Scola e la generazione d'oro
Così l'Argentina è cresciuta

Luis Scola, 32 anni, 408 gare Nba in carriera. Reuters

Quando Luis Scola era un ragazzino che viveva nella prima periferia di Buenos Aires, sia lui che la sua famiglia appassionata di basket avevano un gran problema: non c'erano luoghi in cui si poteva giocare una partitella per divertirsi. A Scola piaceva il basket, non il calcio, soprattutto perché suo padre, Mario, è stato un giocatore professionista. Alto 200 cm, le abilità in campo del padre di Scola erano più compatibili con un basket molto fisico rispetto al "bel gioco" di oggi. Ma il ragazzino che sarebbe poi diventato ala dei Suns non riusciva a coinvolgere gli amici, il padre e i cugini a giocare una partitella a basket all'aria aperta. "Giocare per divertirsi e passare il tempo era davvero difficile visto che non esistevano campetti da basket - dice Scola, che doveva accontentarsi di giocare nella sua squadra -. E, cosa più importante, non c'era alcun modo per coinvolgere 10 persone in una partita di basket, nessuno sapeva come si gioca".

GENERAZIONE DI TALENTI — Ma con la generazione di Scola è cominciato un cambiamento, in gran parte grazie all'inaspettata ascesa della nazionale argentina di basket al vertice delle competizioni internazionali. La sua esperienza in nazionale è cominciata quando aveva appena 15 anni: Scola in quei tempi aveva ricevuto una convocazione, da lui definita "a sorpresa", per un provino con la nazionale under 19. Grazie all'influenza del padre e alla rapida crescita del suo fisico, la capacità dell'ala di segnare e prendere rimbalzi nell'area pitturata erano tra le cose più apprezzate di lui in campo. "All'improvviso ricevetti una chiamata in cui mi veniva comunicato che ero stato convocato in squadra. Rimasi incredulo, non me lo sarei mai aspettato - dice Scola -. Non avevo davvero idea, ricordo solo di aver ricevuto la telefonata e trovarmi due giorni dopo al ritiro della nazionale. Ricordo poi di essere andato in Grecia e di esserci rimasto un mese con il resto della squadra".

COLPO DI FULMINE — In quei giorni Scola capì che il basket avrebbe avuto un ruolo importante nel suo futuro anche se ancora non sapeva quanto. E, mentre continuava a crescere e passare di categoria rimanendo sempre nei ranghi della nazionale del suo paese, avrebbe ben presto capito qual era il suo potenziale. L'ulteriore ostacolo superato è stato quello del draft, quando fu chiamato dai San Antonio Spurs nel 2002 quando aveva 22 anni. Tuttavia, gli Spurs non erano ancora pronti per portarlo in Nba, decidendo dunque di mantenere i diritti sul giocatore lasciandolo giocare in Spagna. Nei tre anni successivi il giocatore riuscì a dominare la scena del basket spagnolo. Ma ciò che lo ha reso davvero famoso non è stata tanto l'esperienza col club, ma, ancora una volta, un grandissimo traguardo raggiunto indossando la maglia albiceleste della sua nazionale.

vittorie — Nel 2002 l'Argentina è stata la prima nazionale a battere una nazionale Usa composta da giocatori Nba. Gli argentini avrebbero poi rivinto contro gli Usa due anni dopo, conquistando l'oro al termine del torneo olimpico di Atene. Nella semifinale olimpica contro gli Usa, l'attuale stella dei San Antonio Spurs Manu Ginobili trascinò la sua squadra con 29 punti, mentre Scola era rimasto bloccato a 10 punti e 4 rimbalzi. Il giorno successivo, tuttavia, la finale fu decisa proprio da Scola grazie ai 25 punti e 11 rimbalzi fatti registrare nella partita vinta facilmente dall'Argentina contro l'Italia. Oltre a Scola e Ginobili, in quella squadra militavano altri futuri veterani Nba come Andres Nocioni, Carlos Delfino e Fabricio Oberto. La maggior parte dei componenti di quel gruppo faceva ancora parte della nazionale durante i Giochi di Londra. Nonostante la sconfitta nella finale per il bronzo contro la Russia, Scola ha dichiarato che quel momento è stato uno dei più belli per quel gruppo. "Conosco la maggior parte di questi ragazzi sin dal 1995-96 e ho giocato con loro durante ogni estate - dice Scola -. Abbiamo imparato a conoscerci l'un l'altro e adesso il nostro rapporto è davvero favoloso. Siamo molto legati e non credo che rivedrò mai più uno spogliatoio così unito come quando abbiamo perso contro la Russia a Londra". Analizzando la propria carriera, Scola ha descritto gli anni trascorsi con la nazionale argentina come i più felici nella propria vita sia dentro che fuori dal campo. Mentre l'Argentina cresceva arrivando fino all'oro olimpico, Scola ha incontrato la donna che sarebbe diventata sua moglie e con la quale avrebbe messo su una famiglia di cui adesso fanno parte anche quattro figli.

