Il 1961 ¨¨ stato l¡¯anno in cui ¨¨ cominciato il dominio prima della Honda, e poi di Suzuki e Yamaha. Ma anche del disimpegno di MV Agusta e delll¡¯inventina di Morini e Benelli. Ma i nipponici non hanno solo ¡°copiato¡±...
Sessant¡¯anni fa, nel Motomondiale 1961, avveniva la svolta storica del motociclismo con lo tsunami delle Case giapponesi che da allora dominano la scena iridata. Una dopo l¡¯altra, le Case europee, protagoniste delle corse per il primo mezzo secolo del ¡®900, avevano abbandonato il campo: Norton, AJS, Velocette, Peugeot, NSU, DKW, BMW, Garelli, Bianchi e poi Guzzi, Gilera, Mondial ammainavano le loro gloriose bandiere, alcune solo pro tempore.
Il disimpegno della MV Agusta
¡ª ?La stessa MV Agusta, dopo gli exploit del decennio 1950-1960 (2644 gare vinte, 36 campionati del mondo piloti e costruttori, 19 trionfi al Tourist Trophy, 14 titoli italiani seniores) dal 1961 ridimensiona la propria presenza agonistica abbandonando la 125 e la 250 limitandosi a fornire a pochissimi piloti di primordine le sue 350 e 500 4 cilindri con la dicitura ¡°privat¡± sul serbatoio a significare, se non il disinteresse, quanto meno la volont¨¤ di non proseguire nello sviluppo tecnico. Ancora nel 1961, la MV Agusta, senza pi¨´ i suoi due principali portabandiera Carlo Ubbiali (che d¨¤ l¡¯addio alle corse) e John Surtees (che passa alla F.1) conquista con Gary Hocking i titoli mondiali 350 e 500, facilitati anche dalla mancanza di avversari adeguati, ridotti alle brillanti ma vetuste monocilindriche 4 tempi, per lo pi¨´ Norton, Matchless, AJS.
Arriva la Honda
¡ª ?Ma ecco, dopo l¡¯annuncio dato a met¨¤ degli anni ¡®50 da Soichiro Honda di entrare nelle corse internazionali e dopo il rodaggio nel 1959-60, irrompere di forza le moto della Casa dell¡¯Ala dorata, nel 1961 iridate per la prima volta in due categorie, nella 125 con l¡¯australiano Tom Phillis e nella 250 con l¡¯inglese Mike Hailwood. I successi di Hocking con le moto italiane rendono, almeno apparentemente, meno pesante l¡¯impatto del ¡°miracolo giallo¡±, limitato per ora alle due cilindrate minori. Gi¨¤ nel 1962Honda salir¨¤ di cilindrata e con Jim Redman far¨¤ suo, oltre al mondiale 250, anche quello della 350 e con Luigi Taveri quello della 125 mentre l¡¯esordiente Suzuki conquister¨¤ con il transfuga tedesco-orientale exMZ Ernst Degner il mondiale dei microbolidi della nuova classe 50. In una sola stagione, dal 1961 al 1962, Honda e Suzuki raddoppiano il loro bottino iridato: bottino che via via aumenter¨¤ ancora anche grazie all¡¯ingresso dell¡¯altro gigante del Sol Levante, la Yamaha.
Benelli e Morini resistono nella 250
¡ª ?In quel 1961, per la prima volta dagli inizi del Motomondiale del 1949, i piloti italiani restano a bocca asciutta e per la prima volta l¡¯industria italiana non ¨¨ protagonista al Tourist Trophy dopo aver conquistato sul prestigioso tracciato dell¡¯Isola di Man ben 38 vittorie (19 con la MV Agusta, 11 con la Guzzi, 3 ciascuna con Gilera e Mondial, 2 con Benelli) e dopo aver trionfato per undici volte dal 1937 al 1950 con piloti dal calibro di Omobono Tenni, Dario Ambrosini, Carlo Ubbiali. In quella storica stagione 1961, le Case italiane, oltre alla MV Agusta nelle due massime cilindrate diventate agonisticamente monotone e tecnicamente ferme, resistevano nella categoria pi¨´ combattuta e difficile: la 250. Ci¨° grazie alla Morini (con la straordinaria monocilindrica 4 tempi bialbero) e alla Benelli (fino al ¡¯61 con la monocilindrica 4 tempi bialbero e poi dal 1962 con la nuova 4 cilindri 4 tempi bialbero) e ai rispettivi piloti di punta, il piacentino Tarquinio Provini e il pesarese Silvio Grassetti. Morini, ma anche Benelli, danno per¨° priorit¨¤ alle gare italiane limitandosi a saltuarie partecipazioni iridate in quei Paesi ritenuti utili per il loro mercato. I due assi italiani si danno battaglia e fanno show in Italia e quando si presentano in pista nei Mondiali fanno miracoli, con corse straordinarie, sempre protagonisti, pur se spesso beffati dalla sfortuna. Addirittura Provini sfiora il titolo nel ¡¯63 perdendolo nell¡¯ultimo round nella tana del lupo,a Suzuka.
