Bagnaia e i suoi "fratelli": chi ha vinto almeno due Mondiali di fila in Top Class

Kenny Roberts (Modesto 31 dicembre 1951) ha una carriera di soli 9 anni nel mondiale. Il “veni vidi vici” si applicava bene a Kenny Roberts, in assoluto fra i più grandi di tutti i tempi, con un curriculum sostanzioso, tre mondiali vinti (di fila, dal 1978 al 1980) e primo in 24 gare,. Poi 44 podi, 22 pole position, 27 giri veloci, che tuttavia non dicono tutto su cos’è stato davvero il fuoriclasse californiano. Basti ricordare che nel 1987, a quattro anni dalla sua ultima gara, il tre volte campione del mondo anche un po’ appesantito rientrò nelle prove del venerdì nel Motomondiale 500 a Monza per aiutare Randy Mamola in lotta per il titolo iridato. Gli appalusi erano tutti per lui, con il pubblico che a Lesmo invase la pista per abbracciarlo e ringraziarlo. Arrivò a un soffio dalla top ten. Kenny veniva dal Flat Truck e dal Dirt Track, specialità dove si correva su anelli di terra battuta oltre i 200 orari, di traverso, e dove il ragazzo non aveva avversari. Gli avevano parlato del Motomondiale e di Agostini, Sheene, Cecotto. Sempre fedele alla Yamaha, sbarca in Europa nel ’74, ventitreenne e sale subito sul podio della 250, wild card, ad Assen. Kenny aveva un gran cuore e un gran manico, aggressivo e di più, specie sul bagnato, superbo stilista che sviluppò lo stile di Jarno Saarinen, tutto fuori dalla sella in curva e con il ginocchio a sfiorare, spesso sbattendolo, sull’asfalto. E’ lui il vero inventore dello stile attuale, esasperato oggi dal tipo di gomme della MotoGP. E’ lui il primo a festeggiare la vittoria con il giro d’onore in pista su una sola ruota. Sì il “marziano”, così era chiamato da tutti, ha davvero segnato un’epopea dominando per tre stagioni consecutive, 1978-1979-1980, la 500. Tuttavia, nella storia restano segnate le 200 Miglia, quella di Daytona del 1974 e quelle successive di Imola, e i mitici duelli con Giacomo Agostini. Oggi i piloti MotoGP alloggiano in Motorhome faraonici. Kenny dormiva nella brandina sbiadita, sotto il suo gazebo bucato. Lui era il cowboy. E adesso dipinge perché “Mi aiuta ad estraniarmi dalla realtà. Un po’ come quando correvo”.