Nba, Mark Cuban parla di gioie e dolori dei Dallas Mavericks con un post nel suo blog

Milano, 6 agosto 2013

Il proprietario dei campioni Nba 2011 analizza la situazione della sua franchigia per tranquillizzare i tifosi

Quale è lo stato di salute dei Dallas Mavericks? Il proprietario Mark Cuban ha fatto un bilancio dello stato di salute dei campioni Nba 2011 con un lungo post comparso nel suo blog sul sito ufficiale dei Mavs. Ecco il testo integrale.

Mark Cuban, 55 anni, patron di Dallas dal 2000. LaPresse
Mark Cuban, 55 anni, patron di Dallas dal 2000. LaPresse

All’inzio della stagione 2010-2011 eravamo preoccupati: la nostra squadra stava invecchiando. Avevamo sperato di poter scambiare Erick Dampiers al suo ultimo anno di contratto non garantito per un Free Agent di grido. Siamo andati a caccia di qualunque Sign and Trade a cui possiate pensare e che avrebbe fatto la differenza. Niente, tutto fermo. Finché ho letto che le trattative per Tyson Chandler tra Charlotte e non so più chi si sono arenate. Allora ho chiamato i Bobcats nella speranza di prendere Tyson. Non c’era quasi più nessuno che fosse interssato a Tyson per via dei suoi passati infortuni. Il nostro preparatore atletico, Casey Smith, mi disse che Ty aveva fatto molto bene nella USA Basketball; gli assistenti allenatori erano dell’avviso che avrebbe potuto dare il massimo nel suo ultimo anno di contratto, così abbiamo fatto lo scambio. L’idea era che Tyson avrebbe dato sostegno a Brendan Haywood, fresco di conferma.Wood aveva giocato bene per noi l’anno precedente. Ma al momento dell’inizio della regular season il quintetto titolare sarebbe stato: JKidd, JET, Caron Butler, Dirk e Tyson.

A Dallas si respirava un clima di grande delusione. Avevamo giocato la "DUST" chip ("Dampier Ultimate Sign-and-Trade"), per usare il termine con cui certi media si riferivano alla nostra capacità di barattare il contratto di Damp in cambio di un giocatore facile agli infortuni. L’estate precedente avevamo firmato un nuovo triennale con il trentasettenne Jason Kidd. A sentire certi esperti stavamo andando alla deriva. Per i Mavs sarebbe seguita un’altra stagione da 50 vittorie, sempre che la nostra vecchia squadra fosse riuscita a mantenersi in buone condizioni fisiche, e un’altra uscita al primo turno dei playoff. Forse era ora di farla finita e ricominciare da capo, si diceva alla radio. Eravamo troppo vecchi e stavamo sprecando gli ultimi anni della carriera di Dirk. Fortunatamente la stagione partì alla grande, avevamo un buon ruolino di marcia, vincevamo partite, interrompendo striscie vincenti di buone squadre e anche di più. Poi, il disastro. Prima Dirk si infortuna. Poi, nella prima partita che salta, Caron subisce un infortunio che lo terrà fuori l’intera stagione. Poi anche Roddy si fa male e ne ha per tutta la stagione. Dire che eravamo nervosi è dire poco. Vorrei poter condividere con voi i messagi che mi arrivavano da alcuni dei nostri veterani che vedevano come la stagione ci stava sfuggendo di mano. Come qualcuno ha detto: "We’re done", siamo finiti. Come abbiamo reagito? Ingaggiando Peja. Peja non aveva giocato molto in quella stagione e non sapevamo bene quanto avrebbe potuto giocare. Ma non avevamo molte altre scelte. Abbiamo terminato la stagione con il rientro di Dirk e un po’ di vento in poppa, ma, al momento di andare ai playoff, Ben Rogers ci soprannominò i "One and Done Boys" in una canzone che andava per le radio locali. Il Ft Worth Star Telegram scrisse: "I Mavs non hanno gli attributi". Sappiamo come poi sono andate le cose nel resto della stagione.