Una lotta impari
¡ª ?Anche la Bianchi, dalla fine del 1960, tenta il rientro nelle grandi corse con una 250 bicilindrica 4 tempi progettata dall¡¯Ing. Lino Tonti: motore che, dal 1961, viene maggiorato per gareggiare nella 350 (con Tino Brambilla, Silvio Grassetti, Bon Mc Intyre, Alistair King) e in seguito rifatto e sviluppato per la 500 affidata allo spoletino Remo Venturi. Era, date le dimensioni industriali e commerciali e il peso economico delle aziende in campo, uno scontro impari, fra Davide e Golia. In quei cruciali primi anni ¡¯60, con la crisi del mercato motociclistico travolto dal boom dell¡¯automobile, tutto il peso dello scontro in pista ¨C riflesso della competizione sui mercati - con i colossi del Sol Levante ricadeva, oltre che sulla MZ (la Casa della Germania Est disponeva di eccellenti moto 2 tempi a disco rotante imbrigliate per¨° dalle pastoie burocratico-politiche nazionali e internazionali), su queste poche nostre Marche, di nobile lignaggio e tecnicamente all¡¯avanguardia ma di scarsa visione strategica e, soprattutto, di limitate risorse economiche e finanziarie. In quelle durissime stagioni, l¡¯industria italiana - in particolare le Case citate - resister¨¤ rimanendo protagonista ma passer¨¤ alle Case del Sol Levante lo scettro del dominio.
LEGGI ANCHE
Il miracolo della Morini 250
¡ª ?In quei primi decisivi anni ¡¯60 qual era tecnicamente, nella classe clou della 250, il livello delle forze in campo? Morini si affidava alla sua straordinaria monocilindrica 4 tempi nella logica che ¡°meno pezzi ci sono, meno pezzi si rompono¡±. Moto-capolavoro, la duemmezzo bolognese, trionfante con Emilio Mendogni al debutto iridato di Monza nel 1958, sviluppata poi anche grazie all¡¯apporto di Provini nel ¡¯60-61, ottima nel ¡¯62, eccellente nel ¡¯63, soprattutto per il suo equilibrio generale, la sua leggerezza (poco sopra i 100 Kg a vuoto) e la sua guidabilit¨¤ unica, con un cambio da orologio svizzero. Il motore passa dai 32 CV a 10.500 giri (210 Kmh la velocit¨¤ di punta) del 1958-59 ai 35 CV a 11.500 giri del 1961 ai 38 CV a 12.000 giri (oltre 230 Kmh) del ¡®62/¡¯63 fino a toccare i 40 CV a 12.500 giri (sopra i 240 Kmh) con l¡¯ultimo motore 4 valvole provato da Grassetti nel ¡¯67 e da Bergamonti nel ¡¯68.
La crescita della Benelli
¡ª ?Benelli, da sempre attenta all¡¯evoluzioni tecnologiche, abbandonato a fine ¡®61 il monocilindrico bialbero verticale (evoluzione della quarto di litro mondiale 1951 con Dario Ambrosini) arrivato a 33-34 CV a 11.500 giri (oltre 210 Kmh), moto sotto i 100 Kg, punta tutto su un inedito 4 cilindri di gran potenziale ma dalla travagliata gestione. L¡¯inedito propulsore della Casa del Leone passa dai 34,5 CV a 12.000 giri (moto splendida quanto macchinosa, fragile e pesante da 125 Kg) del debutto del ¡®62 a Imola a un crescendo continuo di potenza e di risultati (37-38 CV con Grassetti nel ¡¯63 e poi nel ¡®64 con Provini 45 Cv a 14.000 giri, 48 CV e 14.500 giri nel ¡¯65, 52 CV e 15.500 giri nel ¡¯66, 55-58 CV a 16.500 giri nel ¡¯68-¡¯69 con l¡¯ultima versione 16 valvole), di velocit¨¤ (passa dai 225 Kmh iniziali ai 250-260 Kmh con accelerazioni da ¡ 500) e di affidabilit¨¤, fino a vincere con Carruthers il titolo mondiale 1969, dopo averlo sfiorato con il riminese Renzo Pasolini. In quel primo biennio 61-62 la Benelli 250 ¡°4¡± era la moto europea pi¨´ moderna e promettente, tant¡¯¨¨ che, al di l¨¤ dei suoi alti e bassi, e sviluppata incessantemente, conquister¨¤ ¨C come detto ¨C il mondiale di categoria del 1969. Quel motore, poi, pi¨´ saliva di cilindrata e pi¨´ rendeva, anche se del disegno originale oramai non c¡¯era pi¨´ niente: il 350 16 valvole toccava i 68 CV a oltre 14.500 giri (la stessa potenza dell¡¯MV 3 cilindri) e il 500 del 1973 disponeva di quasi 100 CV a 14.000 giri.
