Sulle orme di Pantani
Il Giro scala il Galibier

Nel 2013 la prima volta della corsa rosa sulla mitica vetta francese (2642 metri): lassù l'impresa del Pirata al Tour '98

Una panoramica del Galibier

Il 10 luglio 1911. Lunedì. Ha il dorsale numero 2, la maglia a maniche lunghe, gli occhiali alzati sulla visiera, due tubolari a tracolla e una bici che pesa come un cancello: 15 chili. Sillaba, stravolto dalla fatica della salita ma anche dalla bellezza dello spettacolo: "Mai visto niente di simile". Emile Georget arriva da Chamonix, andrà a Grenoble, quinta tappa del nono Tour de France, 366 km a quasi 27 di media, totale 13 ore e mezza, e relegherà il secondo, Paul Duboc, a un quarto d'ora, e il terzo, Gustave Garrigou, a 26'. Gli unici tre corridori a salire fino in cima a questa mulattiera a pedali e non a piedi. È il Galibier.

Prima volta — Il 19 maggio 2013. Domenica. Il Giro d'Italia (domenica 30 settembre la presentazione) per la prima volta si arrampicherà sul Galibier. E, per la prima volta nella storia del ciclismo, farà vivere lassù, a 2642 metri, dal versante di Valloire (il Tour l'ha già fatto nel 2011, ma dal versante di Briançon), il traguardo di una tappa. Per dirla con Georget: mai visto niente di simile. Sarà la 15ª tappa, via da Cesana Torinese, poi il Moncenisio da Susa, quindi la Valle d'Arc, Saint Michel de Maurienne, il Col du Télègraphe, infine Valloire e il Galibier come la porta del cielo. In tutto 150 km e tre gran premi della montagna. E in caso di eccessive nevicate, un sistema già autorizzato per liberare la strada.

La stele dedicata a Pantani

Gigante — Al Tour, il Galibier sta alle Alpi come il Tourmalet ai Pirenei. Il primo è stato scalato 59 volte, il secondo 77. Due fuoriclasse in storia e geografia. Il Galibier è 18,1 km di salita da Valloire, 1237 metri di dislivello da quota 1405 a 2642, 6,8% come pendenza media e 11% come massima. Il Galibier è vette e abissi: a sinistra le Aiguilles di Aves e la Punta Tois-Eveches, a sud la Barre des Ecrins. Il Galibier è, in alto, aquile e abeti, e, in basso, patate e ginepri. Il Galibier è "una vecchia montagna malandata, rugosa, sfregiata, straziata, scorticata" (il giornalista Henri Decoin nel 1924) e "una montagna con le tempie bianche" (L'Equipe). Il Galibier apparteneva a mercanti e contrabbandieri, ora a ciclisti e motociclisti.

Pulci e aquile — Il Galibier ricorda, tra i suoi dominatori, giganti come Henri Pélissier e Eugène Christophe; una pulce ("la Pulce dei Pirenei") come Vicente Trueba e un'aquila ("l'Aquila di Toledo") come Federico Bahamontes; angeli ("l'Angelo della montagna") come Charly Gaul e cannibali ("il Cannibale") come Eddy Merckx. Fra gli italiani, a passarci su per primi sono stati Bartolomeo Aimo nel 1924, Francesco Camusso nel '32, Gino Bartali nel '37, Mario Vicini nel '38, Fermo Camellini nel '47, Fausto Coppi nel '52, Franco Chioccioli nel '92, Stefano Garzelli nel 2003. E soprattutto Marco Pantani nel '98. È una giornata invernale, i fari delle macchine illuminano la strada, finché il Pirata, a 47 km dall'arrivo di Les deux Alpes, e a 4 dalla vetta del Galibier, mani basse sul manubrio, scatta e fa il vuoto, prendendosi tappa e maglia gialla, che non mollerà più. Ora, nel punto in cui Pantani scattò, è stata eretta una stele. E un altro monumento, del 1949 - il ciclismo ha il dono della memoria -, è dedicato a Henri Desgrange, che aveva concepito questa cattedrale ciclistica che gli aveva ispirato un "Atto di adorazione": "Oh Sappey, oh Laffrey, oh Col Bayard, oh Tourmalet! Non mi sottrarrò al mio dovere nel proclamare che, confronto al Galibier, non siete altro che neonati pallidi". Il Galibier vive in Dédé Leducq, che nel 1930 era così in crisi da fermarsi su una pietra e chiamare la mamma, e in Raymond Poulidor, che lo definì "un supplizio".

Vietato alle bici — Con il passare del tempo, invece d'inchinarsi, il Galibier si è alzato. Fino al 1976, la vetta era trafitta da un tunnel lungo 365 metri, "un metro per ogni giorno dell'anno" come recita la gente che lì va e viene, ma non ci abita, perché nessuno lì ci abita. Ed è stato creato un chilometro di strada in più, al 10%. Da 10 anni il tunnel è stato riaperto, ma non alle bici. Giusto. Chi vuole il paradiso, deve pedalarselo fino in cima. E così farà anche il Giro d'Italia.