Jordan diede un pugno a Kerr. E i Bulls diventarono la squadra delle 72 vittorie
Un pugno, una scazzottata in allenamento, ¨¨ il segreto della miglior squadra mai comparsa su un parquet Nba. Il pugno con cui Michael Jordan colp¨¬ Steve Kerr durante il training camp del 1995-96. “Prendere quel pugno potrebbe essere la cosa migliore che io abbia mai fatto” ricorda Kerr nell’ottavo episodio di The Last Dance, in arrivo da luned¨¬ su Netflix. Un cazzotto che potrebbe aver contribuito a fare la storia...
MJ il tiranno
¡ªNon era facile giocare con Jordan, come non ¨¨ facile giocare con chiunque abbia quel talento e quello spirito competitivo che lo motiva di continuo. Alcuni compagni vedevano MJ come un tiranno, un cerbero che si aspettava che tutti fossero alla sua altezza, che aveva capito con l’esperienza e le sconfitte quanto fosse importante che attorno a lui ci fossero giocatori con la sua stessa voglia di vincere, di essere parte di qualcosa di speciale. Tutto questo era vero soprattutto dopo la parentesi nel baseball, i 21 mesi lontano dall’Nba interrottisi nel marzo 1995, con quel famoso fax “I’m back” che preannunciava il ritorno di Jordan allo sport in cui era il pi¨´ grande di tutti: il basket. Solo che il Jordan dell’ultima parte del 1994-95 non era lo stesso che se n’era andato nel 1993, a 30 anni, dopo tre anelli, troppa pressione addosso e la morte del padre (ma no, le scommesse non c’entrano, come il compianto David Stern ripete per l’ennesima volta in The Last Dance). “Il 45 (il nuovo numero con cui MJ si era ripresentato in campo, ndr) non ¨¨ forte come il 23” lo aveva stuzzicato Nick Anderson durante le semifinali di conference del 1995 tra i Bulls e i Magic. Ed era vero: MJ aveva passato mesi a cercare di diventare un giocatore di baseball, a nutrire il suo corpo di tutto quello che gli serviva per diventare grande anche sul diamante. Durante quei primi mesi di nuovo su un parquet, Jordan era stato il primo a rendersene conto. Ottenendo la conferma durante quella serie persa contro i Magic del suo ex partner Horace Grant, Mr. Goggles con cui aveva vinto i primi tre titoli.
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la guerra dei Bulls
¡ªJordan aveva passato l’estate 1995 a girare Space Jam e a prepararsi per la sua missione: riprendersi quel trono che aveva lasciato libero quando aveva deciso di ritirarsi due anni prima. Gli allenamenti durante le riprese di quello che resta il film sul basket con pi¨´ incassi della storia (230 milioni di dollari in tutto il mondo) sono diventati parte della leggenda, nella mini arena costruita ad hoc sul set dove la sera confluiva il meglio dell’Nba di allora per sfidare MJ in partitelle senza regole e senza fine. Quando Jordan si present¨° al camp, sentiva che il suo compito era quello di assicurarsi che i suoi nuovi compagni (Scottie Pippen era l’unico superstite della sua prima esperienza ai Bulls) fossero alla sua altezza. “Volevo che capissero cosa vuol dire essere in trincea, che quando giochi in una squadra da titolo c’¨¨ un certo standard da rispettare” racconta Jordan in The Last Dance. “Ogni giorno quel training camp era come una guerra” gli fa eco Kerr.
il pugno
¡ªErano i primi giorni di ottobre del 1995, di quella guerra che Jordan aveva scatenato nel training camp dei Bulls. Partitella di fine allenamento, di quelli degli Anni Novanta dove tutto era pi¨´ intenso. Phil Jackson decide di mettere Kerr in marcatura su Jordan nel pi¨´ classico dei titolari contro riserve. “Aveva capito che ci stavo mettendo tanta aggressivit¨¤ e stava cercando di limitarmi - ricorda Jordan -: cominci¨° a chiamare fallo ad ogni azione, ma cos¨¬ mi faceva arrabbiare ancora di pi¨´ perch¨¦ pensavo che quell’atteggiamento, quella protezione, non ci avrebbe aiutato ad affrontare New York o le altre squadre fisiche dell’Est”. MJ e Kerr vanno avanti a colpi di trash talking per qualche possesso, con Jordan che continua ad insultare il compagno arrivato a Chicago nell’estate 1993, poco prima del suo addio. MJ lo spinge, Kerr reagisce colpendolo al petto. E a quel punto Jordan gli sferra un pugno in un occhio. Jackson caccia la sua star dall’allenamento, lui sotto la doccia capisce l’errore e sbollita la rabbia chiama il compagno. “Mi ha chiamato, ne abbiamo parlato. Ma probabilmente difendermi ¨¨ stata la cosa migliore che abbia fatto - racconta Kerr -. Michael metteva alla prova chiunque, e io comportandomi in quel modo gli avevo tenuto testa, guadagnandomi il suo rispetto. Da quel punto in avanti il nostro rapporto ¨¨ passato ad un altro livello. Era come se ci fossimo entrambi tolti un peso e fossimo pronti ad andare in guerra insieme”.
best team
¡ªQuel pugno, ha raccontato Phil Jackson nel suo libro “Eleven Rings”, ¨¨ stata la sveglia di cui la squadra aveva bisogno. Ha fatto capire a Jordan che stava sbagliando il modo di entrare in sintonia con i suoi compagni: “Mi sono sentito piccolo piccolo dopo quel pugno” racconta Jordan. E al resto dei Bulls che MJ era tornato e che per giocare con lui ognuno dei suoi compagni doveva spingersi al massimo: “Se non lo facevi rimanevi fuori - ha raccontato Kerr -. Nessuno di noi lo voleva, quindi ci spronavamo l’uno con l’altro a dare il massimo. Ma ho sempre pensato che riuscire a migliorare i compagni facesse parte della genialit¨¤ di Michael”. Quel pugno gett¨° le basi per una stagione storica, la prima volta di una squadra Nba sopra le 70 vittorie, un record incredibile battuto solo… dai Warriors allenati da Steve Kerr. Una stagione chiusa col Larry O’Brien Trophy (al contrario della versione 2015-16 di Golden State) perch¨¦, come recitava il motto dei Bulls in quei playoff 1996, 72 vittorie “non significano niente” senza l’anello. Un titolo conquistato anche grazie al contributo di Kerr, che in 23.4 minuti a gara chiuse la regular season col 50.6% dal campo, il 51.5% da tre e il 92.9% ai liberi (numeri che gli sarebbero valsi l’ingresso nell’esclusivo club dei 50/40/90, avesse raggiunto il numero minimo di tentativi). Kerr nel secondo three-peat dei Bulls ha dato un contribuito particolarmente importante nelle Finals del 1997, colpendo il tiro decisivo in gara-6 contro i Jazz. Su assist di Jordan, ovviamente…
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