La preparazione, l'attesa e le scelte del tradizionale appuntamento con la scelta delle nuove leve. Il racconto della giornata vissuta dal quartier generale dei Minnesota Timberwolves
AFP
Ve lo siete mai domandati come si vive il Draft nella citt¨¤ e nel quartier generale di una franchigia Nba? Beh, proviamo a spiegarvelo noi. Qui a Minneapolis i Wolves, per una volta dopo troppi anni non avevano una scelta di Lotteria grazie alla storica qualificazione per i playoff 2018 targata Jimmy Butler. Ma un view party era comunque previsto a downtown, centro citt¨¤, fermata di metropolitana Target Field, di fronte allo stadio di baseball e a pochi passi dal Target Center, casa dei Lupi. Poi c’era l’appuntamento per i media a Mayo Clinic Square. Al quartier generale di franchigia. Incastonato nella Skyway, i tunnel coperti in cielo che collegano i grattacieli di Minny riparando dal freddo chi vive e lavora qui, d’inverno. Dal campo d’allenamento al Target Center sono appena 3’ a piedi sospesi per aria: si entra all’Arena senza mai dover uscire dal groviglio di palazzi. La palestra dove in mattinata s’erano allenate le Lynx di Wnba di Cecilia Zandalasini ha ancora le sedie e il palco apparecchiati in un angolo per la conferenza con la quale Thibodeau, Coach e Presidente di franchigia, appena 24 ore prima aveva introdotto i piani in prospettiva Draft. “Ci serve difesa, esterni duttili capaci di giocare da 2/3/4, e tiro”.
le segrete wolves —
Una porta separa la palestra dalla sala stampa. Aperta per il Draft dalle 17 ora locale, un’ora e mezza prima dell’inizio Draft a Brooklyn. Alle 17.30 puntuale arriva la pizza. Che rasserena gli animi dei circa 25 giornalisti locali. Gli addetti stampa Wolves fanno presente che hanno allestito un’altra sala usata per media day e riunioni dirigenziali, con tanto di maxischermo. Cos¨¬ un’ala media trasloca. Poi, finalmente, inizia il Draft. Ayton a Phoenix non sorprende nessuno. La trade Atlanta-Dallas ¨¨ il primo sussulto. Si sprecano i commenti pro Doncic, e persino qualcuno da caserma sulla mamma dello sloveno, la cui avvenenza non ¨¨ passata inosservata. I vestiti dei giocatori attirano le attenzioni, ma ancor di pi¨´ i tweet di Wojnarowski, il cronista di Espn che (come Yahoo) s’era accordata con TNT per non anticipare le scelte del Draft rovinando la suspense agli spettatori. La tregua dura poco. Woj anticipa le prime sei chiamate qualche ora prima del via, poi ricomincia pick per pick, come suo solito, semmai con giri di parole mirate, dal “X preferisce” al “Y non resiste” al “Z punta il laser su” che aggirano il divieto di scoop, ma raggiungono comunque lo scopo. C’¨¨ chi ride, e chi ride amaro. Come Porter, che scivola nel Draft per colpa della schiena. Qualcuno comincia a chiedersi se magari pu¨° scivolare sino alla 20, la chiamata di Minny. Niente da fare. Lo prende Denver.
la scelta dei lupi —
Quando tocca ai Wolves scegliere, i grandi nomi sono gi¨¤ tutti accasati. Qualcuno invoca Grayson Allen, personaggio controverso, ma conosciutissimo da Duke, che Utah invece chiamer¨¤ con la scelta successiva. Minny seleziona Josh Okogie, secondo anno da Georgia Tech. Nome non esattamente celeberrimo, persino per chi ha fatto i “compiti a casa”. Ci si guarda, ci si confronta, giusto per mettere assieme un identikit decente, buono per le domande successive. Il suo profilo richiesto: fisico, atletico, difensore. Ma carneade. Un 45’ dopo la scelta Okogie ¨¨ infatti disponibile per l’intervista collettiva telefonica, in viva voce. "Faccio fatica a parlare – racconta, ancora emozionato mentre su Twitter gira il video del suo festeggiamento post chiamata - . Quando Thibs mi ha telefonato ero ad Atlanta con famiglia e amici. Lui ha detto “Ciao Josh” e non ho capito pi¨´ nulla. Tutti hanno cominciato a urlare, piangere. Ho capito che Thibs ha parlato di difesa. Io far¨° tutto quello di cui la squadra ha bisogno”. Si torna a guardare la tv, sino alla chiamata numero 48. Minny sceglie Keita Bates-Diop. Giocatore dell’anno della Big Ten. “Scivolato” dopo le proiezioni da primo giro. Qualche sorriso soddisfatto appare, ora. La lavagna double face, da scuola elementare, coi nomi delle squadre e le 60 chiamate da compilare, si riempie coi prescelti. Tempo di scrivere/registrare i pezzi: ci sono Fox Sport, Espn Radio, The Athletic e lo Star Tribune, il giornale cittadino. Ma prima serve l’ultima parola di Thibs e del General Manager Layden.
parla thibs —
Compaiono in palestra, spuntati da qualche ufficio dei piani alti, prendono posto sul palchetto. Niente Barclays Center. Hanno gestito il Draft “da casa”. Layden spiega che a Minny sono arrivate proposte per arretrare come posizione, al primo e al secondo giro, ma che ha resistito alle lusinghe. E che Okogie e Bates-Diop avevano impressionato Minny durante i provini, entrambi visionati individualmente, con tanto di “interviste”. Thibodeau per una volta sorride soddisfatto: si stupisce che Bates-Diop fosse disponibile alla 48. “Era in lizza per la chiamata numero 20”. E’ l’una di notte quando il cronista italiano lascia la sala stampa. Dopo 8 ore di full immersion Draft. In tempo per sentire la provocazione di un collega che ancora picchia sui tasti del computer: “Non ¨¨ che la seconda scelta ¨¨ migliore della prima?”. La risposta ce la dar¨¤ il parquet. Il Draft porta speranze e – talvolta – illusioni. Per la realt¨¤ ci sar¨¤ tempo.
Riccardo Pratesi
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