Franco Ballerini in visita alla Gazzetta dello Sport con la moglie Sabrina nel 2008. Bozzani

Una scultura, al Mandela Forum di Firenze: 25 quintali in marmo di Carrara, opera di Giorgio Butini, inaugurata ieri. Una stele, vicino alla palestra della scuola media di Casalguidi-Cantagrillo, scoperta oggi. Una granfondo, con partenza e arrivo a Lucca, oggi. In suo onore, ricordo, omaggio. La settimana dei Mondiali di ciclismo comincia con lui, e per lui, e da lui: Franco Ballerini.

Sabrina, dov’è Franco?
"Qui. Queste sono le sue strade, i suoi campanili, i suoi bar. Questi sono i suoi orizzonti, le sue frontiere, i suoi paesaggi. Questa è l’aria di casa sua. E continua a esserlo. Soprattutto quando c’è in giro una bicicletta. O dieci. O cento. O migliaia, come nella granfondo che porta il suo nome".

E’ vero che questi Mondiali cominciano proprio da lui?
"A Giuseppe Bellandi, sindaco di Montecatini, Franco la buttò lì: perché non si fa un Mondiale? L’idea divenne un progetto, il progetto si trasformò in una missione. Poi, a renderla possibile, hanno pedalato in tanti. E adesso ci siamo. C’è anche lui".

Che cosa avrebbe detto e fatto, in questi giorni?
"Sarebbe stato male. Perché avrebbe ancora dovuto scegliere le due riserve. E dire di no gli era quasi impossibile, e quando ci riusciva, soffriva. Cominciava a costruire la sua Nazionale sei mesi prima, aggiungeva nomi e non ne cancellava, alla fine il quaderno era pieno di corridori più del foglio di partenza del campionato italiano. Più si avvicinava il Mondiale, più lui si struggeva ".

Pressioni?
"Da tutti. Sconosciuti che lo fermavano per la strada, dandogli del tu come se fossero amici dall’infanzia, e forse lo erano. Certe mogli o compagne di corridori che telefonavano. E lui che, a tutti, indistintamente, spiegava le sue ragioni".

Lei gli ha mai fatto pressioni?
"No. Ma una volta ho fatto la spia. Un corridore mi ha chiesto di guardare se era sulla lista definitiva. Sono entrata in camera, ho controllato, c’era. Luca Scinto".

Franco era amato proprio perché non diceva mai di no.
"Capace di ricevere tre inviti per sera e non saltarne neanche uno. Un saluto, un brindisi, una testimonianza. Per questo noi, a casa, lo vedevamo poco, troppo poco. Tanto più che a casa non staccava mai il telefono, rispondeva a tutti, anche a Natale".

Che cosa diceva?
"Gli amici li riconoscevamo perché li ingigantiva. Stefano diventava Stefanone anche se di statura rimaneva un metro e sessanta. Le segretarie le riconoscevamo perché le ingentiliva. E così Luciana diventava Lucianina, Roberta Robertina. E il medico degli azzurri era ‘il grande Doctor’".

Alfredo Martini era Alfredone?
"Certo. Con lui aveva un rapporto speciale, unico, superiore. E a chi diceva che sembravano padre e figlio, Martini spiegava che non era vero, perché Franco aveva già il suo babbo e lui aveva già due figliole. Ma si sentivano dalla mattina alla sera, continuamente, e non solo per il ciclismo, anzi, il ciclismo era spesso solo una scusa, un alibi. Alfredone, come lo chiamava lui, è stato 10 ore in ospedale con noi, quando Matteo è stato operato alla testa. Non lo dimenticheremo mai".

E i corridori?
"Li amava tutti, o quasi. Li difendeva finché poteva. E si rammaricava solo quando scopriva che non facevano la vita dei corridori, cioè la stessa vita che faceva lui quando correva. Allenarsi, alzarsi da tavola ancora con la fame, non bere alcolici, non fumare, non frequentare discoteche, andare a letto presto. E siccome ci siamo conosciuti che eravamo ragazzi, anch’io, che non ho mai corso, ho fatto per anni la vita del corridore".

E le corse?
"Non ci andavo prima, perché non m’interessava farmi vedere o mettermi in mostra, e non ci vado neanche adesso. Ma per i Mondiali farò un’eccezione. Starò vicino al cimitero: la corsa passerà di lì (al km 67, ndr). E mi metterò gli occhiali scuri. Perché certe volte sono fredda come un iceberg, ma altre mi commuovo. E lì sono certa di crollare".

Sabrina, si è più innamorata?
"No. Forse perché dai confronti Franco continua a uscire vincitore. Forse perché la gente continua a considerarmi ‘la moglie di Ballerini’ o a vedere la sua figura accanto alla mia. Forse perché è destino: quello che deve accadere – penso – accadrà".

E lo sogna?
"Spesso. Lo vedo sempre sereno e sorridente, lo immagino all’estero, alle corse, al telefono. Comunque sta bene e con un grande privilegio: non invecchia. Neanche un capello bianco. E la mattina, quando mi sveglio, mi sento più rassicurata, come garantita dalla sua, come dire?, assente presenza. Solo una volta sono rimasta turbata. Gli dicevo che il podio realizzato per i Mondiali di Firenze era strano, c’era qualcosa che non andava, forse i gradini, forse i numeri. Lui mi ha detto di non preoccuparmi, ché tanto i Mondiali li avremmo visti insieme".

E allora?
"E allora lo aspetto".