LEGGI ANCHE
Honda, uno Tsunami al TT
¡ª ?E le giapponesi? Nel 1961 Hailwood trionfa al TT con la Honda RC162 250 4 cilindri 4 tempi da quasi 40 CV a 14.000 giri e 130 Kg di peso. In quella gara le scodinzolanti plurifrazionate duemmezzo della Casa dell¡¯Ala dorata fanno terra bruciata: oltre al primo posto di Mike, secondo posto con Phillis, terzo con Redman, quarto con Takahashi, quinto con Taniguchi, davanti alla debuttante Yamaha bicilindrica 2 tempi disco rotante di Funio Ito. Nel 1962 la nuova Honda RC 163 sale a 45 CV a 14.000 giri e nel 1963 la ¡°4¡± RC164 7 marce di Redman tocca i 50 CV a 15.000 giri raggiungendo i 250 Kmh. La bicilindrica Yamaha 2 tempi a disco rotante, una decina di Kg pi¨´ leggera della Honda ma ancora pi¨´ delicata di motore e pi¨´ ruvida nella guida anche per la coppia alta, nel biennio ¡¯63-64 disponeva di 48 CV a 12.500 giri e oltre 245 Kmh. Altro discorso quando nel settembre del ¡¯64 Honda fa debuttare la 250 6 cilindri 4 tempi 24 valvole da oltre 65 CV a 18.000 giri e dopo Yamaha si presenta con la 250 4 cilindri a V 2 tempi 4 dischi rotanti da 65 CV a 13.500 giri portati a 70 CV a quasi 15.000 giri.
Il trionfo giapponese
¡ª ?Cos¨¬, alla fine, la Morini nel ¡®68 chiude il reparto corse mentre la Benelli cerca di resistere alzando la posta tanto da preparare in gran segreto ¨C siamo alla fine del 1969 ¨C una inedita 250 Grand prix 4 tempi 8 cilindri. Tempo e risorse gettate al vento perch¨¦ dalla stagione successiva i nuovi regolamenti proibiranno per la classe 250 i motori superfrazionati, sopra i due cilindri. Finisce un¡¯epoca. Honda, Yamaha, Suzuki puntavano ai mercati occidentali, con le corse considerate un insostituibile banco di prova per la produzione di serie e uno straordinario veicolo di propaganda. Vincere e dominare in pista, conquistando la roccaforte europea, per vincere e dominare sui mercati: questo era l¡¯obiettivo e questo obiettivo ¨¨ stato raggiunto e mantenuto. I giapponesi copiano i bolidi Made in Italy, si diceva allora nei primi anni ¡¯60. Ed era vero. Ma non si limitavano a ripetere l¡¯originale rivoluzionando motori, tecniche, tecnologie, marketing e comunicazione. Ci¨° valeva per le moto da corsa e per la produzione di serie non fermandosi a superare il conservatorismo dell¡¯industria italiana ed inglese. I giapponesi trasformarono l¡¯identit¨¤ stessa della motocicletta progettando e costruendo un nuovo mezzo di trasporto per svago e lavoro, creando un nuovo status della moto e di chi la acquistava e la usava. Industrializzarono la progettazione e la produzione migliorando la qualit¨¤ del prodotto di serie, con un ottimo rapporto qualit¨¤/prezzo. Le corse costituivano il fiore all¡¯occhiello e la cassa di risonanza di tutta la strategia. Ne ¨¨ passata di acqua sotto i ponti da quella timida apparizione dei ¡°kamikaze¡± Honda al TT del 1959 e da quei primi due Mondiali 125 e 250 vinti da Honda nel 1961. Un ¡°miracolo giallo¡±? Il dominio delle Case giapponesi, ripetendosi da 60 anni, va oltre il miracolo: ¨¨ un esempio di come, avendo una visione e definiti gli obiettivi, con la volont¨¤, la capacit¨¤ l¡¯impegno, niente ¨¨ impossibile. Anche per le Case giapponesi il percorso non ¨¨ stato lineare, tutto rosa e fiori. Ma i risultati parlano da soli.
? RIPRODUZIONE RISERVATA