Kudus Merhawi, il più giovane al Tour of Rwanda: 18 anni

Brividi equatoriali. Quelli di Bruno Langlois, vincitore della quarta tappa, la Huye-Karongi, di 152,9 chilometri. Trentaquattro anni, nome italiano e cognome francese probabilmente per indicare un suo antico antenato inglese ("le anglais"), canadese di Rimouski, abitante a Quebec City, Langlois ha attaccato subito dopo aver superato la penultima salita (a quota 2290 metri), ha aperto il gas in discesa, ha tenuto duro sull’ultima salita, poi è sceso a tomba aperta e ha tagliato il traguardo impennando. L’ultima trentina di chilometri li ha volati da solo. Sul polso sinistro si era segnato i chilometri dei quattro gran premi della montagna, poi ridendo ha confessato che "li ho copiati dal libro di corsa, ma i dati erano sbagliati".

MASSAGGI — Langlois ha cominciato a correre a 18 anni, nel 1997, poi ha pedalato fra dilettantismo e professionismo, fra Canada e Stati Uniti, anche in Sud Africa. Di questa squadra, il Team Quebecor Garneau (Quebecor è un gruppo giornalistico, Garneau è un’azienda di abbigliamento sportivo che veste anche la squadra ruandese), è un po’ corridore, un po’ capitano, un po’ selezionatore, un po’ anche chinesiterapista. Cioè massaggi. Il frutto dei suoi studi universitari. E la sera si prende cura anche dei muscoli dei compagni. Su di sé: "Era un mese che non correvo. Il primo giorno sono andato in crisi e ho fatto gruppetto. Poi ho puntato solo a vincere una tappa. Un giorno vado forte, l’altro piano". Sugli africani: "Giovani e forti, inesperti, qualcuno talentuoso. Non sanno quello che fanno, ma spesso lo fanno bene. Difficile dire quando diventeranno fenomeni come nella maratona. E’ più facile comperare un paio di scarpe e correre, che comperare una bici e pedalare. Ma prima o poi ce la faranno".

FELICITA’ — Brividi equatoriali anche quelli di Kudus Merhawi, l’eritreo, il più giovane - 18 anni - del Tour of Rwanda. Mai visto un secondo così felice. Kudus ha battuto il gruppo della maglia gialla, il sudafricano Daren Lill, e dei migliori, esibendo il suo gesto di trionfo - una sparatoria - come se avesse vinto. "E’ felice perché si diverte - sostiene Jean-Pierre Van Zyl, direttore sportivo della squadra Uci Continental Center - e perché ogni giorno scopre qualcosa di se stesso". E lo scoprono anche gli altri.

SCALPELLO — Brividi equatoriali perfino quelli della Toyota Carina su cui viaggiava il sottoscritto. Già ieri aveva regalato qualche attimo di incertezza sbadigliando invece di rombare. Stavolta si è incantato l’acceleratore. Qui i meccanici lavorano con scalpello e martello, e con un lavoro di fino sembra sia tornata come nuova. Sembra. Perché il contachilometri segna già oltre 240 mila chilometri