Poi è arrivato il lockout. Come pianificato, i contratti di alcune dei nostri giocatori più attempati erano in scadenza, come pure quello di Tyson. Dovevamo prendere delle decisioni difficili. Dovevamo mantenere la squadra unita per un’altra stagione o cambiare direzione? Non era una decisione facile. Il nostro piano coerente nel tempo era stato di fare scadere i contratti dei nostri giovani più attempati quest’anno e il seguente. Ma la vittoria dell’anello ovviamente ci ha fatto ripensare a tutto. Ne abbiamo discusso in lungo e in largo. La decisione finale sarebbe stata la mia. Sono aperto a contributi da tutte le parti interessate: da giocatori, allenatori, Donnie, da chiunque voglia condividere con me un’opinione fondata. Ma questa era una decisione così importante, che dovevo essere io a prenderla, nel bene e nel male. Questa però non era una offseason come tante altre anche per un’altra ragione: il lockout. C’era la possibilità di diventare campioni per due estati consecutive, per quanto a tavolino, perchè era molto grande il rischio che la stagione 2013-2013 non si sarebbe disputata. Essendo uno dei proprietari di franchigia membri del comitato incaricato di negoziare l’accordo collettivo, francamente avevo l’impressione che ci fosse un 90 per cento di possibilità che la stagione venisse annullata. A quelle assemblee era come se le due parti vivessero in due universi alternativi che non si incrociavano mai. Come è noto, mi sbagliavo. Un mattino alle 3, dopo che mi era stato detto che non c’era alcuna reale possibilità di raggiungere un accordo, un accordo fu raggiunto. Di lì a poco scoprimmo che la prima delle 66 partite della nostra stagione si sarebbe giocata il giorno di Natale del 2011. Non solo avevamo un calendario di 66 partite, tra cui la serie favorita dai tifosi di 3 partite in 3 giorni, ma dovevamo fare i conti anche con un training camp ridotto. Qualunque fosse il programma di allenamento che i nostri giocatori avevano adottato per farsi trovare pronti all’inizio della stagione, andava buttato alle ortiche. Si aggiunga che il nuovo contratto collettivo che aveva messo fine al lockout era molto diverso dal contratto collettivo precedente, per cui lo staff dei Mavs ebbe un bel po’ da fare.

Tutto quello che penso del nuovo contratto collettivo è stato riportato con accuratezza altrove, quindi non ci tornerò sopra. Ma quello di cui non si è discusso pubblicamente è stata la nostra preoccupazione di ripresentare una squadra in là negli anni in una stagione accorciata. Praticamnete abbiamo considerato il 2011-2012 come una stagione a perdere, a prescindere da chi mettevamo sotto contratto. Senza il tempo di prepararsi e allenarsi a sufficienza, e con un quintetto titolare attempato da gettare nella mischia, sarebbe stata dura. Un giovane può entrare su un campo Nba in qualunque giorno dell’anno. Quando sei verso le 35 primavere, non è più lo stesso. Pertanto, ripresentare il vecchio gruppo avrebbe significato in pratica perdere un anno. Quando si pensa di tenere insieme una squadra vecchia e il primo anno dopo la vittoria del titolo è un anno perso, beh, è difficile giustificare l’ipotesi di tenere insieme una squadra vecchia. Ma eravamo i campioni. Questo ha voluto dire molto. Voleva anche dire che, se la squadra restava unita, avremmo dovuto farci bastare la rosa esistente. Ci sarebbe stato poco margine per inserire nuovi giocatori. In particolare, non saremmo stati in grado di inserire qualcuno che sarebbe arrivato per essere la colonna portante della squadra futura. A mio modesto parere saremmo rimasti inchiodati con una squadra sempre più vecchia e senza la possibilità di modificare in maniera significativa la nostra rosa. Così, abbiamo deciso di tenerci i giocatori che evavamo sotto contratto per la stagione del lockout. Abbiamo fatto uno scambio che pensavamo sarebbe tornato utile, ma che chiaramente si è rivelato un disastro. La buona notizia era che si trattava di una stagione compressa e pensavamo che sarebbe passata rapiamente, dopo di che avremmo avuto un margine salariale sufficiente per andare a caccia dei giocatori che a nostro avviso avrebbero lasciato il segno e si sarebbero adattati alla nostra filosofia.