houston — I traguardi raggiunti nel 2004 da lui e dalla sua nazionale hanno presto portato a un'altra fase di transizione per l'ala. Dopo cinque anni in cui gli Spurs avevano mantenuto i diritti sul giocatore, Scola è stato ceduto agli Houston Rockets prima dell'inizio della stagione 2007-08. Dopo 10 anni trascorsi in Spagna, l'ala grande si apprestava a trasferirsi nel suo terzo continente. Ciò che lo ha aiutato nella transizione all'Nba era il fatto che era un rookie di 27 anni con un immenso bagaglio di esperienza a livello internazionale che gli ha permesso di dare il suo contributo sin da subito. Nella sua prima stagione con i Rockets, Scola ha avuto una media superiore ai 10 punti e sei rimbalzi in poco più di 24 minuti a partita. Elston Turner, attuale vice allenatore dei Suns era appena arrivato ai Rockets come vice durante il primo anno di Scola in Nba, notando sin da subito un giocatore completo e rifinito in ogni aspetto. Ma secondo il preparatore, ciò che non poteva essere notato facilmente erano lo spirito competitivo di Scola e la sua capacità di giocare nonostante il dolore, cosa dimostrata dalle 346 partite consecutive giocate dall'ala grande all'inzio della sua carriera in Nba. "Quando ero a Houston l'ho visto farsi male - dice Turner -. Lui voleva continuare a giocare, ma i medici volevano impedirglielo. Dovevano trattenerlo a fatica, perché lui voleva sempre giocare. E questo lo rende un atleta davvero speciale".

determinatoQueste riflessioni sulla determinazione di Scola sono state riportate anche da Goran Dragic, playmaker del quintetto dei Suns. I due si erano incontrati per la prima volta in Spagna per un paio di mesi quando Dragic aveva lasciato la Slovenia, giocando per la prima volta all'estero. Il playmaker aveva solo 17 anni e, nonostante il poco tempo trascorso insieme, Dragic credeva che Scola fosse un leader naturale. I due si sarebbero rincontrati presto, questa volta per una stagione e mezzo ai Rockets. Dragic ha lodato la determinazione della maggior parte dei giocatori argentini, ma ha anche detto di aver visto un mix speciale di abilità e competitività in Scola. "Quello che la gente non vede è che lui è davvero instancabile ogni sera - dice Dragic -. Anche se non dovesse andare al tiro, dà sempre un contributo alla squadra, sia con i passaggi sia con i rimbalzi e sia in difesa. Questo è quel tipo di giocatore che sei sempre felice di avere in squadra". Queste abilità sono il motivo per cui Scola è riuscito a trovare il suo spazio in Nba e continuare a far registrare una media di 12.9 punti e 6.9 rimbalzi in 22 partite in questa stagione con i Suns. Ben presto, il ragazzino di 15 anni sorpreso di essere convocato in una rappresentativa nazionale argentina, adesso può vantare una carriera cestistica costellata da una medaglia d'oro olimpica, 10 anni in Spagna, 5 stagioni in Nba e un nuovo inizio a Phoenix.

la crescitaMa la gioia più grande di Scola quando tornerà nella sua patria sarà quella di vedere i progressi fatti dal basket nel frattempo. Se indossasse una maglia con il logo dell'Nba e la sfoggiasse per le strade di Buenos Aires, la gente non lo fermerebbe più per chiedergli il significato di quelle tre lettere, ormai lo conoscono. Quando tornerà a casa non dovrà più inserire una videocassetta nel registratore per vedere partite di Nba vecchie di qualche anno come faceva da ragazzino per vedere Magic Johnson e Larry Bird. Oggi l'Nba viene trasmessa regolarmente sulla Pay Tv argentina. Tuttavia, cosa ancora migliore, potrà fare ciò che desiderava da piccolo: trovare degli amici e fare una partitella nel campetto più vicino. Secondo quanto detto dal giocatore stesso, a Buenos Aires ci sono 6-7 campetti di basket e ci sono molti ragazzi che praticano questo sport. "Oggi la situazione è completamente diversa - dice Scola -. Ci sono molte persone a cui piace il basket, sia guardandolo che giocandolo, e l'Nba è molto più seguita". E questo, in gran parte, grazie a Luis Scola.