La Casa di Hamamatsu ha conquistato il titolo piloti con Mir grazie alle doti tecniche della moto giapponese, l'organizzazione di Brivio e l'ottimizzazione di un budget che ¨¨ il secondo meno ricco della MotoGP
Semplicit¨¤, efficienza, ottimizzazione. Sono le tre ricette che hanno portato la Suzuki al titolo piloti MotoGP 2020, vinto da Joan Mir, a 20 anni dall'ultimo alloro, con Kenny Roberts Junior nel 2000. Alloro che giunge a 60 dalla presenza della Casa di Hamamatsu nel mondo delle corse e a 100 dalla nascita dell'azienda. Una corona vinta con costanza - 2 le vittorie del team - e un rendimento salito di livello da met¨¤ stagione in poi, con Mir capace di recuperare un gap di 48 punti a Fabio Quartararo dopo tre GP e inanellare podi e prestazioni di livello fino al sigillo di Valencia-1 - il suo unico trionfo -, premessa del suo suggello iridato, la settimana successiva.
La semplicit¨¤
¡ª ?La semplicit¨¤ del trionfo nasce da una moto quasi basica, la sua Suzuki Gsx-RR, costruita attorno a concetti lineari, per nulla sofisticati, a partire da un 4 cilindri in linea che l'ha resa particolarmente versatile su ogni tracciato, per proseguire poi con una ciclistica equilibrata che ha consentito di gestire al meglio il consumo delle gomme, vera croce del mondiale appena terminato. Non la moto pi¨´ veloce in rettilineo, n¨¦ la pi¨´ rapida in curva, ma la pi¨´ efficiente. Una semplicit¨¤ apprezzata dai rivali, a partire da Andrea Dovizioso, che del trionfo della Casa di Hamamatsu ha detto: "La Suzuki ha dimostrato che si pu¨° vincere anche lavorando su basi tecniche semplici, apparentemente banali, e che se lo fai bene non devi inventarti alcunch¨¦ di speciale".
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Efficienza
¡ª ?L'efficienza deriva dalla capacit¨¤ di coniugare il metodo giapponese, incarnato dal project leader Shinichi Sahara e dal technical manager Ken Kawauchi con il pragmatismo italico imposto dalla saggia guida di Davide Brivio. Il team manager brianzolo, preparato e pacato, ¨¨ stato capace di amalgamare al meglio il lavoro di un team che non ha squadre satelliti - solo due le moto in pista -, n¨¦ un title sponsor - la Ecstar ¨¨ un marchio interno, di lubrificanti - n¨¦ una forza lavoro pari a quella degli altri colossi in pista. Simbolica una dichiarazione di Brivio quando sono state disposte le misure anti-Covid per questo mondiale small. "Quando l'organizzazione ci ha detto che potevano entrare nel paddock solo 45 lavoratori per squadra noi abbiamo riso: siamo solo 35 e abbiamo molto spazio...". In pi¨´, anche un certo garbo, emerso quando a Valencia si ¨¨ posto il problema di fare o meno appello contro la penalizzazione della Yamaha solo nel mondiale Costruttori e non anche in quello piloti per le valvole irregolari del GP di Spagna. Ebbene, Brivio disse chiaramente: "Forse sono romantico, ma da un punto di vista prettamente sportivo sono contento che non siano stati tolti punti ai piloti: cos¨¬ in caso di una vittoria di Mir non ci potranno essere ombre sul suo titolo". Trionfo solare, appunto, e con stile.
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L'ottimizzazione
¡ª ?L'ottimizzazione, infine: la Suzuki ha gestito al meglio le sue risorse economiche, che non sono illimitate, n¨¦ faraoniche, anzi. Da ricostruzioni orientative il suo budget per la MotoGP ¨¨ il penultimo della griglia, a spanne non superiore ai 35/40 milioni di euro, in una graduatoria che vede alle sue spalle solo l'Aprilia (15/20) e ben lontano dalla cifre che pu¨° mettere sul piatto la Honda, che viaggerebbe intorno ai 70/80 milioni di euro annui. Nel mezzo le altre Case con la Yamaha abbastanza in alto (sui 60), poi la Ktm (50), molto florida per l'apporto della Red Bull, e la Ducati, che la soglia dei 50, comprensiva dei costi di sviluppo del prodotto per la tecnologia testata nelle corse, l'ha dovuta abbassare da un po'. Spendere bene e spendere meglio fa sollevare i trofei: ecco la lezione Suzuki.
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