Questa è molto importante per i Mavs. Il tuo giocatore migliore deve essere adatto a quella che si vuole sia la filosofia della squadra. Deve guidare dando l’esempio. Deve essere autorevole nello spogliatoio e sul campo. Non è questione di parlare più degli altri o più forte. È questione di contegno e dell’attitudine che porta. È stupefacente come, quando una certa filosofia di squadra è forte, anche la chimica di squadra è forte. Quando i Mavs hanno inserito giocatori che non si sono adattati o non hanno sposato la nostra filosofia, sono sorti problemi dentro e fuori dal campo. Se è possibile gestire un giocatore che magari non si adatta, averne più di uno equivale porterà conseguenze negative sul bilancio delle partite vinte e perse. È anche per via della nostra filofia che io non metterò Dirk sul mercato. Quando si mette la squadra sottospora e si cerca poi di capire qual è la sua filosofia, si prende il rischio più grande che si possa prendere. Dirk è l’esempio da seguire nella nostra squadra. Lavora duro, se non più duro di chiunque altro, aiuta i giocatori più giovani a capire quello che lui si aspetta da loro e quello che devono fare per eccellere. In campo è altruista. Non vorrebbe dovere segnare un punto se la partita fosse vinta comunque. Vorrebbe passare la palla e lasciare che sia qualcun altro a segnare piuttosto che essere costretto a tirare. Finchè arriva il momento in cui abbiamo bisogno di un punto. Allora lui è pronto a salire in cattedra tutte le volte che la squadra lo richiede. Ma sa che il suo impatto sulla gara è di gran lunga più importante di ogni media o di quello che appare nel tabellone dei punti. Quella mentalità, quell’altruismo. La sua etica del lavoro è qualcosa che deve rimanere anche molto dopo che si sarà ritirato. Ma perchè questo avvenga, dobbiamo traghettarla insieme a lui, non nel vuoto. È anche la ragione per cui credo che non si fa a pezzi una squadra. Facciamo un passo indietro lungo 10 anni e guardiamo a tutte le squadre che hanno ceduto i loro giocatori migliori. Non ci sono molti esempi di squadre che sono volate alle Finals.

Un breve aneddoto. La settimana che ho comprato i Mavs Nellie mi chiese se volevo avere una stagione fallimentare così da avere la migliore chiamata possibile al draft seguente. La mia risposta fu: "No. Prima o poi questa franchigia deve imparare a vincere e a sviluppare una filosofia vincente. Non si crea questa filosofia cercando di arrivare ultimi. Non so quante partite potremmo vincere, ma cercheremo di vincere ogni singola partita". Grazie a Dio quella stagione non abbiamo cercato di essere la maglia nera. Il draft non fu dei migliori. E quella posizione per il resto della stagione ha contribuito a definire chi eravamo e chi siamo ancor oggi. Ma torniamo rapidamente alla fine della stagione del lockout. Avevamo sperato che Dwight Howard fosse disponibile. Ma non lo era. Prima, per la sorpresa di molti, disse che non avrebbe esercitato l’opzione sul proprio contratto; poi, è stato ceduto ai Lakers che hanno messo insieme quella che tutti davano per una delle squadre favorite ai playoff. Una volta svanito l’affare Dwight, non avevamo scelte che sentissimo adatte per noi. Abbiamo avuto incontri con vari giocatori. Alcuni pubblici, altri privati. Nel nostro staff non si era concordi su quali giocatori fossero o non fossero adatti per i Mavs. Come si è visto, non abbiamo fatto ingaggi provvisori. Abbiamo preso la decisione di sottoscrivere contratti annuali, nella speranza che ci tornassero utili e di avere una squadra che potesse competere per i playoff ed essere migliore che in passato. In realtà pensavamo di potere avere successo. Per quanto dovessimo sottoscrivere contratti annuali, pensavamo di potere mettere intorno a Dirk e Jkidd dei giovani talenti all’ultimo anno d’università o che avevano contratti annuali, e così avere l’opportunità di competere nei playoff. Questo ci avrebbe dato l’opportunità di valutare giovani giocatori e nella migliore delle ipotesi vederli diventare giocatori di lungo corso dei Mavs, se no saremmo tornati sul mercato dei free agent durante l’estate del 2013 alla ricerca di un solo grande nome (che è tutto quello che ci possiamo permettere dato il nostro margine salariale) o per ingaggiare giocatori intorno a cui rifondare la squadra in futuro, sapendo che nell’estate del 2014 avremo un margine salariale considerevole. Superiore a quello che abbiamo avuto nell’estate del 2013. Le cose sono andate che non abbiamo potuto contare su Jkidd (ha cambiato idea ed è andato ai Knicks) nè per gran parte della stagione su un Dirk in salute e per un periodo neppre su Shawn Marion. Non vale la pena tornare ad esaminare la scorsa annata. Comunque la si guardi, è stata uno schifo; nessuno si è divertito. Ecco allora che quest’estate abbiamo cercato un max free agent. Speravamo che Chris Paul fosse disponibile. Non lo era. Così Dwight Howard è tornato ad essere il nostro obiettivo numero uno.

