Fiandre, i Muri ai raggi X
L'analisi di Alberto Ferraris

Alberto Ferraris, cicloamatore appassionato e noto "esploratore" di percorsi e salite, offre il proprio contributo all'Operazione Fiandre

• Ascolta
• Mail
• Stampa
• commenti
• OKNotizie
• 
• badzu
• Condividi su MySpace!
• Facebook
• 
• Tweet

Tom Boonen sul Grammont

Alberto Ferraris, curatore della rubrica "Salite della Leggenda" sul mensile Cicloturismo, e cicloturista praticante, interviene nell'Operazione Fiandre

Con 15 mila compagni di avventura c’è il rischio, una volta lasciata Bruges, di avere una crisi di identità on the road, ma quando arrivi a metà della Ronde inizi a sentirti un eroe perché vai ad affrontare quei terrificanti cocuzzoli col fondo in pietra che hanno fatto grandi tanti campioni, dal Leone delle Fiandre a Spartacus, passando per Van Steenbergen, Van Looy, Merckx, Raas, Argentin e Boonen. Quando conquisti uno dopo l’altro il Vecchio Kwaremont, il Koppenberg e il Muro di Grammont senti di aver fatto un’impresa. Ripercorrendo le stesse strade che hanno visto gli exploit di Fiorenzo Magni e di Fabian Cancellara. Gli elementi caratterizzanti del Giro delle Fiandre sono proprio i "muri", tratti di salita brevi ma molto ripidi, spesso con fondo pavé. Il percorso della Ronde, che ha uno sviluppo di 250-260 chilometri, ne affronta 15. Non sono montagne, i muri, ma semplici colline, côtes, e nessuna svetta ad un’altitudine elevata (il punto più alto raggiunto sono i 140 metri del Kluisberg), ma le pendenze sono fortissime e ad accrescere le difficoltà c’è il rivestimento pavé di buona parte di essi. I più famosi e difficili sono il Vecchio Kwaremont, il Koppenberg e il Muro di Grammont, o "Muur van Geraardsbergen" in fiammingo. Quest'ultimo, noto anche come "il Muro" per antonomasia (Kapelmuur), è la penultima difficoltà della Ronde, collocato a 16 chilometri dall'arrivo (l'ultima è il Bosberg), e molto spesso teatro degli attacchi decisivi. Il Koppenberg, da parte sua, è stato reintrodotto nel 2008, dopo anni di assenza.

Corridori sul Koppenberg

percorso — Il percorso cambia ogni anno, ma l’ossatura rimane sostanzialmente invariata. Ogni anno l’itinerario comprende una ventina di chilometri di pavé (ci sono setto-otto tranchées pianeggianti, ma il pavé fiammingo è di qualità più confortevole di quello francese della Parigi-Roubaix) e una quindicina di salite, i famosissimi muri. Non tutti i muri sono imperituri. Buona parte di essi, anche i più famosi, hanno bizzarri destini: appaiono, spariscono e ricompaiono. Un po’ per la volontà degli organizzatori di variare il tracciato e di garantire una certa rotazione, un po’ per la necessità, a volte, di sottoporli a lavori di ristrutturazione. Pochi ricorderanno alcuni di quelli che sono stati solo effimere comparse, come il Grotenberge, il Rekelberg, il Wolvenberg, il Kortekeer, il Nokereberg, il Kouterberg, il Kattenberg, il Valkenberg, il Varentberg, che, chissà, un giorno saranno riproposti. Dal 1998 il Giro delle Fiandre parte da Bruges e dopo una parte iniziale totalmente pianeggiante punta, attraverso Ostenda e Torhout, verso Courtrai, da dove ha inizio il lungo troncone lungo la collina fiamminga, un continuo serpeggiare fra stradine, pianura e muri sino all’arrivo di Meerbeke. Il percorso ufficiale verrà reso noto solo all’inizio del 2011. Potrebbero essere confermati tutti i 15 muri dell’edizione scorsa. Ecco i loro segreti:

DEN AST – E’ una salita brevissima (450 metri), complessivamente facile. Ha un passaggio al 12%, ma non più di 50 metri. Siamo a metà corsa, le forze non mancano, non c’è perciò alcun problema.

KLUISBERG – Si comincia a fare sul serio, ma anche se a 200 metri dalla cima c’è un temibile passaggio al 15%, il fondo è buono, asfaltato. Siamo nelle Ardenne fiamminghe, ma il confine linguistico è sulla cima di questa cote: il luogo, infatti, è noto anche col toponimo francese di Mont de l’Enclus. Per raggiungere il Kluisberg si sale per quasi 2 chilometri e il dislivello (113 metri) è il maggiore di tutte le cotes da affrontare, ma il tratto di ascesa seria è limitato a un chilometro.

KNOKTEBERG – Strada stretta che penetra nel bosco, il Knokteberg è noto anche col suo toponimo vallone di Cote de Trieu. Il fondo è ottimo, la pendenza tocca una punta del 13% all’inizio della seconda metà..

