Isiah ¨¨ stato uno dei pi¨´ grandi play della storia, penalizzato da un carattere difficile. Ha segnato un’era, quella dei Pistons “brutti e cattivi”, guidati due volte al titolo Nba
Li chiamavano Bad Boys e mai soprannome fu pi¨´ azzeccato. Erano brutti, sporchi e cattivi. Ma vincenti. E Isiah Thomas, l’originale, non la meteora (per ora) che ha illuminato la lega due anni fa (con un A in pi¨´ nel nome peraltro), ne era la bandiera. Se Bill Laimbeer lavorava di gomito, Rick Mahorn di fondoschiena (letteralmente), il Verme Rodman di fiuto (mai visto un rimbalzista di quel calibro, quasi un sesto senso per capire dove sarebbe finita la palla una volta che toccava il ferro), Joe Dumars il cervello sopraffino dalla panchina, con Vinnie Johnson, the Microwave, mano caldissima da settimo uomo, Thomas era il capitano di quei Pistons che hanno segnato un’epoca.
Isiah Thomas con i Pistons durante il 1989-90. Archivio
L’INIZIO —
Vincenti, si diceva. Thomas lo fu anche a livello collegiale, avendo conquistato il titolo Ncaa 1981 con gli Indiana Hoosiers di Bobby Knight. Pochi mesi dopo i Pistons lo scelsero col numero 2 al draft e il resto fu storia. Ma la strada verso la vetta non fu affatto semplice. Come accaduto poi per campioni come Charles Barkley, John Stockton e Karl Malone con Michael Jordan, per conquistare il titolo Nba Thomas ha dovuto fare i conti con dinastie che gli hanno sbarrato la strada. Erano quelle dei Lakers dello Showtime e dei Celtics degli Original Big Three, al secolo Larry Bird, Kevin McHale e Robert Parish. Gli Anni 80 furono loro terreno di conquista, con 8 titoli in 9 anni, unici intrusi i Sixers 1983. Ma prima che il decennio si chiudesse, nel 1989, arriv¨° anche il momento dei Bad Boys allenati dal mitico Chuck Daly. Alle spalle la sconfitta pi¨´ crudele, quella della finale Est 1987, con la ormai storica palla rubata da Bird allo stesso Thomas che salv¨° i Celtics in gara-5 e ribalt¨° la serie, e la finale Nba persa l’anno prima coi Lakers, i Pistons chiusero la regular season col miglior bilancio (63-19), si sbarazzarono dei nemici storici di Boston, frenati dai tanti infortuni, e dei Bulls di un Jordan ancora in ascesa, per ritrovare poi nelle Finals i soliti Lakers, stavolta spazzati via con un 4-0 senza storia.
momento top —
Non tanto il bis del 1990, anche se fu in quelle Finals che Isiah Thomas vinse il suo unico mvp della serie per il titolo, conquistato con un 4-1 sui Blazers di Clyde Drexler, ma le Finals perse nel 1988 contro L.A. Assurdo? No, se pensate a cosa fu capace di fare Isiah in quella serie. Avanti 3-2, Detroit pareva ormai pronta per portare a casa il suo primo anello. Invece in gara-6 Thomas si distorse una caviglia e la fortuna gir¨° dalla parte dei gialloviola. Eppure quello che il play fu capace di fare in quel game-6 ¨¨ passato alla storia: 25 punti in un solo quarto (il terzo), primato che tutt’ora resta imbattuto. Furono per¨° due liberi di Jabbar nell’ultimo minuto (su contatto dubbio di Laimbeer, ammesso che esista in un universo non parallelo un’azione in cui Bill non abbia commesso fallo...) a spostare gli equilibri e dare ai Lakers il pareggio, con gara-7 poi vinta in casa seppure di soli 3 punti. Isiah chiuse quella tristemente nota (per i Pistons) gara-6 con 43 punti e 8 assist. Giocando su una gamba sola. Quelle finali vengono ricordate anche per il famoso bacio di Isiah a Magic prima della palla a due di gara-1, simbolo della grande amicizia tra i due. Rapporto che per¨° non gli bast¨° per far parte del primo, vero e unico Dream Team, con Jordan che pose il veto alla sua presenza.
l’addio —
Fu la rottura di un tendine d’Achille a porre la parola fine alla carriera di uno dei pi¨´ grandi playmaker della storia. Era il 1994 e ormai Isiah era arrivato al capolinea. I Pistons erano stati respinti nei playoff nel ‘91 e ‘93 dagli ormai lanciatissimi Chicago Bulls di MJ. Lontano dal campo, Thomas non ¨¨ mai stato capace di replicare le prodezze che ha messo in mostra sul parquet. Anzi, la sua seconda carriera ¨¨ stata caratterizzata da un disastro dopo l’altro. Prima il fallimento della Continental Basketball Association sotto la sua guida come proprietario. Poi un’esperienza da allenatore con Indiana, senza infamia ma neppure lode. Infine, alla guida dei New York Knicks nelle vesti di presidente delle basketball operations, un disastro senza precedenti che ha contribuito ad affossare la franchigia della Grande Mela, conclusosi con la causa per molestie sessuali, con accordo extragiudiziale da 11 milioni di dollari. La sua maglia numero 11 ¨¨ stata ritirata da Detroit il 17 febbraio 1996.
i numeri —
Thomas ha chiuso la carriera con una media di 19.2 punti e 9.3 assist a gara (settimo all time nella Nba) , leader assoluto dei Pistons per punti, recuperi, assist e gare giocate. E’ stato votato tre volte nell’All Nba First Team (il quintetto ideale). Eletto nella Hall of Fame nel 2000.
trionfi —
Due titoli Nba, che avrebbero potuto essere tre senza quella maledetta caviglia distorta. Mvp della Finals 1990, 12 volte All Star, campione Ncaa 1981, votato tra i 50 migliori di sempre dalla Nba in occasione del cinquantenario delle lega. Oro ai Panamericani 1979 con la maglia della Nazionale Usa.
Massimo Oriani
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