La decisione di Bagnaia di utilizzare il n.1 sulla Ducati ripropone il tema del numero di gara dei piloti. Da Pecco a Valentino Rossi, fino all'esuberante pilota inglese che intu¨¬ per primo il valore simbolico della scelta, ecco come ¨¨ cambiato negli anni
Quest¡¯anno la Ducati porter¨¤ il numero 1 sulle rosse iridate di Pecco Bagnaia e di Alvaro Bautista nei due principali campionati mondiali di motociclismo, rispettivamente, MotoGP e Superbike. Erano altri tempi quando, a cavallo degli anni ¡¯50 e ¡¯60, nel Motomondiale la MV Agusta aveva il n. 1 sui propri bolidi grigio-rossi in ben quattro cilindrate diverse: 125, 250, 350, 500. Agli inizi del motomondiale il numero 1 veniva infatti riservato d¡¯ufficio al pilota campione del mondo e, seppur per breve tempo e mai del tutto applicato, gli altri erano assegnati in ordine: il n. 2 per il secondo classificato, il n. 3 per il terzo e cos¨¬ via.?? anche capitato che, in qualche gara, il campione del mondo abbia gareggiato con un ¡°suo¡± numero, ma in quel caso la tabella del "number one" non poteva comunque essere assegnata a nessun altro.?
identificazione e marketing
¡ª ?La scelta di portare nel 2023 il numero 1 sulle carene delle Ducati MotoGP e Sbk di Pecco Bagnaia e Alvaro Bautista ha riacceso l¡¯interesse e la curiosit¨¤ sul modo in cui nel motociclismo vengono assegnati i numeri. ? una questione che riguarda i regolamenti e anche la volont¨¤ dei piloti di caratterizzarsi con un proprio numero, non solo per vezzo, ma come elemento identitario funzionale a marketing e business. Il numero di gara per prima cosa contraddistingue ogni pilota consentendone una rapida identificazione da parte di commissari di gara e del pubblico, in circuito o davanti alla tv, ma con il tempo ha avuto una evoluzione. Oggi, con poco pi¨´ di 20 partecipanti in MotoGP, riprese tv da ogni angolazione e circuiti corti in cui si gira sotto i 2 minuti, ¨¨ facile riconoscere in corsa il proprio beniamino e i suoi avversari da altri particolari. Altra cosa, invece, nei primi due-tre decenni del mondiale, con il doppio e anche triplo dei partecipanti su circuiti ben pi¨´ lunghi da 3-4?minuti al giro, fino ai 20' e passa del Tourist Triophy di 60 km.?
casco come simbolo
¡ª ?Da molte stagioni ogni pilota ¨¨ facilmente riconoscibile anche per la propria tuta variopinta e ricca di sponsor mentre fino a met¨¤ degli anni ¡¯60, con le moto per lo pi¨´ monocolore o al massimo bicolori, tutti i corridori indossavano la tuta di pelle nera con il caschetto Cromwell, che comunque li caratterizzava con disegni e colori particolari. Il casco faceva riconoscere a tutti il pilota, pi¨´ del numero di gara sulla carena della moto. Come non ricordare infatti il casco tricolore di Giacomo Agostini, sia negli anni della scodella, sia nel periodo dell¡¯integrale? Per oltre un decennio ¨¨ stato l¡¯emblema dell¡¯Italia nel mondo, sulla scia del Cavallino rampante della Rossa di Maranello. Successivamente, come non vedere la ¡°rivoluzione¡± impressa dal designer Aldo Drudi a fine anni '70, con i caschi da Oscar per i due Rossi, prima per pap¨¤ Graziano, poi vent¡¯anni dopo per Valentino?
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barry sheene rivoluziona tutto
¡ª ?Tornando al numero, era stato il campione del mondo della classe regina 1977, Barry Sheene, a rinunciare ufficialmente al suo numero 1: prima non era mai accaduto prima che l'iridato in carica dicesse addio al numero 1 conquistato sul campo. In Suzuki storsero un po¡¯ il naso, poi presero atto della volont¨¤ del loro pilota-show-man: non un vezzo, ma una avveduta scelta identitaria di un pilota-comunicatore, a uso affettivo e di marketing. Quel casco del ¡°Baronetto¡± (Barry era stato insignito dell¡¯Ordine dell¡¯Impero Britannico), soprannominato 'Iron Man' per le tanti viti e piastre inserite nel suo corpo a causa degli incidenti, era l¡¯evoluzione del casco dell¡¯amico-rivale Graziano caratterizzato dall¡¯immagine di Gatto Silvestro: nel caso dell'inglese, sulla parte anteriore spiccava il viso di un Paperino in un cerchio d¡¯oro, con il numero ¡°7¡± ai lati dell'integrale, a replicare quello sul posteriore della tuta e i tre ¡°7¡± sulla carena del suo bolide. Con Barry Sheene il proprio numero di gara diventava un marchio identitario, un simbolo non pi¨´ utilizzabile da altri piloti: tendenza che arriva fino a oggi, dove anche l¡¯ultimo arrivato dei campionati minori ne fa una propria bandiera.?? stato poi Valentino Rossi a far fare al numero di gara un ulteriore salto di qualit¨¤: il 9 volte campione del mondo ha infatti reso il 46 non soltanto il suo numero di corsa, ma un brand, il marchio doc di tutte le sue molteplici attivit¨¤ di business.
quei numeri ritirati
¡ª ?Rotto il ghiaccio, dopo Barry Sheene tanti piloti? hanno rinunciato al n. 1 di campione del mondo, anche nel cross: Stefan Everts ha sempre corso con il ¡°72¡± del suo anno di nascita e Tony Cairoli con il ¡°222¡±, il numero del telaio della sua prima moto. Alcuni numeri sono stati anche ritirati dagli organizzatori in quanto legati a piloti particolarmente significativi. Fra questi spiccano il ¡°34¡± di Kevin Schwantz, il ¡°46¡± di Valentino Rossi e, dopo gli eventi luttuosi, il ¡°58¡± di Marco Simoncelli, il ¡°69¡± di Nicky Hayden. In questa particolare categoria c¡¯¨¨ anche l¡¯eccezione del numero ¡°0¡± usato da Phil Read sulla MV Agusta 500 4 cilindri in occasione del primo round stagionale 1974 al GP di Francia sul circuito di Clermont Ferrand. Il motivo? Il focoso baronetto inglese aveva chiesto e ottenuto dal d.s. MV Arturo Magni (poco convinto¡) il numero ¡°0¡± sul suo bolide perch¨¦ gli organizzatori avevano concesso il n. 1 a Lansivuori e il 2 ad Agostini lasciando a Phil il n. 3. ¡°Il campione del mondo sono io: o mi date il numero che mi spetta o io scelgo il primo numero che mi viene in mente¡±, disse. E corse con il numero zero. Per la cronaca, Read fece la pole (3¡¯36¡¯¡¯) e vinse la gara davanti a Sheene e al compagno della MV Gianfranco Bonera. L¡¯inglese domin¨° quel mondiale vincendo 4 Gran Premi, pi¨´ tre podi. Adesso, tocca a Bagnaia, in MotoGP, e a Bautista, in Sbk, rendere onore al loro n. 1 meritatamente conquistato. L¡¯obiettivo? Fare il bis. Il doppio bis.
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