OUDE KWAREMONT – Il Vecchio Kwaremont è la salita pavé più lunga del Belgio: 2 chilometri e 500 metri. E la prima delle nove non asfaltate affrontate dalla Ronde. I primi 600 metri sono per la verità asfaltati. Il resto è su mattonelle. Non ci sono grandi pendenze. La prima metà è impegnativa, ma i passaggi più ripidi toccano a malapena l’11%. Molto tenera la seconda parte, con una media del 4%. L’Oude Kwarenont è stato inserito per la prima volta nel percorso del Fiandre nel 1974 sostituendo il Quaremont, che è parallelo, sulla strada che collega Berchem a Renaix, ed ha cambiato spesso collocazione. Da anni ormai è piazzato tra Knokteberg e Patersberg.

PATERBERG – Un terrificante rettilineo pavé tra prati e radure. E’ di soli 360 metri ma sembra lungo un’eternità. Bisogna dar l’anima per superare il terrificante passaggio al 20% a circa due terzi di salita.

KOPPENBERG – Soprannominato la «sala delle torture», è una delle salite più ardue sia per la pendenza (11,6 % di media con un passaggio al 22 %) che per le caratteristiche del fondo stradale, 680 metri di velenosissimo pavé a schiena d’asino. E’ un successo riuscire a non mettere il piede a terra. Il finale, però, è più morbido, si può recuperare. A causa della caduta di cui fu vittima nel tratto più duro, nel 1987, il danese Skibby, che rischiò di essere investito da un’auto del seguito, gli organizzatori tolsero il Koppenberg dal percorso del «Fiandre» dal 1988 al 2002.

STEENBEEKDRIES – E’ uno dei muri meno famosi. Ha il fondo pavé ma pendenze modeste. Duecento metri al 6%, i restanti 500 al 5%. Lo si mette alle spalle senza difficoltà.

TAAIENBERG – Dopo 200 metri facili, c’è una parete che mette le vertigini : 250 metri verticali fino a toccare una punta del 18%. Poi è molto più facile, quasi pianeggiante. Il fondo pavé può diventare molto insidioso in caso di pioggia.

EIKENBERG – Pavé molto levigato, un tappeto di velluto se confrontato con quello del Koppenberg o del Grammont. Lungo poco più di un chilometro, l’Eikenberg ha una pendenza media del 5% ed una punta dell’11% nel segmento iniziale.

MOLENBERG – E’ uno dei peggiori pavé del Fiandre. Fortuna che è corto! Meno di mezzo chilometro di salita su strada stretta e insidiosa. Molto secco il primo troncone, con una punta del 17% dopo 100 metri. Dopo metà la pendenza si ammorbidisce. Se in cima l’appetito vi stuzzica, lasciatevi tentare da una fiabesca taverna che propone minestroni fumanti e bistecche da sogno.

LEBERG – Inizia un po’ di tregua. Il Leberg è il primo di un terzetto di muri asfaltati. E non è neanche poi tanto muro. Anche qui la parte difficile è quella iniziale, con un passaggio al 14% dopo 300 metri. Si può recuperare nella seconda porzione.

BERENDRIES – Non c’è pavé nemmeno sul Berendries, interamente asfaltato. Si parte su una strada larga, che poi improvvisamente si restringe proprio quando diventa più dura. Il punto più ripido (14%) poco prima di metà. Suggestivi scorci sulla pianura, punteggiata di mulini a vento.

TENBOSSE – Tranquilli, si continua a pedalare su strade levigate. La fatica può iniziare ad affiorare, ma almeno non c’è il tormento del pavé. E neanche delle pendenze estreme. Lungo 450 metri e con una pendenza media del 6,9% il Tenbosse resta uno dei muri più facili.

MUUR KAPELMUUR – Qui si entra nel mito, nel cuore pulsante della Ronde. Mille metri che hanno deciso tantissime edizioni del «Fiandre». Il pavé peggiore è nel tratto meno duro, ma quando si tocca il 20% son comunque dolori. Ci si inarca sui pedali, le gambe implorano pietà, i polmoni non ce la fanno più. La tenacia e l’orgoglio sono un indispensabile corroborante. Anche perché se qui metti il piede a terra hai voglia a ripartire e ti fai tutto il muro sulle scarpette.

BOSBERG – Si finisce col Bosberg, come sempre. E’ dal 1975 che l’accoppiata Grammont-Bosberg chiude la «Ronde». Non è il più duro, il Bosberg, non è duro, ma diventa duro perché è l’ultimo. Tutto nel bosco, strada larga, lunghi rettilinei e ampie semicurve. Il fondo è pavé, ma si pedala in souplesse per almeno mezzo chilometro, poi la pendenza s’inasprisce, si tocca una punta dell’11% a 150-200 metri dalla cima, ma finalmente le sofferenze hanno termine. Ora non ci sono più asperità altimetriche. Occhio agli schiaffoni del vento, però, che da queste parti non perdona. Sperando, poi, che non piova.