Damian Lillard, 22, play dei Blazers. Us Presswire

Damian Lillard in regia, Bradley Beal e Dion Waiters sul perimetro, Andre Drummond e Anthony Davis vicino a canestro. Sarebbe un buon quintetto, è la Top 5 delle matricole di questa stagione, all’esordio in Nba dopo essere stati tutti scelti al draft 2012. Non ci sono solo loro, ma Jonas Valanciunas a Toronto ha avuto spazio solo a stagione compromessa, così come Andrew Nicholson e Maurice Harkless a Orlando. Tra i “big” attesi, Harrison Barnes non si è mai affermato veramente, Micheal Kidd-Gilchrist (seconda scelta assoluta) è andato a sbattere sul rookie wall. Alexey Shved ha palesato difficoltà al tiro, e per ora hanno deluso Thomas Robinson, Terrence Ross e Austin Rivers. Gli anni sovvertiranno alcune o forse molte di queste gerarchie, ma finora è possibile una valutazione solo sul loro primo anno in Nba.

VOTA: CHI E’ STATO IL MIGLIOR ROOKIE DELL’ANNO?

Damian Lillard (Blazers), scelta n.6 al draft 2012, play — “E’ come se fosse già stato qui”, lo ha incoronato LeBron James. E in effetti non è il classico rookie a cui si è abituati, con un gioco educato dall’aver fatto tutti e quattro gli anni a Weber State e a 22 anni è più vecchio di Irving e Wall che sono stati scelti negli anni scorsi, coetaneo di Holiday che è al quarto anno. Lo ha aiutato il contesto di Portland: con un coach esordiente, poca panchina, compagni di un certo tipo, la salute per giocare 82 gare e il ruolo di chi tiene la palla tra le mani. Nasce anche da qui il fatto che è stato secondo a Deng per pochi centesimi per minutaggio medio (38.6), e il suo minutaggio totale (3167) è stato il massimo in Nba, oltre 1000 più di ogni altro rookie. E’ stato quinto per triple segnate, 185 (col 36.8%), battendo il precedente record per una matricola di Stephen Curry. Ha chiuso da 12° realizzatore della lega a 19.0 punti con 15.8 tiri. Il flop finale ha deteriorato l’opinione sull’intera stagione dei Blazers, a lungo vicini ai playoff. Deve migliorare visione di gioco e movimento senza palla, ma soprattutto – come molti rookie – la difesa (su blocchi, giochi a due, lontano dalla palla). Ma con la palla in mano fa grandi cose, e in un contesto più competitivo potrà migliorare scelte e percentuali. LE CIFRE – 19.0 punti, 6.5 assist, 3.1 rimbalzi, 42.9% al tiro su 15.7 tentativi, 36.8% da tre su 6.1 tentativi, 3.0 perse, 0.9 recuperi in 38.6 minuti per 82 partite.

Anthony Davis, 19 anni, centro degli Hornets. Us Presswire

Anthony Davis (Hornets), scelta n.1 al draft 2012, centro — Una distorsione al ginocchio sinistro ne ha chiuso la stagione con una settimana di anticipo, dopo che già a novembre un infortunio alla caviglia gli aveva fatto saltare undici partite: per diventare un giocatore franchigia serve più salute. In una delle peggiori squadre della lega, in cui non ha avuto - causa infortuni - molto tempo per sviluppare grande chimica con la stella Gordon, ha messo insieme buoni numeri, quasi distrattamente e incidendo in genere solo fino a un certo punto. Ha statistiche in termini di efficienza migliori di Lillard, e nelle ultime 14 gare ha avuto 15.8 punti con 9.2 rimbalzi e il 54.1% al tiro. Soprattutto ha mostrato quoziente di intelligenza cestistica per una carriera da big, buone doti a rimbalzo e grande efficacia quando attacca in movimento per il grande mix tra altezza e mobilità che probabilmente lo farà evolvere in carriera più lontano da canestro. Gran lavoro di piedi e tempismo nei tagli, crescerà nell’impatto offensivo. Imparando a non saltare sulle finte, con le lunghe leve già si sta facendo sentire in difesa dove l’abitudine ad aspettare l’attaccante in area poteva richiedergli più tempo di adattamento alle regole Nba. Un numero conta più di qualsiasi altro: 19. Gli anni.LE CIFRE – 13.5 punti, 8.2 rimbalzi, 1.0 assist, 51.6% al tiro su 10.6 tentativi, 1.8 stoppate, 1.4 perse, 1.2 recuperi in 28.8 minuti per 64 partite.

