“Abbiamo chiuso il Boston Garden, battuto i Bulls di Michael Jordan, piegato i Pacers di Reggie Miller in gara-7. Poi siamo arrivati alle Finals e ci siamo fatti sfuggire il titolo. Ma quel gruppo era davvero speciale”. C’¨¨ una lacrimuccia appiccicata sull’occhio destro di Nick Anderson quando, poco prima della finale maschile del Jr. Nba Global Champiosnhip, ricorda quello che ¨¨ stato. Quello che avrebbero potuto essere i Magic 1994-95. Quelli di Shaquille O’Neal e Penny Hardaway, quelli di Horace Grant. Quelli che colsero di sorpresa l’Est e sfidarono i Rockets campioni in carica di Hakeem Olajuwon e Clyde Drexler. I Magic di Anderson, che in quei playoff stuzzic¨° Michael Jordan (“Il 45 non ¨¨ come il 23” gli disse dopo uno degli incroci nel secondo turno playoff) e si ritrov¨° inseguito per gli anni successivi dagli errori in lunetta alle Finals. Ma per Anderson, che di quei Magic era uno dei talenti oltre che un veterano, quella resta un’esperienza indimenticabile.
La storia
“I miei Magic con Shaq e Penny Hardaway: ecco perch¨¦ eravamo speciali...”
Nick Anderson ripercorre la cavalcata di Orlando fino alle Finals 1995. “Quel gruppo era speciale”
penny&shaq
¡ªErano i Magic di Penny e Shaq, uno dei gruppi pi¨´ intriganti diventato poi uno dei “cosa sarebbe successe se…” della storia recente Nba. O’Neal, allora 22 anni, domin¨° la regular season 1994-95 a 29.3 punti e 11.4 rimbalzi di media. “Era un fenomeno vero - ricorda Anderson -. Lo avevamo preso con la prima scelta al draft del 1992, e nessuno aveva il lusso di costruire il proprio futuro su un talento di 216 centimetri”. Penny Hardaway, che Orlando prese scambiando la prima scelta assoluta 1993, Chris Webber, in quella stagione ci aggiunse 20,9 punti e 7,2 assist a partita. “Era una point guard di oltre due metri con potenziale da All Star” ricorda Anderson del play allora 23enne. Dopo i due fenomeni e dopo Horace Grant, arrivato nell’estate 1994 da Chicago coi tre anelli vinti coi Bulls come biglietto da visita, c’era proprio lui, Nick, la prima scelta mai fatta da Orlando ad un draft, quello del 1989 che diede inizio alla storia Nba dei Magic. Anderson faceva coppia nel backcourt con Hardaway, producendo 15.8 punti a gara e tirando col 41.5% da tre in oltre 5,7 tentativi a partita.
lo scoglio
¡ª“Eravamo un gruppo giovane, con un’et¨¤ media bassa - ricorda Anderson -. Ma avevamo anche i veterani giusti, come Horace e Brian Shaw, che aveva giocato e vinto coi Celtics di Larry Bird. Penso che nessuno si aspettasse che un gruppo giovane come il nostro riuscisse a fare cose simili”. A colpi di magie di Shaq e Hardaway, quei Magic sorprendono e volano fino alle Finals, dove per¨° vengono travolti 4-0 dai Rockets. “Vero, abbiamo perso 4 partite su 4, ma ricordo che in entrambe le partite in casa (le prime due della serie, ndr) abbiamo avuto vantaggi superiori a 20 punti. Quelle rimonte per¨° hanno cambiato tutto. Quei Rockets erano una grande squadra con un grande coach, Rudy Tomjanovich. Avevano tanti grandi giocatori: Olajuwon, Drexler, Robert Horry, Sam Cassell, Mario Elie. Quella squadra si ¨¨ meritata tutto: erano un fantastico gruppo di veterani con tanta esperienza”.
niente rimpianti
¡ªSe i Rockets hanno vinto meritatamente il secondo titolo della loro storia, ai Magic resta il rimpianto di essersi fermati sul pi¨´ bello. L’anno dopo vinsero 60 partite in regular season ma si arresero ai Bulls di Jordan in finale di conference, prima dell’addio di Shaq nella free agency 1996 che chiuse l’era di quei Magic. “Si impara pi¨´ dalle sconfitte che dalle vittorie. E io da quella sconfitta ho imparato a rispettare ancora di pi¨´ il gioco. E questo per me significa tanto. E’ stato un momento indimenticabile e il gruppo di giocatori con cui ho giocato era semplicemente speciale. E poi non sono in molti, nello sport in generale, a dire di aver giocato per il titolo”. Anderson ci ¨¨ riuscito. E ha contribuito a far avere a quei Magic un posto nella storia.
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