨¨ diventato un’icona che va ben oltre i confini del parquet
Michael Jordan nel 1987. Ap
C’¨¨ un prima e dopo, in Nba e nel basket in generale. Un prima di Michael Jordan e un dopo Michael Jordan. Perch¨¦ MJ ¨¨ stato il pi¨´ forte di tutti, l’alieno tra gli umani, il migliore ad aver mai giocato. E’ diventato mito, leggenda non solo sul campo da basket, un’icona globale dell’Nba che, dopo il 1992 e la miglior squadra mai assemblata (il Dream Team che incant¨° alle Olimpiadi di Barcellona), usciva dai confini Usa per diventare mondiale. Jordan ¨¨ stato il volto di quella espansione, con i suoi voli e le sue giocate impossibili che ancora incantano generazioni di appassionati e sono il modello per tanti professionisti. Chicago ¨¨ stato il suo regno, la canotta dei Bulls col numero 23 la seconda pelle che si ¨¨ cucito addosso. Jordan ha imparato dai suoi errori come si diventa leggenda, come si passa dall’essere un fenomeno che perde da solo al migliore di tutti che trascina la sua squadra al titolo, a diventare una dinastia. Aveva attorno dei fenomeni (Phil Jackson in panchina e Scottie Pippen in campo su tutti), che per¨° accanto a lui sembravano normali. E anche se adesso che ha smesso si ¨¨ comprato gli Hornets, i Bulls resteranno per sempre la sua squadra.
l’inizio —
Jordan entra in Nba nello storico draft 1984, terza chiamata assoluta dopo aver trascinato la sua North Carolina al titolo. E’ un fenomeno prima ancora di cominciare, un’icona che deborda i confini del campo anche per quella sneaker griffata Nike messa al bando perch¨¦ colorata che diventa immediatamente di culto. Anche se MJ ¨¨ rookie dell’anno, la prima rivelazione del Messia del basket arriva due anni pi¨´ tardi, in una sfida di playoff contro i Boston Celtics in cui, parole di Larry Bird, in campo scende “Dio travestito da Michael Jordan”. E’ il 20 aprile 1986, al Garden si gioca gara-2 della serie del primo turno. Jordan, che aveva saltato buona parte della stagione per la frattura di un piede, imperversa con 63 punti. I Bulls perdono 133-131 dopo due supplementari e vengono spazzati via nella serie. Nessuno se lo ricorda: nella storia quella resta la partita in cui Dio si travest¨¬ da Jordan. La prima tappa verso la grandezza.
il momento top —
Jordan ¨¨ stato irraggiungibile per chiunque praticamente per gli interi Anni Novanta, decennio aperto con la consacrazione del suo primo titolo nel 1991 , fino a The Last Shot, la magia con cui ha consegnato ai Bulls le Finals del 1998 contro i Jazz e il loro sesto titolo. Quella giocata, forse anche perch¨¦ l’ultima della sua straordinaria leggenda, ¨¨ probabilmente quella che pi¨´ di tutti ¨¨ rimasta iconica in una carriera costellata di magie. E’ il 14 giugno 1998, gara-6 delle Finals. Jordan comincia l’azione decisiva rubando palla nella propria area a Karl Malone, poi si lancia verso il canestro avversario, manda al bar Bryon Russell con una finta e scaglia il canestro che vale il titolo. E il suo sesto premio di mvp delle Finals. “Credo che quello sia stato il momento che ha definito la mia carriera a Chicago” racconter¨¤ poi MJ.
Michael Jordan, oggi 55 anni, con la maglia dei Bulls nel 1998. Ap
l’addio —
L’anno e mezzo perso per il baseball, seguito alla morte del padre, ¨¨ una parentesi che ha restituito alla Nba, nel marzo 1995, un giocatore ancora pi¨´ forte del fenomeno che aveva lasciato nell’autunno del 1993. Dopo sono arrivati altri 3 anelli, sempre da mvp delle Finals, e tre mvp. Il vero addio a Chicago ¨¨ stato dopo il titolo del 1998, quello che ha chiuso un’era. Jordan ¨¨ tornato, con la maglia di Washington di cui era stato dirigente, sull’onda emotiva seguita all’11 settembre 2001. Non era pi¨´ il migliore di tutti, ma era sempre Jordan, il migliore ad aver mai giocato. Il suo ultimo anno, il 2002-03, si trasform¨° in un lungo arrivederci al campione pi¨´ grande che l’Nba abbia avuto finora.
i numeri —
Jordan ¨¨ il re di Chicago praticamente in ogni statistica, a cominciare dai punti in carriera, 29.277 con la maglia dei Bulls (diventati poi 32.292, il quarto migliore di tutti i tempi). MJ con Chicago ha giocato 930 partite, dal 1984 al 1998 (saltando tutto il 1993-94 per giocare a baseball e rientrando per le ultime 17 partite nel 1995). Ci aggiunge 179 apparizioni e 5987 punti nei playoff (era il leader all-time fino al sorpasso di LeBron James dello scorso anno).
i trionfi —
Elenco lunghissimo: 6 anelli (1991, 1992, 1993, 1996, 1997, 1998), 6 mvp delle Finals, 5 volte mvp (1988, 1991, 1992, 1996, 1998), Rookie dell’anno nel 1984-85, miglior difensore nel 1987-88. E poi: 14 volte All-Star (tre volte mvp), 11 volte in un quintetto All-Nba, 10 volte miglior realizzatore, 9 volte in un quintetto difensivo. Hall of Famer. Semplicemente, il migliore ad aver mai giocato.
Davide Chinellato
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