La grinta, anche oltre i limiti, di The Big Ticket ha regalato a Minnesota 12 stagioni da protagonista. KG versione capobranco si ¨¨ preso un mvp. L’arrivederci nel 2007, destinazione Boston, il ritorno nel 2015 per fare da mentore a Towns
Kevin Garnett da Wolves ha vinto l’mvp 2004. Ap
I playoff, a Minneapolis, mancavano addirittura dai suoi tempi. Dovrebbe bastare per capire perch¨¦ Kevin Garnett ¨¨ l’uomo franchigia di ogni epoca dei Timberwolves. Gli anni di gloria, quelli in cui in citt¨¤ non si parlava solo di Vikings (adesso persino le Lynx di Wnba sono pi¨´ popolari), al Nord sono stati griffati da Big Ticket. Certo, sono stati pi¨´ i sogni fatti di quelli realizzati. E la coppia con Stephon Marbury ¨¨ scoppiata troppo presto. Due ego spropositati. La point guard di New York, raccontano qui i bene informati, non voleva essere seconda a Garnett n¨¦ come ruolo in squadra n¨¦ come stipendio. E quindi se n’¨¨ andata. Certo, i trionfi sono mancati. Ma Garnett ha fatto il possibile, ha fatto meraviglie. Dominando sui due lati del campo. Energia, ferocia agonistica, atletismo. E mani morbide. Poi magari l’eccesso di combustibile interno ogni tanto mandava in tilt la caldaia: ha steso a botte Nesterovic, Szczerbiak e Rickert, tutti… suoi compagni di squadra. Aveva un modo unico e discutibile d’essere leader, d’alzare l’asticella di rendimento per i compagni. Ma i Wolves con lui capobranco hanno fatto paura. Per ritrovare questo tipo di “testa” da queste parti hanno dovuto aspettare Butler. E puntuale ¨¨ tornata la post season…
l’inizio —
La storia inizia al Draft 1995. Toronto, Canada. Con la chiamata numero 1 Golden State chiama No Ordinary Joe Smith. Che diciamocela tutta, magari non si riveler¨¤ ordinario, ma neppure straordinario quanto imporrebbe una prima scelta assoluta. E il cui destino pi¨´ avanti si sarebbe comunque intrecciato con Minnesota: ai Wolves per uno scandalo salariale sarebbe costato tre prime scelte. In Canada i Wolves non sbagliano: con la scelta nˇă5 chiamano quel ragazzone lungo lungo, smilzo da Farragut Academy. S¨¬, niente college per Garnett. Allora si poteva fare il doppio salto, e i suoi voti erano rivedibili. Meglio con la palla in mano e un canestro davanti. Minny scommette sul suo potenziale, che si rivela persino migliore delle attese: se lo godr¨¤ per 12 stagioni filate.
momento top —
La stagione 2003-04 ¨¨ magica, per KG. Vince l’mvpad oltre 24 punti di media, quasi 14 rimbalzi a partita, il migliore sotto le plance della lega. I risultati di squadra vanno di pari passo: con Cassell e Sprewell di fianco Garnett ha finalmente rinforzi adeguati. Arriva la finale di Conference, contro i Lakers. Ma Sam I am si fa male (schiena) e i sogni di gloria svaniscono assieme a lui. Obiettivo Finals rimandato.
l’addio —
Gli anni dal 2004 al 2007 sono di frustrazione. La grande occasione ¨¨ passata, Minny non gioca neanche pi¨´ i playoff. Il 21 luglio 2007 Garnett viene scambiato con Boston, che per lui svuota tutto: Al Jefferson, Gomes, Telfair (presunto nuovo Marbury), Gerald Green (quello di Houston), Ratliff, la prima scelta di Boston e quella di Minny che era passata ai C’s. Garnett vuole vincere, Minny rifondare. Non ¨¨ un addio: il Bigliettone torner¨¤ al Nord a chiudere la carriera, nel febbraio 2015. Giocher¨¤ sino al 2016, dicendo basta dopo 21 stagioni.
numeri —
15 volte All Star, con Duncan e Malone compone il podio (l’ordine decidetelo voi) delle ali grandi migliori di sempre. Nella storia Wolves ¨¨ primo per punti segnati, rimbalzi, stoppate, assist, palle rubate e naturalmente minuti giocati. Per Minnesota ha segnato 19.201 punti.
trionfi —
Sono arrivati con Boston. O meglio, n’¨¨ arrivato uno. L’agognato anello di campione, nel 2008, accanto a Pierce, Allen e Rondo. Chiss¨¤ che Minny non sfrutti l’effetto Garnett per ottenerne uno proprio, quello sfuggito al Big Ticket: a fine carriera ha fatto da mentore a Towns, pietra miliare di franchigia. Ma l’intensit¨¤ caratteriale dei due ¨¨ diversa quanto il giorno e la notte…
Riccardo Pratesi
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