 

Permettetemi di affrontare qui l’inevitabile questione di Dwight vs la filosofia dei Mavs. Sapevamo di correre un rischio, ma l’abbiamo accettato, perchè sulla base quello che si vede e di quello che abbiamo verificato Dwight è un buon ragazzo e insieme al nostro personale tecnico abbiamo creduto che la cosa potesse funzionare. Altrimenti, Dwight rimaneva comunque un asset molto spendibile sul mercato. Ma, come si sa, non lo abbiamo ingaggiato. È andato ai Rockets. Devo confessare che l’incontro con Dwight è stato molto interessante. Il ragazzo è sveglio. Molto più sveglio di quanto la gente pensi. Sa anche ascoltare molto, molto bene. A differenza della maggioranza delle persone, più che parlare ha ascoltato. E ha dato la migliore risposta ad una domanda di apertura che abbia mai sentito da un giocatore, o da chiunque altro, se è per questo. Quando gli abbiamo chiesto quale fosse il suo obiettivo, la sua risposta è stata molto specifica: "Voglio essere Epico". Che è servito da perfetta introduzione al video che abbiamo confezionato per lui. Rifarei la stessa cosa? Senza pensarci un secondo. Perchè? Perchè nella Nba, come nel mondo degli affari non sportivi chi non risica non rosica. Bisogna muoversi con intelligenza e non basta avere un po’ di fortuna. Bisogna anche fare attenzione a quello che succede intorno a te. Nei quasi 14 anni da quando ho comprato i Mavs il tasso di intelligenza nella lega è cresciuto molto. Ci sono meno proprietari e general manager della vecchia scuola. C’è un approccio molto più analitico a tutto. 10 anni fa, o quando è stato che stavamo contrattando per avere Nick Van Exel , Avery Johnson e Raef Lafrentz, ogni franchigia cercava almeno di vedere chi tipo di squadra aveva e poi magari cercava di arrivare ultima, se si rendeva conto che non avrebbe funzionato. Così si creavano eccezionali opportunità di scambi. Da alcune di queste abbiamo tratto beneficio. Da altre no. Al giorno d’oggi sembra che il percorso più battuto per costruire una squadra sia mettere insieme un gruppo di giovani giocatori che si spera arriveranno in futuro ad esprimere tutti il loro potenziale e potenzialmente a perdere un sacco di partite, così da avere l’opportunità di scegliere il prossimo Kevin Durant, John Wall o Kyrie Irving o Blake Griffin, solo per citarne alcuni. Poi l’operazione va ripetuta almeno per un’altra stagione, se non di più, perchè nessuno di quei giocatori basta per vincere un campionato. Ora sono tutti dei grandi giocatori, ma ci vuole tempo perchè diventino dei grandi giocatori. Quindi bisogna mettere intorno a loro i giocatori giusti per poter essere una squadra che lotti per il titolo. Questo potrebbe essere il giusto approccio per le squadre che mirano al titolo. Non si può mai dire, fino al giorno in cui si può dire. Quello che sì posso dire, per lo meno quello che penso di aver imparato dalle mie esperienze nel mondo degli affarri, è che quando tutti corrono a fare la stessa identica cosa, diventa più difficile farla. Non più facile. Più difficile. Significa anche che, mano a mano che altre squadre vanno nella stessa direzione, si creano opportunità per quelle che hanno seguito un percorso diverso. Vedo non poche squadre adottare quello che sembra essere lo stesso identico approccio per costruire una squadra. Posso capire perchè lo stiano adottando. Nell’accordo collettivo in vigore il valore di un giocatore scelto nel draft può essere rilevante per via dei termini contrattuali stabiliti. E se si mettono insieme alcuni grandi e giovani giocatori, è molto allettante l’idea di tenerli insieme per un lungo periodo. Ma io so anche che, anche se si hanno i risultati peggiori nella Nba, non è detto che si avrà la chiamata migliore e, anche se la si ha, c’è la possibilità concreta che si scelga il giocatore sbagliato, o può succedere che sia un draft in cui non ci sono RICONOSCIBILI potenziali superstar in vetta al draft. In altre parole, penso che la quantità di squadre che adottano lo stesso approccio, per quanto in voga, rende più difficile construire una squadra in questa maniera.