Bradley Beal, a destra, guardia di Washington. Reuters

Bradley Beal (Wizards), scelta n.3 al draft 2012, guardia — Fermata anzitempo da una frattura da stress alla gamba destra dopo aver provato troppo a lungo a giocare sulle caviglie infortunate, la sua stagione ha svoltato nettamente dopo il rientro dall’infortunio di John Wall, con cui ha formato un’accoppiata sul perimetro difficile da fermare. E’ saltato dagli 11.2 punti col 34.1% al tiro a novembre, quando la necessità di destreggiarsi anche da play ne hanno oscurato le doti di tiratore piedi a terra, ai 17.5 punti col 48.1% al tiro a febbraio prima che lo fermassero i problemi fisici: con un regista come Wall accanto è salito al 47% al tiro col 50% da tre, micidiale da secondo palleggiatore per i giochi a due. Dopo un’esposizione eccessiva e precoce in avvio di stagione, dall’All Star Game in poi è diventato un candidato legittimo al premio di rookie dell’anno, con un rendimento perfino superiore a Lillard subito dopo il break. La carta vincente è la grande sinergia con Wall. E anche lui a 19 anni ha un mondo davanti. LE CIFRE – 13.9 punti, 3.8 rimbalzi, 2.4 assist, 41% al tiro su 12.3 tentativi, 38.6% da tre su 4.2 tentativi, 2.4 assist, 1.6 perse, 0.9 recuperi in 31.2 minuti per 56 partite.

Dion Waiters, a destra, guardia di Cleveland. LaPresse

Dion Waiters (Cavaliers), scelta n.4 al draft 2012, guardia — Problemi di cartilagine al ginocchio sinistro lo hanno fermato sul più bello, quando nella seconda parte della stagione aveva aumentato l’efficienza del suo gioco. Tra i rookie, è stato quello che ha assorbito il maggior numero di palloni, anche con cattivi tiri, perché i suoi 15.3 punti del mese di novembre erano figli anche di una brutta selezione, poi è arrivata la distorsione a dicembre ed è cresciuto tra gennaio e soprattutto un febbraio da 51.4% al tiro, beneficiando – come Beal a Washington con Wall – della maggiore presenza al suo fianco di Irving. Insieme a Lillard è l’unico che con la sua presenza in campo fa salire in maniera apprezzabile l’efficienza offensiva di squadra. Tende a strafare in attacco, e a fare troppo poco in difesa, ma obiettivamente i Cavs di quest’anno non sono un grande habitat in cui crescere. Ha capacità di crearsi il tiro, senza paura, e può trovare una sua dimensione per la capacità di attaccare l’area creando in penetra e scarica o conquistando falli. LE CIFRE – 14.7 punti, 2.4 rimbalzi, 3.0 assist, 41.2% al tiro su 13.4 tentativi, 31% da tre su 3.3 tentativi, 2.0 perse, 1.0 recuperi in 28.8 minuti per 61 partite.

Andre Drummond, centro dei Pistons.

Andre Drummond (Pistons), scelta n.9 al draft 2012, centro — Lo hanno condizionato i problemi fisici alla schiena, ma è riuscito a farsi strada pur partendo dalla panchina alle spalle di un veterano come Maxiell e di un giocatore come Monroe che è il riferimento della squadra e al cui fianco compone una coppia molto ben assortita e tra le migliori in Nba. Ha all’attivo anche una partita da 29 punti (e 11 rimbalzi) con 10/11 al tiro, ma il suo mestiere è il lavoro sporco vicino al ferro, dove è più istintivo e fisicamente più forte di Anthony Davis. D’altra parte le incognite su di lui, all’alba di una stagione con aspettative molto basse in cui ci si aspettava che soffrisse, non erano sul grande corpo ma sull’attitudine. Invece, certo con l’aiuto di un minutaggio di qualità e in un contesto non di alto livello, in questa stagione si è distinto soprattutto per l’esuberanza atletica che lo rende capace di finire al ferro e di essere un giocatore di buon impatto. Più che su di lui individualmente, l’incognita sul suo futuro è la direzione che prenderanno i Pistons, e quali saranno le ripercussioni sul suo ruolo. LE CIFRE – 7.9 punti, 7.6 rimbalzi, 0.5 assist, 60.8% al tiro su 5.7 tentativi, 1.6 stoppate, 1.0 perse, 1.0 recuperi in 20.7 minuti per 60 partite.