Lasciamoci dunque alle spalle queste mie poche parole sul draft e su come costruire una squadra e torniamo ai Mavs. Se avessimo preso un solo max out free agent che ci fosse costato 19 o 20 milioni di dollari, avremmo avuto una buona squadra. Persino una grande squadra se fossimo stati in grado di inserire intorno allo zoccolo duro i giocatori giusti con contratto minimo oltre al nostro nuovo max out free agent. Anche così probabilmente non avremmo avuto una squadra in grado di contendere per il titolo. Bisognerebbe aspettare l’anno prossimo, con di nuovo un margine salariale e la possibilità di inserire quelli che nelle intenzioni sarebbero i tocchi finali mediante free agency o trade. Se non avessimo trovato il nostro giocatore max out, avevamo in programma di anticipare a quest’anno quello che era previsto per il prossimo. Cosa che ovviamente abbiamo fatto. Così abbiamo ingaggiato quello che penso (lo so, sono sempre fiducioso riguardo ai nostri giocatori, ma questa volta sono MOLTO FIDUCIOSO) sia un gruppo di grandi giocatori. Abbiamo preso giocatori che pensiamo siano adatti per la nostra filosofia: che sono dotati di una serie di qualità che ci permetterranno di avere successo, che si completano a vicenda, che si incastrano bene nel sistema di gioco di Rick. Questa può essere una buona squadra. Pensiamo anche di avere giocatori che avranno prestazioni migliori nella nostra squadra di quelle avute nelle squadre precedenti. Mi piace la nostra capacità di lavorare con quelli che io chiamo "angeli caduti". Giocatori che vengono scambiati o rimangono senza contratto perchè tutti nella lega pensano che non possono essere altro che i giocatori che hanno visto giocare in un’altro sistema. Abbiamo preso giocatori quali Jason Terry, Jerry Stackhouse, Brandon Wright, Tyson Chandler e si può anche dire Vince Carter, tra gli altri, che erano percepiti come giocatori problematici per una ragione o un’altra, e abbiamo fatto sì che dessero il loro contributo in modi nuovi, che andavano al di là di quello che gli "esperti" si aspettavano. Diamo meno importanza a quello che hanno fatto nell’ultimo sistema di gioco in cui hanno giocato rispetto a quello che crediamo faranno nel nostro sistema con il nostro gruppo di giocatori. Non sempre mietiamo successi, come l’anno passato ha mostrato, ma abbiamo dei buoni precedenti. Se stiamo bene fisicamente, penso che possiamo avere una buona squadra. Quanto buona? Non faccio previsioni. Credo senz’altro che, disponendo di un gruppo solido di giocatori con cui crescere ed evolvere, margine salariale nella stagione ventura e quella che riteniamo sia la capacità di sviluppare e migliorare la prestazione dei nostri giocatori, siamo in una buona posizione quest’anno e per il futuro. Siamo stati penalizzati dall’assenza di un gruppo stabile di giocatori che i free agent considerino dei compagni di squadra con cui voler giocare. Questo non dovrebbe succedere l’anno prossimo. Inoltre, a causa di tutte le restrizioni finanziarie che il nuovo contratto collettico impone alle squadre, credo che un numero maggiore di squadre saranno smembrate e che il nuovo approccio in voga sarà adottato da più squadre. Questo a sua volta farà sì che tale approccio ancora più difficilmente sia garanzia di successo. C’è da sperare che questa situazione dia ai Mavs occasioni per inserire nuovi giocatori usando il margine salariale o attraverso scambi che ci riportino nelle Finals e regalino ai nostri tifosi un altro anello. Permettetemi anche di aggiungere che sicuramente ho tralasciato delle cose, commesso errori di battitura, tra quelli commessi nel buttare giù queste righe. Pertanto, commentate pure liberamente ed io cercherò di apportare le dovute correzioni e affrontare alcune delle cose che di sicuro ho tralasciato. E un’altra cosa, riguardo il video. Non è stata mia l’idea di metterci la mia brutta faccia. Ma sono stato messo in minoranza da varie persone che invece pensavano dovesse esserci. Aggiornamento: sembra che la maggior parte dei tifosi dei Mavs siano consapevoli del fatto che il video nella presentazione di Howard includeva solo 2 minuti di una riunione durata 3 ore, e nelle intenzioni voleva essere una cosa divertente e dare l’idea del sostegno che anche in fatto di marketing diamo ai nostri giocatori sul campo. Mea culpa per non aver previsto che gli scemi su questo si sarebbero concentrati facendone il punto focale della nostra presentazione. Chiunque abbia assistito a una partita casalinga dei Mavs sa che realizziamo un buon numero di video come questo. Vorrei poter condividere la presentazione con voi, ma di questi tempo sarebbe carne data in pasto a Headline Porn e non sarebbe apprezzato per quello che è. Non ne vale la pena.

Mark Cuban© RIPRODUZIONE RISERVATA
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